Cronaca

Percezione del rischio: ora spaventa il 'contagio economico': la ricerca della Cattolica

Entrando nella “fase 2” rimane alta l’allerta per il Covid-19, ma gli italiani si sentono più vulnerabili di fronte all’epidemia “economica” rispetto a quella sanitaria. Insomma, nella Fase 2 la paura più grande diventa quella del cosiddetto ‘contagio economico’: questo quanto emerge da una ricerca EngageMind HUB dell’Università Cattolica di Cremona.

“Chiedendo ai cittadini quanto si sentano a rischio di contrarre il Covid-19, circa 1 su 3 riporta di sentirsi “abbastanza o molto a rischio” (dato sostanzialmente stabile rispetto alla fase 1), mentre 2 su 3 ( il 58% degli italiani intervistati) sentono “abbastanza o molto a rischio” la situazione economica della propria famiglia” evidenziano i ricercatori, che hanno lavorato nell’ambito del progetto Craft dell’Università Cattolica, campus di Cremona, realizzato dal team di ricerca dell’EngageMinds HUB dell’Ateneo del Sacro Cuore coordinato dalla professoressa Guendalina Graffigna (Dr Palamenghi, Dr Castellini, Dr. Savarese e Dr. Barello) relativa alle ricadute dell’emergenza sanitaria sulle percezioni e sulle preoccupazioni dei consumatori italiani.

Entrando nel dettaglio, alla domanda “Quanto si direbbe preoccupato per le ricadute economiche dell’emergenza Covid-19?”, in media gli italiani hanno risposto 8.5 su una scala che va da 1 a 10. La preoccupazione è legata alla situazione finanziaria dei cittadini e alle prospettive per il futuro: il 43% degli intervistati riporta che la propria situazione economica è peggiorata nell’ultimo anno (+22% rispetto alla fase 1) e il 37% pensa che le proprie finanze peggioreranno nel corso del prossimo anno (+17%). Il “sentiment” è in trend negativo anche per quanto riguarda la situazione economica nazionale: l’80% ritiene che la situazione economica italiana sia peggiorata nell’ultimo anno (+29%) e il 57% pensa che continuerà a peggiorare nei prossimi 12 mesi (+16%).

Sempre secondo gli esperti, “aul piano psicologico questo può voler dire che la preoccupazione per gli aspetti economici rischia, in futuro, di ridurre l’attenzione personale rispetto al pericolo di contagio dal virus e dunque di far abbassare la guardia sulla prevenzione. Una situazione che – spiegano i ricercatori di EngageMinds HUB – può portare a un senso di sfiducia verso le misure preventive e di insofferenza ad aderirvi. La situazione finanziaria sempre più critica per le famiglie italiane, dunque, presenta un doppio carattere di urgenza: innanzitutto gli italiani chiedono supporti e aiuti per ripartire, e questo è l’elemento oggettivo. Dall’altra parte sul piano psicologico e sanitario, però, la focalizzazione dell’attenzione e della preoccupazione delle famiglie, per l’oggettiva criticità della situazione economica, rischia di far calare l’attenzione dall’adesione alle misure per contrastare l’epidemia”.

A farsi strada, infine, “è la preoccupazione di essere contagiati per via degli alimenti acquistati al supermercato, percepiti come un possibile veicolo di infezione (circa un intervistato su 4 si sente ‘potenzialmente a rischio’ di contrarre il Covid-19 a causa di possibili contaminazioni dei prodotti alimentari consumati)”.

“I dati di una prima ‘onda’ di ricerca sono stati raccolti nel periodo iniziale dell’emergenza sanitaria, tra fine febbraio e inizio marzo 2020” evidenzia la professoressa Guendalina Graffigna. “Questa ulteriore indagine è stata lanciata sullo stesso campione rappresentativo della popolazione italiana nella seconda settimana di maggio, dunque in piena “fase 2”. Non solo: se la prima ricerca è partita cinque giorni dopo il “paziente 1”, la seconda ricerca è partita cinque giorni dopo l’inizio della “fase 2”; una preziosa simmetria che ci permette di fare comparazioni significative e capire le tendenze.

Nelle prossime settimane l’analisi si completerà e il Centro di ricerca dell’Università Cattolica EngageMinds HUB potrà diffondere altri dati e altre interpretazioni. Con esiti non scontati. Perché sul piano degli atteggiamenti delle persone, nella ricerca si nota una crescita della consapevolezza circa il ruolo dei singoli per prevenire il rischio di contagio per sé e per gli altri e una maggiore proattività nella ricerca delle informazioni sulla salute. Dall’altra parte – e non è un buon segnale – diminuisce la fiducia verso la ricerca scientifica e la relazione con il proprio medico curante.

Con questi lavori il nostro fine non si ferma a studiare e capire i fenomeni, ma cerchiamo di generare spunti ed indicazioni per promuovere iniziative di sensibilizzazione e supporto a favore dei cittadini, innanzitutto per favorirne l’engagement, ovvero il loro coinvolgimento attivo nell’affrontare questa emergenza, e di fornire elementi utili alle istituzioni e alle imprese”.

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