Quando alle olimpiadi gareggiava l'arte: Aroldi e Beltrami, l'Argento di Riva
di Marco Bragazzi
Sono l’appuntamento sportivo più importante, più coinvolgente e più completo che si possa ammirare, le Olimpiadi. Si disputano regolarmente ogni quattro anni, fin dalla prima edizione di Atene 1896, si sono fermate soltanto in occasione di conflitti mondiali e, purtroppo, per la prima volta sono state posticipate al 2021 a causa della ben nota pandemia globale. Per gli atleti sono quattro anni di durissimo lavoro accompagnati da uno stile di vita utile e necessario al raggiungimento di uno scopo unico, quello di poter ottenere l’alloro olimpico che, fin dai tempi della antica Grecia, raccontava e raccoglieva le gesta dei più grandi atleti ed artisti del mondo. Avete letto bene, atleti ed artisti, perché le Olimpiadi non sono state solo quelle legate alle discipline sportive, ma anche a quelle artistiche.
Siamo ad Anversa, anno 1920, “il ritorno alla normalità” dopo la devastante guerra di trincea che si era conclusa da 2 anni passa anche dai Giochi Olimpici, Oreste Riva è un compositore cremonese classe 1860 che ha superato con il suo spartito il passaggio della “scrematura” nazionale e che presenta alle Olimpiadi in Belgio un suo pezzo, dal titolo “Epinicion”, una marcia che richiamava le gesta trionfali della antica Grecia. Superate le qualificazioni si presenta alla fase finale, le orchestre suonano gli spartiti scritti ed arrangiati da vari musicisti di tutto il mondo, Epinicion viene apprezzata parecchio dalla giuria ma per lui non arriverà il gradino più alto del podio, ma “solo” la medaglia d’argento, superato solo da un suo collega belga.
Quale è la storia delle Olimpiadi dell’arte che si svolgevano in contemporanea con quelle sportive? Dalla edizione di Stoccolma 1912 fino a quella di Londra 1948 il Comitato Olimpico aveva deciso di “allargare” lo spettro delle attività legate allo sport, ai tempi di Stoccolma ancora di natura quasi esclusivamente “ludica”, per arrivare ad interessare il maggior numero di persone possibili. Per fare questo si era deciso di affiancare alle discipline sportive le varie forme d’arte come musica, letteratura, scultura, pittura e architettura, secondo le precise disposizioni del “padre” dell’idea olimpica, il marchese Pierre de Coubertin.
Queste competizioni seguivano di pari passo la struttura organizzativa e competitiva olimpionica, così come le medaglie entravano a far parte del medagliere ufficiale dei Giochi Olimpici, raccontando una competizione che non si svolgeva in una pista d’atletica ma attraverso musica, parole, colori o forme. Oreste Riva non sarà l’unico artista cremonese a rappresentare i colori azzurri nella massima competizione sportiva della storia, due pittori casalaschi, Mario Beltrami classe 1902 e Aldo Mario Aroldi classe 1899, riusciranno a superare le fasi nazionali e a portare le loro opere davanti alla giuria olimpica.
Mario Beltrami si presenterà ai Giochi di Los Angeles nel 1932 con due lavori, “Marciatori” e “Football”, mentre Aldo Mario Aroldi con una xilografia dal titolo “La parata”. Per i due, a differenza di Oreste Riva, le qualificazioni rappresenteranno l’ostacolo che li bloccherà verso la volata finale. La storia dei Giochi Olimpici ha segnato e attraversato quella di tutto il mondo fin dal XIX secolo, accompagnata non solo dallo sport ma anche dall’arte, forma di espressione da sempre vista come linguaggio internazionale.