Rsa, Casalbuttano non ci sta: 'Lasciati soli, abbiamo agito per tutelare ospiti e dipendenti'
Il presidente Mattarozzi: 'Abbiamo provveduto autonomamente a reperire i Dpi e, in contrasto con direttive Ats, chiuso la struttura. Non abbiamo accettato pazienti Covid, ma la Delibera regionale è un cerino in un pagliaio'

Sono stati 74 i decessi che hanno colpito la ‘Fondazione Ospedale della Carità’, la Rsa di Casalbuttano, dal 20 febbraio al 2 aprile. A dirlo è il presidente Orfeo Mattarozzi in una nota diffusa dalla stessa Fondazione in cui spiega: “La mortalità è stata del 24%, rispetto al 5% nello stesso periodo del 2019. Questi dati vanno letti nel contesto del territorio in cui viviamo. La provincia di Cremona ha avuto la più alta percentuale di contagiati in tutta la Lombardia: 15 per 1.000. Per confronto Bergamo 9,5 per 1.000 e Brescia 9,2. Per quante precauzioni si possano prendere, la RSA non è certamente protetta all’interno di una sfera di cristallo”.
Il presidente spiega i motivi della sua uscita pubblica: “La strada fino ad oggi percorsa dall’Amministrazione della nostra Casa di Riposo è stata quella del silenzio. Un silenzio laborioso, volto più al fare ed all’agire che al lamento e alla polemica. Pur avendo validi motivi per lamentare carenze ed isolamento”. “Gli evidenti tentativi – aggiunge – di fare delle Rsa il capro espiatorio della tragedia che ha colpito il nostro Paese con il virus Covid 19, necessitano di una risposta alta, chiara e forte. Una risposta alta, perché non è nostra intenzione alimentare polemiche. Le abbiamo sempre ritenute inutili, prive di effetti realmente positivi e non abbiamo cambiato idea sul punto. Una risposta chiara, perché non abbiamo nulla da nascondere”.
Mattarozzi quindi sottolinea che la Fondazione “ha sempre agito nel rispetto delle regole, dei protocolli sanitari e delle procedure indicate dalle autorità competenti” e che “tutti i dipendenti della struttura hanno risposto con coraggio e professionalità alla sfida dell’emergenza”. Non solo: l’Ospedale della Carità “pur in contrasto con le indicazioni Regionali e di ATS ha deciso, in coordinamento con il Sindaco di Casalbuttano, di limitare al massimo le occasioni di contatto con l’esterno per cercare di contenere il contagio, chiudendo il Centro Diurno ed impedendo l’accesso alla struttura dei familiari e dei volontari”. Una scelta non facile che “ha creato per gli ospiti e per le loro famiglie una situazione di grave carenza di relazioni e di affetto, che le attenzioni del personale e lo sforzo per favorire le videochiamate o le telefonate ha cercato in parte di alleviare”.
Il presidente spiega quindi come a Casalbuttano si è gestita l’emergenza: “L’azione prioritaria sin dall’inizio è stata di garantire la protezione dei nostri operatori sanitari attraverso la frenetica ricerca da parte dell’Ufficio Tecnico e dell’Ufficio Coordinamento dell’approvvigionamento di un numero sufficiente di DPI: mascherine, guanti, camici monouso, protezioni oculari, disinfettanti e soluzione idroalcolica. Uno sforzo che la Rsa si è trovata a produrre in totale solitudine, senza ricevere dall’esterno DPI, aiuti e supporti, cercando nel contempo di interpretare ed applicare al meglio le indicazioni non chiarissime dell’ISS, dei vari DPCM, delibere Regionali ed indicazioni ATS spesso in contraddizione tra loro”. La struttura di Casalbuttano “ha comunque sempre garantito la disponibilità dei dispositivi di protezione individuale necessari ed adeguati, pur incontrando spesso notevoli e frustranti difficoltà di reperimento”.
Mattarozzi infine non lesina critiche alla gestione regionale: “La delibera dell’8 marzo della Regione Lombardia che prevede che le Rsa possano farsi carico di pazienti Covid ‘lievi’ per alleggerire gli ospedali sotto pressione. Su questa assurda vicenda si è già detto e scritto molto e l’immagine che ritengo più appropriata per descrivere la bizzarria di questa idea è quella del cerino acceso gettato in un pagliaio”. “La nostra Rsa – conclude – non ha dato disponibilità di posti letto, non per sottrarsi alle proprie responsabilità di fronte alle emergenze del Paese, ma piuttosto per l’impossibilità di garantire la sicurezza dei propri Ospiti a fronte di pazienti che le autorità sanitarie stesse non avrebbero comunque certificato come negativizzati al coronavirus. Abbiamo sempre privilegiato la tutela degli Ospiti e dei Dipendenti anche quando la Regione, il 30 marzo scorso, ha messo sul piatto un riconoscimento economico di 150 euro giornalieri per ogni paziente accettato in Rsa”.