Cronaca

Virus, Cuzzoli: 'Dimezzati gli accessi al Pronto Soccorso I pazienti Covid sono il 60%'

Dai 150 accessi al giorno di due settimane fa, quasi tutti malati covid, gli ingressi al pronto soccorso di Cremona da domenica sono circa dimezzati: sono tra i 70 e gli 80 al giorno, di cui il 60% con patologie correlate al coronavirus. A dirlo è il direttore del Pronto Soccorso di Cremona, Antonio Cuzzoli, che conferma la tendenza già annunciata dai vertici regionali: “La situazione è migliorata da domenica, che è stato il giorno in cui abbiamo iniziato ad avere una diminuzione degli accessi costante, sebbene non in percentuale elevata” spiega.

Insomma, l’ospedale che era stato dedicato esclusivamente al Covid, inizia a tornare a dare risposte anche ad altri tipi di emergenze?
“Si, anche se è un percorso graduale. Abbiamo comunque ormai fisso il pre-triage con la separazione dei percorsi: i pazienti covid meno gravi vengono indirizzati all’area Covid allestita nell’ex poliambulatorio, mentre quelli con sintomatologia più seria accedono al pronto soccorso. Anche qui vi sono però due percorsi separati con due ingressi diversi: uno per chi ha sintomatologie sospette e uno per tutti gli altri pazienti. Intanto anche l’ospedale si sta adeguando, grazie all’importante lavoro della direzione medica e sanitaria, e apre un po’ alla volta anche ad altre situazioni, sebbene l’ospedale di Cremona continui a essere uno degli ospedali covid di riferimento della Lombardia”.

E le diagnosi?
“A questo proposito abbiamo adottato il sistema del tampone rapido, con una procedura condivisa con altri ospedali lombardi ( il Giovanni XXIII di Bergamo, il Niguarda, Il Sette Laghi di Varese e il Policlinico Milano) sotto la supervisione del San Matteo di Pavia, con il lavoro del laboratorio analisi diretto dalla dottoressa Testa. Con questo percorso, decisamente più veloce, mon si aspettano più le troppe ore dei primissimi giorni: si ha il risultato in meno di 3 ore”.

Secondo lei quanto ci vorrà ancora prima che la situazione si normalizzi?
“Se continua il trend in discesa di questi giorni, e che speriamo evolva ancora in ribasso, potremmo pensare di iniziare a riaprire qualcosa nella prima quindicina di maggio. Ma attenzione: è vero che si inizia a intravedere qualche spiraglio, ma è assolutamente presto per tirare un sospiro di sollievo ed è indispensabile anche restare in casa. Del resto è tutto molto nebuloso ancora, in quanto non sappiamo quanto il virus potrà reggere con il caldo, che finalmente è in arrivo. Sappiamo che è un virus con elevatissima contagiosità e virulenza, con indici di mortalità andati ben oltre quando ci avevano descritto. Anche se credo siano necessari degli approfondimenti ulteriori”.

In che senso?
“Bisognerebbe conoscere il numero di quanti effettivamente si sono ammalati, cosa che non si è mai verificata, perché i tamponi sono stati fatti solo a chi veniva in ospedale. Ora ci vorrebbe un filtro territoriale che consenta di aver dati più precisi. Ma sarà fondamentale anche la sierologia, che ci darebbe la misura di come una persona sia stata o meno infettata e se in base agli anticorpi presenti, abbia sviluppato o meno una immunità”.

E la cura?
“La cosa fondamentale per vincere questa guerra sarà trovare un vaccino. Ma è importante anche lavorare alle classi di cura, utilizzando i farmaci che hanno iniziato a dare risultati importanti sia sulla cura della malattia, sia nel debellare il virus. Ma ricordiamo che questa guerra porterà un’ondata di conseguenze economiche e sociali terribili. Speriamo che lo Stato riesca a essere a fianco delle classi sociali più deboli che hanno urgente bisogno di sostegno”.

Cosa le è rimasto impresso di questo mese e mezzo di emergenza Covid?
“Senza dubbio il grande lavoro fatto da tutti. E a questo proposito voglio ringraziare tutti pubblicamente. A partire dai cittadini di Cremona, a tutti gli operatori sanitari e in modo particolare alle signore e agli operatori che hanno tenuto pulito l’ospedale, ai quali va un mio caloroso abbraccio. Perché questa guerra l’abbiamo combattuta tutti insieme, unendoci uno con l’altro.
Ma la cosa che più mi è rimasta nel cuore è stato quando, ai primissimi giorni di marzo, una signora era arrivata qui in pronto soccorso, dove aveva stazionato ore in attesa del risultato del tampone, che non arrivava mai. Vedendo che stava peggiorando ho forzato la cosa e l’ho fatta ricoverare, accompagnandola personalmente. Dopo 9 giorni mi è arrivata una sua mail, perché era migliorata e la stavano dimettendo, in cui mi diceva che il mio sguardo è stato per lei come un abbraccio calorosissimo. Questo mi fa pensare che nella situazione in cui ci troviamo, sempre con le mascherine in faccia, siamo tornati a guardare le persone negli occhi”.

LaBos

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