Lettere

Dagli anelli della catena
ai fili della corda: il 'contagio
positivo' delle relazioni umane

da Giuseppina Rosato, docente di Lettere del Liceo “Daniele Manin”

Giovanni Boccaccio, nell’Introduzione alla prima giornata del Decameron descrive l’epidemia di peste che imperversò a Firenze nel 1348, la peste nera: un “orrido cominciamento” che spiega il motivo per cui l’onesta brigata dei dieci novellatori si incontra nella chiesa di S. Maria Novella e decide di lasciare la città, giustificando la ragion d’essere delle novelle. L’ouverture dell’opera è un drammatico scenario della terribile pestilenza: i sintomi e il decorso della malattia, la facilità del contagio, i comportamenti irrazionali dei sopravvissuti e, soprattutto, lo stravolgimento dei legami familiari e dei rapporti interpersonali.
“E lasciamo stare che l’uno cittadino l’altro schifasse e quasi niuno vicino avesse dell’altro cura e i parenti insieme rade volte o non mai si visitassero e di lontano: era con sì fatto spavento questa tribulazione entrata ne’ petti degli uomini e delle donne, che l’un fratello l’altro abbandonava e il zio il nipote e la sorella il fratello e spesse volte la donna il suo marito; e (che maggior cosa è e quasi non credibile), li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano”.
Se la rilettura di questa celebre pagina della nostra Letteratura in alcuni passaggi può riecheggiare le paure che anche noi oggi stiamo provando, l’angoscia che in certi momenti ci attanaglia tra perimetri ben delimitati da rispettare e confini da non travalicare, lo stesso non può dirsi per il sovvertimento delle relazioni umane. Anzi, in maniera antifrastica rispetto alla descrizione boccacciana, stiamo sperimentando la ricchezza e la profondità dei nostri legami, in famiglia come nel mondo del lavoro.
A dispetto dell’“amore liquido” e della fragilità dei legami affettivi cui esso allude, peculiari della nostra società post-moderna, in queste settimane di “isolamento” dall’esterno, con le porte chiuse delle scuole, stiamo riscoprendo lo splendore dell’interno. Quell’interno costituito dalle persone, quell’interno che è il cuore pulsante della comunità scolastica: la dirigenza, i colleghi, gli alunni, le loro famiglie. Tutti, con spirito di abnegazione e dedizione, ciascuno per il ruolo che ricopre e le funzioni che assolve, si stanno adoperando per garantire il regolare procedere delle attività scolastiche: didattiche, amministrative, organizzative. Tutti stanno apportando il proprio prezioso contributo per il funzionamento della struttura nella sua globalità e complessità.
L’un fratello l’altro non sta abbandonando. Tutt’altro. Lo scambio, il confronto, la condivisione sono il Leitmotiv delle nostre conversazioni quotidiane, tra docenti e discenti, tra colleghi, tra docenti e Dirigente. Ci si mette reciprocamente a disposizione per eventuali supporti logistici, tecnici, per consigli, ragguagli, raffronti di vedute.
Quanta bellezza può nascere dalle ceneri! La battuta del signor Méndez in The Butterfly Circus è particolarmente eloquente per noi in un momento di così grandi incertezze e instabilità.
Parimenti le metafore della catena e della corda possono aiutarci a riflettere e a far tesoro del testamento spirituale che Leopardi ci ha lasciato con la Ginestra: il valore inestimabile della social catena.
La rete di legami di tipo associativo che abbiamo – pensiamo appunto alla Scuola come comunità –, e che in situazioni di emergenza come questa si stanno intensificando, crea il senso di responsabilità reciproca e consente di guardare con ottimismo al risolversi della situazione.
Ma, qual è la differenza tra la catena e la corda?
La catena è formata da tanti anelli, ognuno dei quali rappresenta un indicatore di benessere. La tendenza è di aggiungere anelli ad anelli, cioè di accumulare sempre più beni materiali. Tuttavia, se per una ragione qualsiasi un anello si rompe, tutta la catena crolla. La corda, invece, è formata da tanti fili intrecciati che rappresentano le nostre relazioni. Se anche qualche filo cede – per una contingenza del momento – mi reggeranno le altre relazioni. È molto più facile riannodare i fili della corda che non gli anelli della catena. In queste settimane ci stanno aiutando i rapporti interpersonali, sempre più stretti, e non i beni materiali. Cambiare la mentalità e passare dalla cultura della catena alla cultura della corda ci fa allora assaporare sempre di più la bellezza dei tanti Io, che acquisiscono senso e significato solo in rapporto ad un Tu, diversificato, che si traduce infine nella ricchezza del NOI: noi-Famiglia, noi-Scuola, noi-Società.

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