Cinque anni di dispetti dal vicino di casa: è stalking. 2 anni e 3 mesi al molestatore
Il pm aveva chiesto la condanna ad un anno di reclusione, ma il giudice, che ha racchiuso le accuse di molestie e getto pericoloso di cose nel reato più grave di stalking, ha condannato l’imputato ad una pena superiore: due anni e tre mesi di reclusione, fissando, per il risarcimento dei danni, una provvisionale immediatamente esecutiva di complessivi 8.000 euro per la parte civile, più 3.500 euro di spese legali. In aula, Marco Pedroni, l’imputato, era difeso dagli avvocati Simona Bozuffi e Paolo Mirri, mentre Giuseppe e Claudia, due coniugi cremonesi, erano parte civile attraverso l’avvocato Gianpietro Brozzoni che aveva chiesto un risarcimento danni di 15.000 euro per ciascuno dei suoi clienti. La motivazione sarà depositata entro 30 giorni.
Per cinque anni, Giuseppe e Claudia hanno sopportato rumori molesti, minacce di morte, insulti, offese, sputi, lancio di oggetti, danneggiamenti, un’aggressione e il cane avvelenato. Una vicenda iniziata nel 2014 e andata avanti fino all’ottobre del 2019 e che ha costretto marito e moglie a trasferirsi a casa della figlia e a mettere in vendita la propria abitazione.
Il buon rapporto che si era instaurato all’inizio tra i vicini si era spaccato nel momento in cui l’imputato aveva gettato nel giardino della coppia, rifiuti e tappi di bottiglia. “Mio marito gli aveva chiesto di smetterla, perchè quei tappi si incastravano nel tosaerba”, aveva spiegato Claudia. “Da quel momento ha iniziato a non salutarci più e a farci continui dispetti”.
“Prima del 2014 i rapporti tra di noi andavano benissimo”, ha detto venerdì Marco, appassionato di lavori in casa e di giardinaggio. “Era un bell’ambiente e ci si trovava spesso a bere l’aperitivo. Si stappava il prosecco e volavano i tappi che poi si raccoglievano dopo che ci avevano giocato i bambini in giardino. Un giorno Giuseppe ne aveva trovato uno nel suo tosaerba e, seccato, mi aveva detto di smetterla di lanciare i tappi. Io ero rimasto sbalordito e da lì abbiamo chiuso i rapporti, togliendoci il saluto”.
Da quel momento in avanti, secondo i due coniugi, si erano verificati numerosi episodi nell’arco degli anni: sputi a lei e al marito, pesanti insulti ad entrambi, minacce di morte e tutta una serie di comportamenti molesti: “Alle 4 di notte picchiava i pugni contro il muro del bagno”, aveva spiegato Claudia, “in garage faceva rumore con un coperchio di ferro, sempre di notte alzava la tavoletta del bagno per poi abbassarla con forza, sbatteva il cancello di casa, suonava il clacson della macchina, metteva la musica ad alto volume, faceva suonare la campana che aveva fuori con i rintocchi da morto, mi diceva ‘Brutta nutria di m…, befana, vi voglio vedere al cimitero’, a mio marito aveva dato addirittura del pedofilo. Diceva cose terribili con troppa cattiveria, e tutto questo anche davanti alle sue due bambine”. “Io ho paura”, aveva detto Claudia al giudice, “sono disperata, ho perso ogni voglia”.
Venerdì l’imputato ha replicato alle accuse: “sì, è vero, avevo un bidone di metallo, ma erano rumori dovuti a lavori che facevo in casa ad orari normalissimi. Non ho mai sbattuto nulla. La musica alta? Ho un impianto radio normalissimo, nessuno mi ha mai fatto notare qualcosa, sono in ottimi rapporti con gli altri vicini, tutti mi vogliono bene. E’ chiaro, quando si hanno bambini piccoli un pò di caos c’è, ma è normale. La campanella? E’ in ferro battuto, a volte ci chiamavo i bambini per dire che era pronto il pranzo, ma l’avrò usata 30 volte in 10 anni, è più un oggetto di bellezza. E per quanto riguarda gli altri rumori, nulla è stato fatto apposta”. Nessun insulto, secondo Marco, che ha negato di essersi rivolto alla sua vicina chiamandola nutria. “Canticchio in casa tra me e me”, ha detto, “era riferito alle nutrie che stanno in fondo alla strada, non mi rivolgevo a nessuno, ero in casa mia”. Marito e moglie avevano attribuito al vicino di casa anche l’avvelenamento del loro cane. “L’ha avvelenato con del lumachicida”, aveva detto Claudia in aula. “Il nostro vicino ne era in possesso e l’aveva buttato nel nostro giardino”. “Non uso lumachicida”, ha replicato Marco, “ma solo esche per le formiche, che comunque ho sempre usato nella mia proprietà”.
A Marco, Claudia aveva fatto delle riprese e delle registrazioni. “Lo abbiamo ripreso mentre ci sfregiava la macchina”, aveva raccontato la donna: “tornava con la bici della sua bambina e con il manubrio ci ha sfregiato l’auto”. “Tutto falso”, secondo l’imputato.
E poi l’episodio dell’agosto del 2015, quando Giuseppe e Marco erano venuti alle mani. Per questo ultimo fatto Marco è stato condannato davanti al giudice di pace ad una multa di 400 euro e ad un risarcimento di altri 400 euro. “Ero arrivato a casa con il tagliaerba appena riparato”, ha ricordato l’imputato, “quando era uscito del fumo. Giuseppe mi aveva apostrofato chiamandomi bastardo e figlio di…. Per questo episodio ho sbagliato e ho chiesto scusa”. Il secondo risale invece al dicembre del 2014. “Loro erano passati davanti a casa”, ha spiegato Marco, “e avevo sentito Claudia dare delle cretine alle mie figlie. Lì c’è stato un battibecco”.
Da due anni la coppia vive stabilmente in Liguria dalla figlia. La casa è stata messa in vendita.
Sara Pizzorni