Cronaca

Caso 'Vero', l'ex dg Mariani si difende dalla corruzione: 'Non ho preso quei regali'

Foto Sessa

“Non ho mai ricevuto quei regali. Guarischi lo vedevo, se mi avesse voluto fare dei regali perchè avrebbe dovuto far fare da fattorino a Lo Presti?”. E’ quanto ha sostenuto in aula durante il suo esame l’ex direttore generale dell’ospedale di Cremona Simona Mariani, imputata nello stesso procedimento penale che vede accusati anche l’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni e l’ex direttore generale dell’assessorato alla sanità Carlo Lucchina. Per l’accusa, la Mariani avrebbe ricevuto dall’imprenditore Giuseppe Lo Presti per conto dell’ex consigliere Massimo Guarischi un orologio Bulgari da 1.770 euro nel dicembre 2011 e un braccialetto di diamanti da 2.700 euro nel dicembre 2012 in cambio di un trattamento preferenziale nei confronti della sua azienda.

Dell’apparecchiatura oncologica ‘Vero’, la Mariani ha detto di esserne venuta a conoscenza durante un incontro organizzato presso lo studio di Guarischi, conosciuto dal 1995. “Era consigliere regionale, si occupava di materia sanitaria e organizzava incontri con le persone che erano interessate al tema sanità. In uno di questi incontri ho conosciuto Lo Presti che mi ha illustrato le caratteristiche di questa macchina, all’avanguardia ed unica e infungibile. Da un’indagine che aveva fatto sull’incidenza dei tumori in territorio lombardo era emersa un’incidenza elevata nel sud della Lombardia, soprattutto di tumori polmonari, dell’area epatica e neurologica”. La Mariani ha detto di essere apparsa molto interessata e di aver approfondito la cosa con il suo staff e con il direttore dell’Asl, che le aveva confermato i dati sull’incidenza dei tumori. L’ex direttore generale aveva parlato di ‘Vero’ anche con il primario di Radioterapia Ines Cafaro che già conosceva il macchinario. Sapeva, infatti, che era stato installato all’ospedale Sant’Anna di Como. Dopo aver visto l’apparecchiatura a Como, la Mariani aveva parlato con il direttore amministrativo Ida Beretta di costi e oneri e con il direttore dell’ufficio tecnico aziendale per lo studio di fattibilità.

“In quel periodo”, ha spiegato la Mariani, “la Regione metteva a disposizione un fondo di rotazione destinato alle nuove tecnologie e abbiamo chiesto un finanziamento per l’acquisto. Sentiti tutti i pareri, nel giugno del 2011 ho inviato una richiesta al direttore generale dell’assessorato alla sanità Lucchina per l’inserimento di ‘Vero’ a Cremona. Una seconda l’ho inviata nel luglio successivo con allegata la nota sulle relazioni riguardanti l’incidenza tumorale a Cremona. A novembre ho ricevuto richiesta di esplicitare tutti i costi previsti per ottenere l’acquisto e nel dicembre del 2011 è uscita la delibera regionale e la nostra richiesta è stata accettata in una seduta di giunta”. La Mariani ha poi detto di essersi informata presso l’ospedale di Como su che tipo di procedura d’acquisto era stata utilizzata, e Como aveva inviato a Cremona la propria delibera. “Abbiamo quindi optato”, ha spiegato l’ex dg, “per una procedura senza la pubblicazione del bando di gara perchè il venditore era unico”. Lo Presti aveva venduto ‘Vero’  all’ospedale Sant’Anna per 6 milioni di euro: “A Como”, aveva spiegato lo stesso imprenditore ai giudici, “il  macchinario era stato installato tra il 2009 e il 2010 e faceva da apripista a chi ne fosse stato interessato. Proprio per questo accordo di promozione, Como, a differenza di Cremona, aveva ottenuto un prezzo inferiore”.

L’esame dell’ex direttore generale dell’assessorato alla sanità Lucchina

Di procedura trasparente per l’acquisto di ‘Vero’ all’ospedale di Cremona ha parlato Carlo Lucchina, per 10 anni direttore generale dell’assessorato alla sanità, lui accusato di abuso d’ufficio per aver esercitato pressioni su Gerolamo Corno, ex direttore generale dell’Istituto dei Tumori di Milano, per l’acquisto di ‘Vero’, poi non andato in porto. Nel gennaio del 2012 l’Istituto dei Tumori aveva fatto un’istanza di 24 milioni, tra interventi strutturali e tecnologici, tra cui ‘Vero’. La delibera di finanziamento era arrivata nel maggio successivo con un importo ridotto di tre milioni, ragion per cui si era deciso di acquistare un’altra apparecchiatura. Tre milioni in più, invece, se li era aggiudicati il Besta di Milano, “perché”, ha riferito Lucchina, “era in condizioni molto più critiche”. Il 25 giugno scorso, durante la sua testimonianza, Gerolamo Corno aveva riferito di un suo incontro da solo con Lucchina e con Paolo Alli, ex sottosegretario alla presidenza della Regione, la cui posizione processuale si è già conclusa con un’assoluzione. “In quell’occasione”, aveva ricordato Corno, “Lucchina mi aveva chiesto cosa aspettassi a comprare Vero”. “Una situazione percepita da Corno come se fosse una lavata di capo, come un richiamo”, ha osservato il pm Francesco Messina. “Macchè richiamo”, ha rilanciato Lucchina, “non ho mai dato lavate di capo a nessuno”. E perchè Corno, in pieno mandato, era stato trasferito “a sorpresa” al Niguarda di Milano? Per Lucchina, il trasferimento, poi non avvenuto, dell’ex direttore generale dell’Istituto dei Tumori di Milano, nulla ha a che vedere con il mancato acquisto di ‘Vero’.

Le conclusioni del processo sono state fissate al prossimo 31 marzo.

Sara Pizzorni

Fotografie di Francesco Sessa

L’ex dg Mariani e i suoi legali

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