Violenza in centro, tunisino condannato a 8 mesi. La vittima: 'Picchiato perchè gay'
E’ stato condannato ad otto mesi per lesioni, Adnen Hamraoui, 35enne tunisino, colpevole di aver aggredito Domenico Centanni, 37enne istruttore di fitness, palermitano d’origine e omosessuale dichiarato. Il giudice ha tolto la recidiva ed ha riconosciuto le attenuanti generiche. L’imputato, difeso dall’avvocato Luca Curatti, è stato anche condannato a versare 2.695 euro di risarcimento danni. Il pm aveva chiesto una pena di 10 mesi, mentre la parte civile un risarcimento di 7.500 euro.
Nel processo l’aggravante dell’aggressione omofoba non era contestata: l’ordinamento non lo consente. Eppure, per la vittima, la convinzione di essere stato aggredito perchè gay, rimane. “Sono contento perchè si è chiusa una pagina”, ha detto Domenico al termine dell’udienza, “ma per me non è stato facile. La mia omosessualità è la chiave di quanto accaduto. Il motivo che l’ha portato a picchiarmi è perchè sono gay. Ricordo che continuava a dirmi ‘Brutto finocchio di m…, adesso ti faccio vedere cosa fanno quelli del mio paese a quelli come te'”. Quando ha sentito pronunciare la sentenza, Domenico ha pianto. “Mi sono rivolto anche a Marco Cappato (attivista italiano, esponente dei Radicali e dell’Associazione Luca Coscioni, n.d.r.), che mi è stato vicino, e anche all’Arcigay”. Domenico sa che la legge non consente l’aggravante dell’omofobia. “Invece dovrebbe esserci, così come è stato per le donne. Fino a quando di mezzo non ci sarà il morto non si capirà”. “E’ stata dura”, ha detto ancora la vittima, che per colpa di questo episodio non vive più a Cremona. Prima lavorava in un supermercato cittadino, ma poi aveva chiesto il trasferimento a Verbania. “Mi è costato, dopo undici anni vissuti a Cremona, ma è stato per salvaguardare la mia salute”.
“Non abbiamo mai fatto leva sul tema omosessualità”, ha puntualizzato l’avvocato di parte civile Giovanni Morgese, “perchè l’ordinamento non lo consente. Avrebbe potuto essere un’iniziativa della procura, ma non è stato così. Ci sono state comunque sentenze molto coraggiose che hanno contestato l’aggravante dei motivi abbietti e futili, dove avrebbe potuto rientrare anche il caso in questione, come è stato ampiamente dimostrato durante l’istruttoria”.
L’episodio era accaduto la sera del primo marzo 2016 all’inizio di corso Mazzini. Centanni era stato preso a calci e pugni dall’imputato ed era finito in ospedale con naso e mascella fratturati e contusioni alla testa e al torace. Prognosi di 25 giorni. Domenico e Adnen si conoscevano di vista. Frequentavano la stessa palestra di vicolo Stella. Ed è proprio all’interno della palestra che i due avrebbero cominciato a discutere. “Mentre stavo facendo lezione a un gruppo di donne”, aveva raccontato l’istruttore di fitness, avevo notato sulla porta un individuo che le guardava. Gli avevo chiesto di allontanarsi e di chiudere la porta e lui, prima di lasciare la sala, mi aveva detto in tono minaccioso che me l’avrebbe fatta pagare”. Secondo Domenico quella sarebbe stata la provocazione da cui poi era scaturito il pestaggio.
Tutt’altra versione quella fornita dall’imputato. “Mi ha aggredito lui”, si era difeso. “Io non ho pronunciato insulti omofobi. Non ho mai avuto problemi con i gay e ho tanti amici omosessuali”. “A nessuno è mai interessato l’orientamento sessuale di Centanni”, ha detto l’avvocato difensore Luca Curatti. “Il mio cliente ha il brutto vizio di ragionare spesso velocemente e arrivare alle mani e cogliere atteggiamenti di sfida da parte degli altri”. Secondo la difesa, quella scoppiata in corso Mazzini non è stata però “un’aggressione unilaterale”. “Anche il mio cliente ha dovuto andare in ospedale”, ha ricordato l’avvocato Curatti, che ha parlato di “provocazione” da parte del Centanni. “Questo processo”, ha sottolineato il legale, “non è un processo dove si doveva discutere in tema di omofobia. Si doveva discutere di un episodio reciproco di offese motivato da temi diversi. Nessuno ha costretto nessuno a cambiare città per motivi senza prove a sostegno. Si è trattato di un banale e uno dei tanti processi per lesioni”.
Sara Pizzorni