Cronaca

Introduzione illegale nei codici di 650 siti. Cremonese in aula: 'Non sono un hacker'

L’avvocato Carminati

In aula ha definito il suo livello di conoscenze informatiche “nella media”. Non è iscritto a facebook nè a instagram, e ha un solo computer, che non ha più visto dal 25 giugno del 2013, da quando gli è stato sequestrato dalla polizia postale. Oggi è in carcere per un cumulo pene, Stefano Barca, 34 anni, cremonese, accusato di introduzione abusiva nei siti e danneggiamento a sistemi informatici, reati per i quali rischia fino a otto anni di reclusione. Secondo la procura, Barca, difeso dall’avvocato Ugo Carminati, si sarebbe introdotto illegalmente nei codici di 650 siti, tra cui anche quello del tribunale di Milano. In aula, l’imputato ha negato di essere un hacker, che lui stesso ha definito “un abile programmatore che non per forza fa del male”, ed ha respinto le accuse, spiegando di essere entrato in una chat mondiale di informatica e di hackeraggio solo perchè interessato all’argomento. “Ero solo curioso”, ha detto. “Si tratta”, ha spiegato Barca, “di una chat nella quale tutti possono entrare da qualsiasi computer, collegarsi gratuitamente e parlare con chiunque. Ovviamente non si può risalire nè al luogo nè alla zona dell’utente”. Il cremonese usava vari nickname, tra cui  ‘seph’. “Tra l’altro”, ha spiegato, “lo stesso nickname può essere scelto da più persone”. Dell’introduzione abusiva al sito del tribunale di Milano, la cui home page era stata sostituita con la foto di Anonymous, l’imputato ha detto di averne parlato con un altro utente chiamato ‘Deadman’ (uomo morto). “Mi ricordo dell’argomento”, ha raccontato. “Lui si vantava all’interno della chat e ha pubblicato il link della violazione del sito del tribunale. Ognuno, in queste chat, vuole dimostrare chi è il migliore: qualcuno ha anche violato il sito della Nasa e qualcun altro quello del governo turco. Io non ho fatto nulla. Purtroppo non ho cancellato le chat, ma ho salvato questi link per poter riuscire a vederli tutti. E’ come se un appassionato di falegnameria avesse salvato articoli sul tema. A me semplicemente piaceva vedere cosa veniva pubblicato sulle home page violate”. Di link salvati sul suo computer, che Barca usava “con frequenza giornaliera per pochi minuti”, ne sono stati trovati 700. Sul pc c’erano anche elenchi di titolari di carte di credito, codici di carte di credito, password. Tra le accuse contestate all’imputato c’è anche quella di phishing, tecnica che mira a carpire informazioni personali e sensibili come dati anagrafici, password per i conti correnti online e codici di carte di credito, al fine di consumare illeciti bancari attraverso la rete, accedendo ai sistemi di home banking, ovvero a conti correnti e servizi online per disporre dei depositi attraverso operazioni e bonifici attuati in frode ai titolari. “Quegli elenchi”, secondo Barca, “sono reperibili con niente, scaricati da software ad accesso libero”. Si torna in aula il prossimo 30 marzo.

Sara Pizzorni

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