Lgh: 'Smaltire i fanghi a San Rocco sarà un beneficio. Anche ambientale'
“Sul termovalorizzatore di Cremona e sui fanghi da depurazione, sono state scritte molte cose inesatte, riportando opinioni di persone che hanno poca competenza in materia e senza aver valutato l’impatto ambientale complessivo delle attuali forme di smaltimento”. Per la prima volta è Claudio Sanna, amministratore delegato di Lgh, a illustrare il progetto industriale che interessa l’impianto di San Rocco, su cui si è levata la preoccupazione degli ambientalisti e che ha scosso la giunta comunale, informata preventivamente del progetto e verrà coinvolta nella fase decisionale nella conferenza di servizi.
“Attualmente – precisa Sanna – c’è una quota di fanghi da depurazione (parliamo di quelli civili, non industriali) che non può essere smaltita in agricoltura e già ora i gestori delle reti idriche hanno il problema di dove collocarli. Le alternative all’incenerimento ci sono, certo, ma siamo sicuri che siano migliori? In discarica? Lo escluderei”. Attualmente quindi i fanghi di Padania Acque non smaltibili in agricoltura come ammendanti prendono la via di altri impianti: 15mila tonnellate all’anno, che per essere trasportate necessitano di qualcosa come 800 camion che transitano sulle strade provinciali con conseguenti scarichi di Co2. Il conferimento a San Rocco porterà una riduzione dell’impatto ambientale ed anche ad una diminuzione dei costi nella bolletta dell’acqua, alla voce smaltimento dei residui da depurazione.
Le preoccupazioni sul possibile aumento delle emissioni dai camini per Lgh sono del tutto infondate: “L’apporto dei fanghi, che arrivano all’impianto sotto forma liquida, ‘melmosa’ non andrà a pesare sulle emissioni, anzi migliorerà l’efficienza dell’impianto, proprio per via del maggiore apporto d’acqua. Ricordiamo poi che la linea fumi è stata rifatta nel 2011 e 2015 e adeguata alle Bat (le migliore tecnologie disponibili al momento, ndr)” spiega Sanna, “e basta guardare i valori che pubblichiamo sul sito per constatare che per tutti i parametri, i valori sono inferiori di 10 volte ai limiti di legge”.
Il termocombustore di san Rocco è già autorizzato a trattare questo tipo di fanghi. Il progetto prevede un massimo di 8000 tonnellate di materiale da apportare, oltre questo quantitativo l’impianto non è adeguato. Eppure quello cremonese smaltisce ‘solo’ 70mila tonnellate di rifiuti l’anno, a fronte di un’autorizzazione regionale che arriva a 140mila. Una quota difficilmente raggiungibile allo stato attuale, a meno di un revamping completo dell’impianto. Nel commentare il progetto, il sindaco Galimberti ha voluto ribadire che “questa proposta non deve in nessun caso preludere ad alcun revamping dell’inceneritore che va verso la dismissione nei prossimi anni”.
Attualmente la deadline è il 2024 – 2029 ma è Lgh, al cui interno Cremona rappresenta il 15%, a tenere il pallino del futuro dell’impianto. “Ritengo il termocombustore un asset, non un problema”, afferma Sanna, indicato un anno fa da A2A per il ruolo di amministratore delegato, ma cremonese e residente in città. “Siamo sempre disponibili a sviluppare soluzioni alternative, ma faccio notare che l’Italia è l’unico Paese in Europa ad avere diminuito il numero complessivo di termovalorizzatori tra 2010 e 2017 a fronte di un andamento completamente opposto nei Paesi più avanzati: in Gran Bretagna ad esempio gli impianti sono saliti da 26 a 40, in Francia da 129 a 136, in Germania da 72 a 96, un motivo ci sarà”. D’altra parte, seppure la quota di differenziata a Cremona sia quasi all’80%, la produzione di rifiuti continua a crescere: colpa degli stili di vita, delle abitudini di consumo, ma anche di una quota di materiale riciclato una prima volta che poi non può essere riciclato all’infinito: in tutta la provincia produciamo 170mila tonnellate di rifiuti all’anno e il 22% non sono recuperabili.
“Nel 2024 è prevista una valutazione per vedere se ci sono alternative concrete per fornire calore mediante teleriscaldamento, energia elettrica e smaltimento dei rifiuti. Ma l’investimento che abbiamo in mente non ha nulla a che fare con un ipotetico revamping che avrebbe ben altri costi”, conclude Sanna. Attualmente san Rocco fornisce tra i 65mila e i 70mila MWh/anno di energia termica, utili per riscaldare circa 10mila famiglie cremonesi, il 40% degli edifici, e 25mila MWh/anno di energia elettrica, per circa 8000 utenze.
Il termocombustore viene dipinto da qualcuno come qualcosa che non è, questa la tesi di fondo di Lgh: “Su questo impianto va condotta un’operazione di trasparenza: tutti i dati sono già on line, ma di certo va diffusa una maggiore conoscenza dell’impatto che ha il termovalorizzatore in un contesto ambientale in cui i fattori inquinanti sono molteplici, a cominciare da traffico e riscaldamento domestico di vario genere. Spegnerlo senza avere alternative per il teleriscaldamento non produrrebbe certamente una diminuzione dell’inquinamento, anzi”. g.biagi