Cronaca

La truffa dello specchietto degenera in estorsione Condannati i due autori

Erano entrambi accusati di tentata truffa e di rapina, ma il collegio dei giudici, nell’emettere la sentenza, ha riqualificato il reato di rapina in quello più grave di estorsione, ed ha condannato i due autori: Wendy Argentini e il cugino Nicolas Casalgrande, entrambi 30enni residenti a Desenzano. Il primo è stato condannato a due anni, nove mesi e 600 euro di multa, mentre il secondo a due anni, sei mesi e 500 euro di multa. I due non sono nuovi a mettere in atto la cosiddetta ‘truffa dello specchietto’: simulare, cioè, un incidente stradale per poi farsi dare del denaro dal malcapitato automobilista. Ma l’episodio accaduto la sera del 22 febbraio dell’anno scorso è andato ben oltre.

Quella sera, verso le 20,30, Andrea, 35 anni, di Orzinuovi, era in macchina sulla provinciale 68 che da Orzinuovi porta a Milano. “C’era una coda di auto”, ha raccontato oggi in aula la vittima, “e ad un certo punto alcune macchine hanno iniziato a sorpassare, fino a quando mi sono trovato davanti un’utilitaria grigia che andava a passo d’uomo. Non aveva le quattro frecce ed era leggermente spostata sulla destra. Ho quindi iniziato la manovra di sorpasso quando ho sentito un botto alla macchina. Ho controllato lo specchietto ed era tutto a posto, ma non potevo comunque fermarmi subito. Ho proseguito fino al primo svincolo della provinciale che era sotto un cavalcavia. L’utilitaria che avevo sorpassato mi stava facendo gli abbaglianti”. Dall’auto, una Renault Modus, era sceso Wendy Argentini che se l’era presa con Andrea: ‘Sei un incosciente, non si può andare a quella velocità, poteva succedere una cosa grave’. Andrea si era ritrovato la portiera della sua auto rigata, ed era danneggiata anche la macchina dei due imputati. “Era buio ed ero agitato”, ha spiegato la vittima “e non capivo l’entità del danno, ma sapevo che la riga che avevo sulla portiera non era stata provocata dall’impatto. Sono entrato nel panico: avevo capito che non era un semplice incidente”. Ai giudici, Andrea ha spiegato che il ragazzo che era sceso dalla macchina continuava a dargli la colpa di quanto accaduto e gli aveva chiesto 300 euro di danni, aggiungendo che aveva fretta  in quanto lui e l’altra persona rimasta in auto stavano andando a trovare la loro mamma che stava facendo la chemioterapia a Crema. Andrea, invece, voleva fare la constatazione amichevole e chiamare le forze dell’ordine. “Ma lui non ha voluto”, ha riferito in aula il 35enne. “Io, 300 euro, non li avevo, nel portafoglio avevo solo 30 euro. Poi la discussione è diventata più animata e ad un certo punto quel ragazzo è salito sulla mia macchina intimandomi di partire: ‘Andiamo al bancomat perchè i soldi me li devi dare, se no finisce male'”. “Era arrabbiato e agitato”, ha raccontato Andrea ai giudici, “e io ero nel panico. Sono quindi salito in auto e mi sono diretto verso Soncino. L’altra persona rimasta nell’altra macchina ci ha seguito”. Nella sua auto, Andrea aveva cercato di prendere dalle tasche il telefono per chiedere aiuto, ma Argentini gliel’aveva impedito. “Mi teneva il braccio”. Arrivati al bancomat, Andrea si era diretto a prelevare il denaro, mentre l’imputato lo aveva atteso poco lontano. La paura e l’agitazione non avevano permesso alla vittima di prendere quei 300 euro: “Una prima volta non sono riuscito ad infilare nella fessura la carta e un’altra ho sbagliato a digitare il pin”, ha raccontato Andrea, che nel frattempo era riuscito a telefonare a casa. Gli aveva risposto la mamma, con cui il giovane aveva parlato pochi secondi. Alla fine, Argentini gli aveva preso il portafoglio con i 30 euro. Nella denuncia, Andrea aveva fatto mettere a verbale di essere stato spinto e strattonato vigorosamente, afferrato per un braccio e derubato del portafoglio. I due imputati erano poi ripartiti e la vittima, che era riuscita a segnarsi la targa, era tornata verso casa diretta alla caserma dei carabinieri. “Sulla strada del ritorno”, ha riferito Andrea, “ho visto ancora una coda di macchine e ho riconosciuto l’utilitaria grigia dalla quale era stato lanciato qualcosa dal finestrino”. Quella stessa sera i carabinieri avevano rintracciato l’auto a Desenzano. A bordo c’erano i due imputati, riconosciuti dalla vittima, che per il danno subito è già stata risarcita con mille euro.

I due imputati sono ancora agli arresti domiciliari. Oggi in aula era presente il solo Casalgrande, che prima dell’arresto faceva il cameriere in un bar di Rivoltella, frazione di Desenzano. Il giovane ha ammesso di aver pianificato la truffa con il cugino, negando però di aver sentito da parte di Argentini minacce o intimidazioni. “Ci siamo trovati a Desenzano, eravamo a corto di soldi, così siamo partiti con l’idea di fare la truffa. Ero io al volante, in quanto sono l’unico ad avere la patente, e non sono mai sceso dalla macchina. Non è stata una rapina”. L’imputato ha spiegato che dalla loro auto era stato lanciato un sasso e che poi, una volta fermi sotto il cavalcavia, Argentini aveva danneggiato la macchina di Andrea con della carta vetrata, mentre la loro utilitaria era già danneggiata. “Con quei 30 euro”, ha spiegato Casalgrande, “abbiamo fatto benzina e poi siamo tornati a casa”. Poco dopo i due erano stati fermati dai carabinieri.

Sara Pizzorni

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