Cronaca

Asfalto in via Bonomelli 'provvisorio' da 10 anni: così si è persa l'estetica della città

Xe pèso el tacòn del buso dicono a Padova. E il significato letterale è: “è peggio la toppa del buco” cioè “il rimedio è peggiore del danno”. La saggezza popolare viene in aiuto per ricordare il decennale di uno scempio cittadino compiuto ai tempi della Giunta Perri ma rimasto tale finora, forse per dimenticanza, mancanza di memoria storica o altro. Il 2 gennaio 2010 per mettere fine alle voragini nell’acciottolato storico di via Bonomelli dopo la nevicata del dicembre precedente, il Comune ha proceduto al rattoppo con il solito asfalto. Non c’è dubbio che quella fosse la soluzione più economica, viste la scarsità di fondi a disposizione in quei mesi di esercizio provvisorio in attesa dell’approvazione del bilancio. Un rappezzo ben visibile che l’amministrazione ha sempre assicurato essere solo una soluzione temporanea per evitare inconvenienti peggiori. Basta guardare le vecchie foto di via Bonomelli leggermente in discesa con i ciottoli e sullo sfondo il voltone del Vescovado per capire il danno d’immagine fatto alla Cremona più antica, dove delle ampie strade a raggiera (Bonomelli, Aporti e 20 settembre, XI febbraio) non c’è n’è più nessuna con l’antica pavimentazione. Via Bonomelli era l’antica via Prato del Vescovo e probabilmente stava ad indicare come fin dal mille questa strada era fiancheggiata da proprietà ecclesiali che dalle mura antiche andavano fin nel cuore della città.
D’altronde anche le amministrazioni precedenti avevano assicurato che l’asfaltatura di via Carnovali Piccio, laterale di via Bissolati, sarebbe stata una soluzione temporanea in attesa di porre definitivamente mano alla rete dei sottoservizi. Non sappiamo quanti anni siano passati da allora, sta di fatto che l’asfalto è ancora lì. E’ diventato la soluzione definitiva per una via che, originariamente, era pavimentata in acciottolato, come lo sono quelle adiacenti nella zona degli ex monasteri.
L’invadenza dell’asfalto in città non ha però limiti, basti pensare, tra i possibili esempi, alla piazzetta davanti a Sant’Agata anche questa in attesa del ripristino dell’acciottolato; al reticolo di vie attorno a palazzo Raimondi;  o delle toppe di asfalto in aree di pregio del centro.

E’ vero che l’asfalto era già una panacea per le pavimentazioni fin dall’Ottocento, ed a fine secolo diffusissimo ormai in tutta Italia, ma è altrettanto vero che la presenza dell’acciottolato e del porfido nei nostri centri storici ne ha sempre limitato fortemente l’uso. Almeno fino ai nostri giorni quando sono prevalse esigenze di tipo economico differenti. Eppure già una ventina di anni fa il Ministero per i beni culturali e ambientali aveva presentato un disegno di legge che conteneva precise norme per le città storiche, in cui era particolarmente forte ed accentuato il continuo riferimento all’identità urbana e, in questo senso, alle pavimentazioni, considerate come un momento di caratterizzazione storica.
Secondo questo disegno di legge avrebbe dovuto essere assicurata l’integrità “di ogni elemento tradizionale e caratteristico del contesto cittadino”, compresa “la qualità dell’ambiente urbano e i suoi spazi pubblici e privati, nelle finiture e arredi delle facciate e pavimentazioni”.
E la stessa Carta del restauro del 1972 impone “la conservazione delle caratteristiche di insieme dell’intero organismo urbanistico e di tutti gli elementi che ne definiscono le caratteristiche”.
L’architetto Mino Galetti, alla guida dell’Ufficio Tecnico comunale, alcuni anni fa fece tornare d’attualità una ricerca storica sulle antiche pavimentazioni cittadine e sui loro arredi con l’intento di riproporle man mano che si sarebbe proseguito nella loro sistemazione. Un lavoro splendido che forse, per salvaguardare l’immagine della nostra città, andrebbe spolverato e tolto dagli archivi per farne uno strumento di intervento e di programmazione per conservare la nostra città come ci è stata consegnata dai nostri nonni. La pavimentazione in acciottolato è caratteristica di Cremona. In Comune è infatti conservato uno straordinario documento grafico che fotografa lo stato delle pavimentazioni di vie e piazze cremonesi risalente a metà Ottocento. L’opera ha consentito di stendere una mappa dell’intera città evidenziando una vera e propria gerarchia delle strade sulla base della viabilità.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...