Processo Formigoni: 'Per Vero non occorreva bando di gara L'apparecchiatura era unica'
“Per Vero non occorreva un bando di gara. L’apparecchiatura era unica, tanto che nessun altro concorrente ha mai impugnato al Tar il provvedimento di aggiudicazione”. A dirlo è stato Adriano Pilia, consulente della pubblica amministrazione, chiamato oggi a testimoniare dalla difesa dell’ex direttore generale dell’ospedale di Cremona Simona Mariani, imputata, insieme all’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, di corruzione e turbativa d’asta nell’ambito del procedimento sul presunto giro di tangenti nella sanità che vede a processo anche l’ex direttore generale dell’assessorato alla Sanità Carlo Lucchina, quest’ultimo per abuso d’ufficio.
Al centro dell’inchiesta, l’apparecchiatura oncologica Vero, venduta nel 2011 all’ospedale di Cremona dall’imprenditore catanese Giuseppe Lo Presti, titolare della Hermex Italia, per la cifra di otto milioni di euro. In aula Lo Presti aveva ammesso di aver versato una tangente di 427 mila euro all’ex consigliere lombardo Massimo Gianluca Guarischi, collettore di mazzette (a suo carico c’è una condanna definitiva a 5 anni per corruzione), e amico dell’ex governatore Roberto Formigoni, in cambio dello sblocco del finanziamento. Lo stesso imprenditore aveva detto di aver comprato con il suo denaro dei regali per conto di Guarischi all’allora direttore generale dell’ospedale di Cremona Simona Mariani: un orologio Bulgari pagato 1.770 euro e un bracciale ‘tennis’ 2.700 euro, entrambi regali per Natale del 2011 e del 2012.
L’acceleratore Vero era stato acquistato per primo dall’ospedale Sant’Anna di Como. Lo Presti lo aveva venduto per 6 milioni di euro: “A Como”, aveva spiegato Lo Presti ai giudici, “il macchinario era stato installato tra il 2009 e il 2010 e faceva da apripista a chi ne fosse stato interessato. Proprio per questo accordo di promozione, Como, a differenza di Cremona, aveva ottenuto un prezzo inferiore”.
La testimonianza di Adriano Pilia va contro quanto dichiarato lo scorso 10 ottobre da Maurizio Bracchi, consulente tecnico del pm Francesco Messina, che aveva messo in discussione l’unicità del macchinario, sostenendo di aver riscontrato “anomalie” sulla procedura del contratto di appalto, “procedura che si basava sul fatto che la fornitura di Cremona fosse unica e quindi in grado di erogare determinate prestazioni cliniche in determinati contesti”. In realtà, per il consulente, di apparecchiature per trattare le neoplasie ce n’erano diverse sul mercato, e quindi, in assenza del fattore unicità, occorreva una vera e propria gara. Al contrario, sempre secondo l’esperto, la Mariani aveva indetto la procedura senza la pubblicazione del bando per la fornitura del nuovo macchinario.
Gli ultimi testimoni della difesa sentiti questa mattina hanno illustrato al collegio le caratteristiche di Vero, anche avvalendosi di slide proiettate in aula. Andrea Mentasti è stato per nove anni direttore generale delle Aziende ospedaliere della Regione Lombardia. Aveva avuto un ruolo fondamentale nella costruzione del nuovo ospedale Sant’Anna di Como. “Vero era uno dei nuovi macchinari che avrebbe dato prestigio all’ospedale”. Luigi Maria Cosentino è stato invece responsabile del reparto di Terapie Oncologiche dell’ospedale di Como: “Avevamo interesse a portare a Como un’apparecchiatura d’avanguardia”, ha detto il testimone, che ha ricordato di essere stato contattato anche dall’ospedale di Cremona. “Vero aveva suscitato un grande interesse. Ne avevo parlato con Ines Cafaro, primario di Radioterapia, che poi era venuta a vedere il macchinario”. Di “macchina rivoluzionaria” ha parlato anche Riccardo Valdagni, direttore dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dove però Vero non era stato acquistato. “So che era venuta fuori una situazione esplosiva”, ha detto Valdagni, riferendosi alla perquisizione effettuata a casa dell’ex direttore generale Gerolamo Corno, finito sotto indagine, poi chiusa con un’archiviazione. Nel gennaio del 2012 l’Istituto dei Tumori aveva fatto un’istanza di 24 milioni, tra interventi strutturali e tecnologici, tra cui Vero. La delibera di finanziamento era arrivata nel maggio successivo con un importo ridotto di tre milioni. Secondo Corno, “Vero non era indicato: sono emersi problemi di manutenzione, il software era tedesco e quindi si rischiava di restare per lunghi periodi senza la funzionalità della macchina, e poi le carenze economiche”. Giuseppe Lo Presti e Riccardo Valdagni si erano incontrati “tre, quattro volte”. “Lui e suo figlio sono venuti nel mio studio”, ha riferito Valdagni. “Il contatto tra il reparto e il fornitore di un’apparecchiatura non è cosa insolita. La nostra attività deve per forza prevedere contatti con le ditte”. Infine è stata sentita Federica Cattani, dirigente del Servizio di Fisica Sanitaria dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, che in aula, attraverso alcune slide, ha mostrato il funzionamento di Vero.
L’udienza è stata poi aggiornata al prossimo 11 febbraio per l’esame degli imputati Formigoni, Mariani e Lucchina. La discussione, invece, è stata fissata al 31 marzo. Dallo scorso luglio Roberto Formigoni è agli arresti domiciliari dove sta scontando la condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi di reclusione per il processo milanese Maugeri – San Raffaele.
Sara Pizzorni