Cronaca

Furti in mezza Italia: banda di moldavi alla sbarra. Il capo in collegamento dalla Francia

Nella foto, Vasile e Trinchinet in video collegamento

Il primo furto di una lunga serie lo avevano commesso a Cremona. Poi avevano agito in mezza Italia, soprattutto ai danni di negozi di elettronica. Ora i componenti della banda, una decina di persone, tutte moldave, sono a processo a Cremona con l’accusa di associazione a delinquere, furto e ricettazione. Capo indiscusso, Vasile Savin, moldavo di 33 anni residente a Viadana, nel Mantovano. Era lui che individuava gli obiettivi, pianificava le azioni criminose, sceglieva e determinava le strategie delittuose, impartiva direttive agli associati ed eseguiva sopralluoghi. Oggi in aula Vasile era in video collegamento con il tribunale di Cremona dal carcere francese di Beauvais, dove si trova detenuto per altra causa. In video collegamento anche un suo stretto collaboratore, Chiril Trinchinet, lui detenuto nel carcere francese di Longuenesse.

Ad arrestare la gang, in origine 21 soggetti, alcuni dei quali già condannati o usciti dal procedimento con un patteggiamento, erano stati nel 2015 i carabinieri di Cremona dopo una complessa indagine fatta di controlli su celle agganciate da cellulari, intercettazioni telefoniche e ambientali e appostamenti. Due i colpi effettuati in provincia di Cremona: le incursioni risalgono al settembre e al dicembre 2013 in due negozi dell’insediamento commerciale di Gadesco.

E’ dal primo di questi furti che l’attività degli investigatori era partita e aveva permesso di fare luce sull’attività, organizzatissima, dei moldavi. Più di dieci gli episodi contestati tra furti e tentati furti, tra il settembre del 2013 e il febbraio del 2014 in svariate parti del Paese. Principalmente ai danni di grandi catene di elettronica come Mediaworld e Trony. Ma nell’elenco c’erano anche un’incursione contro un negozio di biciclette da corsa di valore e una contro un negozio di scarpe Pittarosso. Tra gli episodi contestati, anche un tentativo di furto ai danni dell’atelier annesso alla casa del pittore Alfonso Borghi, in provincia di Reggio Emilia.

Complessivamente il valore stimato dei colpi (tra bottino e danni) è attorno al milione di euro. I prodotti rubati prendevano la via dell’Est Europa. Il colpo a Gadesco era stato messo a segno usando un pick-up per forzare la grata di un varco legata con una corda e un furgone per trasportare il carico. Il furto era stato commesso da almeno otto uomini. Dopo aver scardinato le inferriate degli uffici, il gruppo aveva asportato strumentazione high tech per un valore di 94.500 euro.

Un’indagine difficile, anche perché molti soggetti erano “titolari” di alias e perché le intercettazioni telefoniche e ambientali avevano permesso di captare solamente alcune tracce, in quanto durante i momenti di accurata pianificazione la banda utilizzava prevalentemente piattaforme non immediatamente intercettabili come Skype, Whatsapp, Facebook e provider russi.

“Si tratta di operazioni ‘seriali’ dispiegatesi, con modalità sempre identiche e stile quasi ‘militare’, in varie regioni del nord Italia. Così scriveva l’allora giudice per le indagini preliminari Guido Salvini in un passaggio delle 95 pagine di ordinanza relativa all’operazione dei carabinieri chiamata “Balcania high tech”.

Gli arrestati

Sara Pizzorni

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...