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Sabato 30 novembre inaugura al Triangolo la mostra 'Miscellanea'

Sabato 30 novembre (ore 18.30), presso Il Triangolo Galleria d’arte, verrà inaugurata la mostra ‘Miscellanea’, un’esposizione che riunisce opere – tutte provenienti da collezioni private – di noti artisti, attivi dagli anni ‘60 del Novecento ad oggi, attraverso le quali è possibile ripercorrere alcune delle tendenze più significative della ricerca artistica in Italia, tra XX e XXI secolo, giungendo ai giorni nostri. Per l’occasione sarà presente l’avvocato Marco Pelligra di Isorropia Homegallery, che ha collaborato all’allestimento.

Seguendo un filo cronologico che si snoda da poco oltre la metà del Novecento, il percorso idealmente si avvia con Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933-), rappresentato da uno dei suoi famosi quadri specchianti, iniziati a realizzare nel biennio 1961-1962, che includono direttamente nell’opera la presenza dello spettatore, la dimensione reale del tempo e riaprono inoltre la prospettiva, rovesciando quella rinascimentale che le avanguardie del XX secolo avevano archiviato.

Contemporaneo di Pistoletto, Aldo Mondino (Torino, 1938 – 2005) è presente con un trittico ‘danzante’, frutto di quell’interesse verso temi orientaleggianti su cui l’artista si focalizza dagli anni ’90 del ‘900 dopo viaggi compiuti in Marocco, Palestina, Turchia, dai quali deriva appunto una serie di quadri rappresentanti i Dervisci nell’atto di danzare: in quegli anni l’oriente, coi suoi volti e i suoi colori, sarà l’elemento dominante della sua poetica.

A metà tra pittura e scultura è invece uno dei famositappeti natura di Piero Gilardi (Torino, 1942-), a partire dal 1965, con i quali l’artista ottenne un grande successo: in poliuretano, essi riproducono in modo assolutamente realistico dei frammenti dell’ambiente naturale con un duplice scopo: ludico e di denuncia verso uno stile di vita sempre più artificiale. Sono opere sfacciatamente colorate, dalla grande forza comunicativa, quella stessa, pur declinata talora in chiave dissacrante, caratterizza l’opera di Luigi Ontani (Montovolo di Grizzana Morandi, Bologna, 1943 -), la cui assidua ricerca si nutre di sperimentazioni sulle più svariate tecniche e sull’uso del proprio corpo per indagare l’ambiguità e la complessità della natura umana.

Soprattutto dagli anni Novanta la produzione dell’artista è caratterizzata da un’ispirazione onirico-surreale da cui derivano dipinti con esili figurette. In quella fase novecentesca degli anni ’70, connotata da linguaggi sperimentali, ecco che Salvo (Leonforte, Enna, 1947 – Torino, 2015) si propone quasi come un outsidernell’utilizzo di mezzi classici, usati però in modo tale da attivare uno sguardo contemporaneo su soggetti tradizionali come il paesaggio, reso attraverso una pittura precisa, con colori evocativi di tramonti, dove le chiome stondate di alberelli stilizzati si stagliano sul fondo di nuvole rigogliose.

Figurativo è per certi aspetti anche il linguaggio di Carlo Caldara (Milano, 1965-), spesso basato sulla presenza simultanea di immagini e parole, e sull’uso di materiali metallici su cui l’artista rappresenta cartografie del globo e fermo immagini dell’umanità e della società contemporanea, di cui l’Urloin mostra sembra esserne il simbolo. Calate nell’oggi sono anche le visioni di Manuel Felisi (Milano, 1976-), che fissa nell’arte scorci urbani con i suoi ‘segni’ che, isolati, assumono un valore quasi surreale, come la “P” reiterata del parcheggio nel quadro esposto.

Le città, o meglio le metropoli, sono anche il tema portante dei dipinti di Fabio Giampietro (Milano, 1974-), che di esse ci propone le sagome da prospettive ripide e vertiginose: dai palazzi che popolano le opere dell’artista, ci si tuffa in un pericoloso buco nero oltre il quale ci siamo noi stessi che camminiamo su un sentiero grigio ocra. un mondo colorato e fantastico, popolato da geometrie e segni semplici, ci proietta invece la pittura di Nicola De Maria (Foglianise, Benevento, 1954-) che, dopo gli esordi in seno alla Transavanguardia, sviluppa un linguaggio astratto ma carico di segnali figurativi poetici e spirituali: l’artista sembra trasformare la lirica in pittura, ogni sua opera è confine magico, paesaggio fiabesco – che diventerà astrazione pura negli anni ‘90 – nel quale domina il colore vivace e brillante.

Astrae in un certo senso dal figurativo, ma conservando la figurazione, l’arte di Alessandro Papetti (Milano, 1958-), frutto di una ricerca di carattere temporale che va compiendosi attraverso una sorta di “distruzione creatrice” che di volta in volta affronta temi diversi: il vento, l’acqua, l’archeologia industriale ed i cantieri navali, di cui il quadro esposto è un esempio. Dal segno irruente e vorticoso di Papetti allatecnica quasi calligrafica di Agostino Arrivabene (Rivolta d’Adda, 1967-) la cui produzione si fonda su una vasta cultura umanistica imbevuta di suggestioni neorinascimentali, simboliste e mistico-esoteriche.

Sul versante della scultura, l’esposizione propone due bronzi di Matteo Pugliese (Milano, 1969-), scultore contemporaneo, le cui opere sono figure – spesso guerrieri – o parti del corpo, prigionieri di una materia bruta, colti nel momento culminante del movimento, nell’attimo immediatamente precedente la liberazione: deflagrazioni di forza contratta scolpite nel bronzo. L’acciaio è invece la materia prediletta da Ilirjan Xhixha(Durazzo, 1964-) e dal fratello Helidon (Durazzo, 1970-). Quest’ultimo, durante la sua carriera, ha sviluppato uno stile iconico di scultura attraverso la manipolazione di acciaio inox riflettente che, di volta in volta, si trasforma, passando dall’essere ininterrottamente lineare al divenire distorto, accartocciato e frammentario, secondo una personale visiva frutto dell’influenza tra metallo e luce, tra il concreto e l’etereo. Cremona ha l’onore di ospitare già da tempo una scultura di Helidon Xhixha: il grande violino che campeggia in Piazza Marconi.

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