Lettere

Manovra finanziaria: alla prima
prova impegnativa il Governo
mostra tutti i suoi limiti

da Sergio Denti

Egregio Direttore,

alla prima prova impegnativa, il Governo manifesta debolezza. Nato per fare una manovra seria, è riuscito solo a partorire la formula ‘salvo intese’ con la quale è stato trasmesso alla Commissione UE il documento programmatico di Bilancio.

A vedere dalle liti scoppiate tra Conte, Di Maio e Renzi sarebbe stato meglio aggiungere anche “salvo contese”. Infatti, non esiste ancora un testo definitivo degli articolati, ma solo una bozza che potrà  essere modificata prima dal Parlamento e della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Insomma, dall’uno al due, Conte si è portato dietro la formula che aveva fatto tanto scandalo quando al governo c’era Salvini. Ora, però, al posto di Salvini c’è il Partito democratico e le cose dovrebbero andare diversamente. Se non ci sono intese vuol dire che vi sono disaccordi e ve ne sono e nemmeno nascosti; che il governo non è in grado di fare sintesi politica; di conseguenza, non è animato da una linea programmatica comune. Che, insomma, non ha un’idea convergente su cosa deve governare e su come lo vuole governare. Una debolezza intrinseca che non mancherà di evidenziare conseguenze che non potranno essere di segno positivo.
I margini di movimento erano sicuramente pochi. Ora si cerca di volgere al positivo le cose indicate nel Documento, ma la verità è che la pressione fiscale, nel suo complesso, sale al 42%.

Le roboanti dichiarazioni sulle manette per gli evasori – su cui peraltro vi è disaccordo nella maggioranza – lasciano il tempo che trovano; denunciano solo l’impotenza della compagine a perseguirli. La questione è seria, ma forse oggi, date le conoscenze che vi sono sui redditi e sulle spese degli italiani, lavorando nelle banche date della Guardia di Finanza, non dovrebbe essere tanto difficile iniziare un rastrellamento di recupero fiscale. Solo nell’ambito di una seria azione nel campo dell’evasione e dell’elusione si può contemplare, magari, anche il carcere, ma partire dal fondo – sempre che questo Stato sia nelle condizioni di farlo – ci sembra solo propaganda.
Conte dice che sulla questione ci ha messo la faccia. Mah! È la stessa faccia che  rappresentava il 2019 come “un anno bellissimo”; che annunciava un nuovo umanesimo – nessuno ha capito cosa in effetti realmente sia – e che, recentemente, in un’intervista ha
giustificato una passata definizione di se stesso come “populista” ricorrendo al primo articolo della Costituzione.

Bravo, Giuseppe Conte: la sovranità appartiene al popolo – però il populismo è altro – e
questa determina il Parlamento nello sprezzo della cui funzione il suo governo è andato all’attacco proponendo il taglio dei parlamentari.
Certo che il loro numero può essere variato, ma non in sprezzo dell’organo.
Sui sei euro in più che si troveranno alla fine dell’anno in busta i pensionati c’è poco da dire. Basta una sola parola: vergogna!

Il taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori del comparto privato va bene. Tuttavia, visti i tanti contratti di lavoro che attendono di essere rinnovati da anni, non sarà che si tratti di un piacere, per quanto camuffato, agli imprenditori permettendo loro di soprassedere ancora nell’aprire le contrattazioni?
Inoltre rimane “quota 100”. Andrebbe rivista e non per far un dispetto a Salvini, ma per rimettere in discussione tutto l’impianto della Fornero, come i sindacati chiedono da tempo.
Infine c’è una questione che non è stata sottolineata come avrebbe dovuto. Ben 14 miliardi sono finanziati da maggior deficit, ma la flessibilità deve essere autorizzata dalla commissione. Il ministro Gualtieri, che gode di buono e meritato credito in ambito europeo, dovrà impegnarlo tutto.
Il quadro appare sconsolante, sconnesso e traballante come non avremmo immaginato.

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