Cronaca

Processo Formigoni-Mariani In aula esponenti di spicco della sanità lombarda

Da sinistra, Orecchia, Melazzini, De Leo

Sfilata di personalità in campo medico-scientifico, nel processo a carico dell’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, imputato di corruzione e turbativa d’asta nell’ambito del procedimento sul presunto giro di tangenti nella sanità che vede sotto accusa anche l’ex direttore generale dell’ospedale di Cremona Simona Mariani e l’ex direttore generale dell’assessorato alla Sanità Carlo Lucchina, quest’ultimo per abuso d’ufficio. Mario Melazzini, onco-ematologo e ricercatore, Roberto Orecchia, direttore della Radioterapia all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano fondato da Umberto Veronesi, e Giuseppe De Leo, presidente dell’Istituto dei Tumori di Milano, sono alcuni dei testimoni chiamati oggi a deporre dai difensori di Roberto Formigoni e di Carlo Lucchina.

Al centro dell’inchiesta, l’apparecchiatura oncologica Vero, venduta nel 2011 all’ospedale di Cremona dall’imprenditore catanese Giuseppe Lo Presti, titolare della Hermex Italia, per la cifra di  otto milioni di euro. In aula Lo Presti aveva ammesso di aver versato una tangente di 427 mila euro all’ex consigliere lombardo Massimo Gianluca Guarischi, collettore di mazzette (a suo carico c’è una condanna definitiva a 5 anni per corruzione), e amico dell’ex governatore Roberto Formigoni, in cambio dello sblocco del finanziamento. Lo stesso imprenditore aveva detto di aver comprato con il suo denaro dei regali per conto di Guarischi all’allora direttore generale dell’ospedale di Cremona Simona Mariani: un orologio Bulgari pagato 1.770 euro e un bracciale ‘tennis’ 2.700 euro, entrambi regali per Natale del 2011 e del 2012.

L’apparecchiatura Vero era stata installata nel 2010 all’ospedale Sant’Anna di Como, mentre l’anno dopo all’Istituto Europeo di Oncologia. All’Istituto dei Tumori di Milano, invece, l’acquisto non era andato in porto. Lo aveva già spiegato in aula Gerolamo Corno, ex direttore generale, e lo ha ribadito anche oggi il presidente Giuseppe De Leo. Nel 2011 l’Istituto milanese aveva inoltrato un’istanza di 24 milioni, tra interventi strutturali e tecnologici, tra cui Vero, alla direzione generale della Sanità per l’acquisto. La delibera di finanziamento era arrivata con un importo ridotto di tre milioni. “La somma era insufficiente e da lì sono sorti i primi dubbi”, ha ricordato De Leo. Alla fine si era optato per l’acquisto di una risonanza magnetica e di un acceleratore meno caro. “Per Vero”, come aveva detto anche l’ex direttore Corno, “erano emersi problemi di manutenzione, il software era tedesco e quindi si rischiava di restare per lunghi periodi senza la funzionalità della macchina, e poi le carenze economiche”. “Ci sono state pressioni esterne per l’acquisto di Vero?”, ha chiesto a De Leo il pm Francesco Messina. “C’erano pressioni da parte di Lo Presti”, ha detto il testimone. “Continuava a telefonare e a chiedere incontri. Io l’ho incontrato due volte con il direttore Corno e gli abbiamo spiegato i motivi per cui avevamo deciso di non comprare la macchina, così come avevamo fatto nel marzo del 2013 con  Lucchina. ‘Se tu hai deciso così, mi aveva detto, fate così'”. “Ma perchè si doveva giustificare il mancato acquisto al direttore generale?”, ha chiesto il pm. “Il direttore Corno voleva semplicemente che fosse chiaro che non era stata una decisione solo sua, ma che era stata condivisa anche da me”, ha risposto De Leo. Il 25 giugno scorso, durante la sua testimonianza, Corno aveva riferito di un suo incontro da solo con Lucchina e con Paolo Alli, ex sottosegretario alla presidenza della Regione, la cui posizione processuale si è già conclusa con un’assoluzione. “In quell’occasione”, aveva ricordato Corno, “Lucchina mi aveva chiesto cosa aspettassi a comprare Vero”. Successivamente Lo Presti era tornato a farsi sentire e Corno e De Leo erano tornati da Lucchina per chiarimenti e per ribadirgli il no all’acquisto.

Ad essere sentito come testimone è stato anche Roberto Orecchia, direttore della Radioterapia all’Istituto Europeo di Oncologia, considerato un’autorità a livello internazionale per la ricerca sulle metodiche radioterapiche d’avanguardia e sull’integrazione fra la Radioterapia e le altre forme di trattamento dei tumori. “Nel 2010 era stato deciso un ampliamento con l’acquisizione di tre nuovi acceleratori lineari per la Radioterapia. Uno di questi era Vero, che tre anni prima era stato presentato in Giappone come nuova apparecchiatura. Io ero stato il primo a contrattualizzarne l’acquisto. C’era stata una trattativa privata e da noi la macchina era stata installata nella seconda metà del 2011. Era la più sofisticata e ancora oggi è funzionante e tratta tra i 400 e i 500 pazienti l’anno. Complessivamente, per le tre apparecchiature, si erano spesi tra i 16 e i 17 milioni di euro”.

In aula è stato ascoltato anche Salvatore Gioia, direttore amministrativo del Sant’Anna di Como. “C’era la possibilità di acquisire un’apparecchiatura all’avanguardia”, ha spiegato il testimone. “All’epoca eravamo in una fase impegnativa per il nostro ospedale e volevamo consentire una maggiore cura dei tumori. Era stata fatta la procedura negoziata e la Hermex Italia era il fornitore esclusivo. La nostra è stata la prima installazione a livello italiano. Il costo complessivo è stato di sei milioni di euro, di cui quattro come contributo straordinario regionale e il resto di risparmio sulla base d’asta di altre apparecchiature. A vedere Vero erano venute anche delegazioni dal Messico e da Roma”.

Ad essere chiamato dalla difesa di Carlo Lucchina è stato anche Mario Melazzini, classe ’58, nato a Pavia, onco-ematologo e ricercatore, dal 2003 ammalato di Sla. Una vita, la sua, contrassegnata da un’incessante attività di promozione dello sviluppo della ricerca scientifica. Fra gli incarichi pubblici ricoperti nella sua carriera, quello di assessore alla Sanità di Regione Lombardia, presidente e direttore Generale di Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco, e attualmente direttore scientifico centrale degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri e componente del Consiglio di amministrazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche. “Nel 2012, con una delibera della Giunta”, ha ricordato Melazzini, “a fronte di un percorso di riorganizzazione, erano stati istituiti gruppi di approfondimento tecnico sulla Radioterapia. Io dovevo coordinare e coinvolgere specialisti sul territorio lombardo per fare una ricognizione di come meglio rendere più efficienti le risposte ai pazienti. In pratica, una strategia di offerte e prestazioni”. “I componenti”, ha spiegato il testimone, “erano esperti in Radioterapia e i risultati erano riportati all’attenzione del direttore generale.  Tra le fasi trattate, anche l’analisi di acceleratori lineari che potevano ridurre i tempi di attesa”.

Gli ultimi testimoni della difesa saranno sentiti nell’udienza del prossimo 17 dicembre. L’11 febbraio, invece, è previsto l’esame degli imputati Formigoni, Mariani e Lucchina, mentre la discussione è stata fissata per il  31 marzo.

Sara Pizzorni

Roberto Formigoni e Simona Mariani

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