Cronaca

Peculato: Fiamma si difende in aula. 'Quei soldi spariti, ero nel panico più totale'

Renato Fiamma

E’ ripreso oggi con l’esame dell’imputato il processo a carico di Renato Fiamma, funzionario in servizio presso il carcere di via Cà del Ferro, accusato di peculato. Per la procura, Fiamma, cassiere dell’amministrazione carceraria e già consigliere comunale area Pd, si sarebbe intascato 14mila 487,37 euro, somma che avrebbe dovuto depositare presso le Poste Italiane “nel fondo detenuti”. Nessun intento di sottrarre denaro, secondo la difesa, rappresentata dall’avvocato Paolo Carletti: l’imputato, una volta accortosi della sparizione dei soldi, aveva tentato in tutti i modi di ripianare l’ammanco, chiedendo prestiti ad amici e conoscenti. Non riuscendoci, tre settimane dopo il fatto si era presentato in procura per sporgere denuncia.

L’episodio risale al 9 marzo 2018, giorno in cui la somma avrebbe dovuto essere depositata in Posta. Si trattava di quattro buste: una contenente circa 12.000 euro, una di 8.000 euro, l’altra di 5.000 e quella con i 14.000 euro. In aula, l’imputato ha percorso tutte le tappe di quella mattina, dal suo arrivo in ufficio alle 7,30, all’uscita, verso le 9,30, per recarsi all’ufficio postale. Fiamma, che si occupava di tutta una serie di altri adempimenti, ha raccontato che in ufficio era arrivato l’autista della direzione che gli aveva chiesto di compilare i vaglia dei detenuti e poi l’assistente capo Costabile Pascale, collaboratore della direzione del carcere, che con sè aveva un faldone su acquisti e forniture. In più aveva ricevuto tutta una serie di telefonate. “Avevo il cordless e giravo per l’ufficio”, ha raccontato l’imputato. “Mentre ero al telefono ho aperto la cassa corrente, ho messo sul tavolo una borsa e ho inserito le buste. Buste che erano già presenti in cassa e che mi ero limitato a riconteggiare. L’assistente Pascale, che si era offerto di accompagnarmi, era già pronto. Sono andato in segreteria, poi sono andato in bagno e all’uscita ho trovato Pascale. A quel punto sono entrato in ufficio, ho preso la borsa e sono uscito. La porta è sempre stata aperta”. I due arriveranno alla Posta verso le 9,30. “Abbiamo aspettato parecchio”, ha raccontato Fiamma, “e poi, quando è stato il mio turno, ho appoggiato la borsa sulla mensola e ho tirato fuori il primo versamento. L’operatore ha preso il denaro e io ho rimesso le mani nella borsa e a quel punto ho visto che mancava una busta. Ho pensato subito di telefonare all’assistente amministrativo Nicola Migliorati per chiedergli di andare a controllare in ufficio, e così ho fatto, ma la busta non la trovava. Ho fatto tutti gli altri versamenti, ma ero nel panico più totale”.

L’avvocato Carletti

Fiamma e Pascale erano rientrati in carcere intorno alle 11. “Ho guardato nel corridoio, sono andato a controllare ogni spigolo e in ogni angolo e poi mi sono sentito male: ero trafelato, sudavo, e sono caduto”. Fiamma era stato soccorso da Migliorati che aveva sentito il tonfo. “Ero nel panico”, ha riferito l’imputato, “ero in ansia, ero poco lucido e stavo già pensando a come fare per rimettere i soldi in cassaforte. A casa ho detto solo che c’era stato un grosso guaio all’istituto. Non avendo altri familiari a Cremona, ho chiamato amici fraterni, chiedendo prestiti, e anche a loro ho detto che ero in un grosso guaio. Una persona cara che considero il mio secondo padre mi ha anticipato 1.500 euro, mentre un altro amico aveva i soldi vincolati. Mi sono rivolto anche ad istituti bancari, ma nessuno aveva una soluzione immediata”. Alla fine, Fiamma aveva raccontato tutto alla moglie che gli aveva consigliato di rivolgersi ad un avvocato. “Ho parlato con l’avvocato Carletti che mi ha consigliato di fare denuncia”, ha ricordato l’imputato. “E così ho fatto. Nel frattempo sono stato contattato da Vito Castiglione, responsabile dell’area contabile, con cui mi sono incontrato in un parcheggio e al quale ho raccontato tutto”. Fiamma, che in quei giorni era ancora in malattia, ha riferito che durante quell’incontro, Castiglione gli aveva consigliato di recarsi dopo qualche giorno in carcere e di dire tutto. Una soluzione sarebbe stata trovata. “La stessa sera del nostro incontro, però”, ha detto l’imputato, “Castiglione evidentemente ha cambiato idea e mi ha mandato un messaggio dicendomi che aveva avvisato la direzione. La stessa direttrice mi aveva successivamente inviato un messaggio chiedendomi di stilare una relazione sull’accaduto e di portare una copia della denuncia”.

“Ho ereditato la cassa ad agosto del 2012”, ha poi specificato in aula Renato Fiamma, “e per la sua gestione ho sempre seguito le indicazioni ricevute. Avevo anche altri compiti, tanto che solo 2 o 3 giorni al mese mi dedicavo alla gestione del fondo detenuti”. “Io nasco come educatore”, ha precisato l’imputato. “Sono contabile senza aver mai fatto un corso”. E in aula è spuntato un attestato della scuola professionale di Sulmona che Fiamma ha disconosciuto: “Non sono neanche mai stato a Sulmona”. Rispondendo poi ad una domanda dei giudici, Fiamma ha detto di non aver avuto alcun tipo di problema economico: “Io lavoravo, ero anche consigliere comunale, mia moglie lavorava, non avevamo problemi”.

Sentito come testimone della difesa anche Edoardo Poles, napoletano, ex direttore dell’ex catena di magazzini Standa, per Fiamma quasi un secondo padre. Era lui che gli aveva prestato i 1.500 euro dopo aver ricevuto la sua richiesta di aiuto. “Sono arrivato a Cremona nel 1998”, ha spiegato Poles, “con Renato siamo diventati amici e mi ha quasi eletto padre putativo. Si è affidato a me per tanti aspetti e io mi sono ritrovato un figlio adottivo. L’avevo già aiutato economicamente quando la moglie non lavorava”. Fiamma gli aveva inviato un messaggio con una richiesta di aiuto, e Poles gli aveva fatto un bonifico. “Successivamente mi ha telefonato”, ha riferito il testimone, “e mi ha spiegato in modo agitato e confuso la perdita del denaro, al che mi sono rivolto ad una serie di società finanziarie dicendo che mi serviva denaro da prestare ad un amico. Ma la cosa andava per le lunghe. Poi ci siamo incontrati in un bar e Renato mi ha detto nei particolari cosa era successo”. “Preciso”, ha tenuto a sottolineare il teste, “che non sono un prestatore di soldi, ma ho cercato semplicemente di aiutare un amico”.

La sentenza sarà emessa il prossimo 28 gennaio.

Sara Pizzorni

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