Politica

Pizzetti: 'Il Pd rischia di essere partito-establishment, ma non andrò alla Leopolda'

Non andrà alla Leopolda (da oggi fino a domenica la convention fiorentina organizzata da Matteo Renzi, per la prima volta senza il Pd) Luciano Pizzetti, deputato di lungo corso che nelle ultime uscite pubbliche ha preso le distanze dalle posizioni del segretario Zingaretti e soprattutto dalle modalità con cui è nata l’alleanza di governo coi 5 stelle. Una disillusione palese nell’intervento nell’ultima assemblea provinciale del Pd, in sala Ial Cisl,  che poteva far prefigurare un avvicinamento al nuovo partito di Renzi, di cui è stato, ai tempi del governo, sottosegretario. Non sarà così: Pizzetti ne ha spiegato le ragioni nella trasmissione ‘Punto e a Capo’ andata in onda giovedì sera su Cremona1, condotta da Giovanni Palisto. In un faccia a faccia inter-generazionale con Emanuele Paolo Bergamini, aderente a Italia Viva, Pizzetti ha spiegato le ragioni per cui apprezza la convention, in quanto  “luogo di innovazione politica”. “La nascita del partito di Renzi non ha ridotto, ma ha ampliato l’area del centrosinistra. In secondo luogo il centrosinistra dovrebbe smettere la sua malattia infantile e smetterla di polemizzare con i suoi vicini; l’avversario sta altrove, si tratta di costruire una migliore amalgama”.

“La Leopolda può essere quel luogo, che da troppo tempo manca, di elaborazione di un pensiero, può dare un contributo, il centrosinistra da troppo tempo rischia di essere un partito-establishment e non un partito-società. I leader servono, ma serve avere un leader che rappresenti pensieri e la Leopolda può essere un luogo dove si costruiscono alcuni pensieri. Io non sono tra quelli che temono che la sinistra sparisca; temo che a rischio vi siano le culture riformiste. Ogni luogo dove si innova in campo sociale, istituzionale, economico penso che sia un luogo benedetto. Anche chi non aderisce deve tifare perché quelle iniziative abbiano successo e tifare perché anche altre iniziative si sviluppino su quel terreno perché il grande tema di questo paese è diventata la povertà del pensiero”.

Detto questo, però, alla  Leopolda Pizzetti non ha mai partecipato e non lo farà neanche stavolta: “La debolezza che vedo nella Leopolda è che suscita queste belle speranze, ma perché diventino fattore concreto di aiuto al paese occorre che siano suffragate da azioni che diano senso e prospettiva, cosa che ancora non vedo, ed è la ragione per cui non sono mai andato e non andrò. Vedo una grande volontà di agire e intervenire e rompere schemi, però non è ancora costruito quel contenitore che possa far dire agli italiani: quella è la meta che voglio concorrere a costruire”.

Poi un attacco alla carenza di “pensiero”: “C’è una grande carenza di contributi intellettuali. In questo paese gli intellettuali si sono ritratti, non c’è più un luogo in cui si esprimono, sembra che il massimo lo abbiano dato a dire male della riforma costituzionale … poi muti, questo mutismo concorre a depotenziare la politica. Nemmeno Renzi con la sua forza di rottura è riuscito a superare questa debolezza”.

Chi rottama sarà poi rottamato: questo il senso delle affermazioni di Pizzetti sul modus operandi dell’ex segretario: “L’idea di rottamare mi ha diviso da Renzi. Nella storia degli stati, delle comunità, le rottamazioni sono assimilabili alle rivoluzioni. E poi arrivano le controrivoluzioni e tutti rimangono più poveri di prima,  più poveri di  pensiero. Le rivoluzioni vere avvengono quando c’è un accompagnamento tra le generazioni”. E un monito alle giovani leve che si affacciano alla politica nell’era social: “La politica è fatta anche di sentimento, non è solo tecnicismo. Se manca quel sentimento che un tempo si chiamava idealità e valori … quella cosa che fa scattare la scintilla, per cui ti voto, allora nessun cambiamento potrà avvenire”. g.biagi

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