Truffa in banca: ex funzionaria raggirò più di 50 clienti Spariti due milioni di euro
Dal 2003 al 2017 avrebbe effettuato operazioni sospette ai danni di clienti della filiale di San Bassano, come titoli trasferiti e venduti all’insaputa delle vittime e polizze assicurative incassate da soggetti diversi dai contraenti. Complessivamente la somma sottratta è stata quantificata in due milioni di euro. E’ entrato nel vivo con le prime testimonianze il processo a carico di Daniela Zignani, di Pizzighettone, ex responsabile della filiale di San Bassano del Credito Padano, accusata di truffa aggravata dal danno di rilevante entità e per aver abusato del rapporto di lavoro con la banca. 54 le parti civili, tutti clienti, e in più la filiale di San Bassano del Credito Padano: 15, compresa la banca, sono rappresentati dall’avvocato Gian Pietro Gennari, 24 dall’avvocato Cesare Gualazzini, uno dall’avvocato Giuseppe Giardina e altri 15 dal legale Monica Gennari.
Ad illustrare al pm Davide Rocco e al giudice tutta l’indagine bancaria e tutte le operazioni di verifica che ne erano derivate è stato Emanuele Borghesi, ex dipendente del Credito Padano, responsabile dell’area controlli e dell’attività ispettiva. “La Zignani”, ha riferito il testimone, “ha sempre lavorato presso la filiale di San Bassano. Era stata assunta nell’aprile del 1998 e nel 2011 ne era diventata responsabile”. A fine 2016, anche in seguito alla fusione con un altro istituto di credito, era partita una nuova modalità di verifiche sulle varie filiali, compresa quella di San Bassano. “Nel febbraio del 2017”, ha spiegato Borghesi, “era iniziata un’attività di analisi a distanza e già in quell’occasione erano state riscontrate anomalie. Il 14 febbraio ci si era recati fisicamente presso la filiale e anche lì era emersa una serie di altre anomalie. A quel punto si era reso necessario parlare con la responsabile e nel frattempo era stata inviata un’informativa al direttore generale”. Alla Zignani, Borghesi aveva chiesto conto di una serie di operazioni sui titoli che non appariva conforme. “Lei era in difficoltà”, ha raccontato il testimone, “e non aveva dato risposte. A quel punto, avendo un numero esagerato di ferie in arretrato, era stata a casa e i miei colleghi erano andati avanti con le attività di verifica in filiale, trovando ulteriori problematiche”. Nel frattempo la Zignani aveva rassegnato le dimissioni.
“All’inizio non avevamo pensato a sottrazioni di denaro”, ha spiegato Borghesi, “ma ad errori dovuti ad una non corretta operatività. Quando però lei si era licenziata ci erano sorti dei dubbi, e a quel punto avevamo deciso di contattare i clienti”. I primi dieci clienti erano stati sentiti nei primi giorni di marzo del 2017. “La clientela, per la maggior parte anziana, aveva disconosciuto tanti passaggi, compresa la firma su alcuni documenti. In tutto erano stati sentiti più di 50 clienti, alcuni dei quali nel frattempo deceduti, tanti con una bassa cultura finanziaria, ed altri in situazioni emotive particolari”. Ad esempio, ad una famiglia composta dal padre e dalle due figlie con la madre malata era stato sottratto un importo di 400.000 euro. “Ma con la Zignani, da parte di tutti i clienti c’era un rapporto di fiducia incontrastato”.
L’attività di controllo e i colloqui con i clienti era stata molto pesante e molto lunga: “più si scavava”, ha raccontato il responsabile dell’attività ispettiva, “più si trovavano anomalie”. Durante le verifiche, iniziate a febbraio del 2017 e terminate a fine novembre di quello stesso anno, erano stati sentiti anche i vari cassieri che si erano avvicendati per le operazioni di cassa da dove era stata riscontrata una “non corretta attività degli sportelli”. “E’ emerso che non si trattava di operazioni effettuate da loro”, ha continuato il testimone, che ha raccontato che la Zignani era sempre presente e non si allontanava nemmeno per la pausa pranzo. “Era lì anche il sabato mattina ed era sempre lei che ritirava la posta”. Per l’accusa, era lei che si spostava agli sportelli per ‘aggiustare’ le operazioni. “Anche la tipologia dei comparti coinvolti era diversa”, ha detto Borghesi: “si andava dai titoli, alle polizze assicurative a contenuto finanziario, all’operatività di cassa, ai fondi comuni di investimento. Migliaia e migliaia di operazioni, tutte completamente sconosciute alla clientela”. Tra i movimenti sospetti, anche alcune polizze i cui importi erano stati riscattati e trasferiti su conti intestati a persone diverse da coloro che le avevano sottoscritte. Dal passaggio da vice responsabile a responsabile, la Zignani non aveva mai voluto cambiare il suo ufficio. “Nel suo armadio”, ha ricordato il testimone, “c’era dentro il mondo: c’erano diverse distinte in bianco già firmate dai clienti e documentazione che poteva essere utilizzata in vari modi”.
Per la procura, la Zignani, per impossessarsi delle somme di denaro dei clienti, avrebbe utilizzato “abusivamente moduli firmati in bianco o falsificando le firme degli interessati, trasferendo titoli e polizze vita intestati alle persone offese su dossier e conti correnti di suoi familiari o di terzi ignari, facendo poi confluire al proprio patrimonio, mediante bonifici e prelevamenti in contanti, le somme derivanti dalla liquidazione dei titoli e delle polizze”. “Indipendentemente dal trasferimento e dalla liquidazione di titoli e polizze” avrebbe poi “addebitato bonifici bancari sui conti correnti delle persone offese, facendo confluire, direttamente o mediante più giroconti, su conti correnti propri e di suoi familiari le somme sottratte”. Il danno ai clienti non è stato risarcito totalmente. “Tutti”, ha spiegato Emanuele Borghesi, “sono stati risarciti di una quota, circa il 50%”.
Altri testimoni del pm verranno sentiti nell’udienza del prossimo 4 novembre.
Sara Pizzorni