Cronaca

Scritte nell'atrio della banca e sui muri della procura. 27enne del Kavarna condannato

Con le accuse di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, Amerigo Raffaele Leopardi, 27 anni, nato in Germania e residente a Montichiari, appartenente al centro sociale Kavarna di Cremona, è stato condannato a nove mesi e 1.800 euro, pena sospesa. La pena è stata convertita in nove mesi di lavori socialmente utili da svolgere nel suo comune di residenza.
Secondo il giudice, l’imputato è colui che la notte dell’8 febbraio del 2017, armato di spray viola e nero, aveva imbrattato con scritte i muri di un palazzo privato di vicolo Stretto, l’atrio della Banca popolare di Cremona di via Cesare Battisti e la facciata della procura in via Jacini. Non così per il suo difensore, l’avvocato Sergio Pezzucchi, secondo il quale mancavano le prove del suo riconoscimento. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 30 giorni.

Del tutto simili gli slogan apparsi quella notte: Ruba’, ‘Odio per voi’, ‘Brucia le banche’. Era anche stata imbrattata la macchina bancomat, che quindi era stata messa fuori uso, come pure la pulsantiera per l’ingresso dei dipendenti. Incitamento all’odio anche sui muri della procura: ‘Solo odio per i servi dello Stato’, ‘Liberi tutti’. Subito le indagini avevano preso la pista dell’area anarchica. Ad agire erano stati in due, uno totalmente a volto coperto e l’altro, chiamato ‘Ignoto 1’, parzialmente travisato. Una settimana dopo i fatti, Leopardi era stato fermato dagli agenti della Questura in via Postumia. Aveva gli stessi vestiti indossati la notte dell’8 febbraio, come riscontrato dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza. “Alto 1,80, piuttosto magro, di carnagione bianca, cuffia nera, scaldacollo nero, scarpe nere con tre righe bianche, zaino nero, occhiali da vista e un naso piuttosto importante”, così aveva raccontato al giudice il sovrintendente della Digos Gianpaolo Razzetti, che insieme ai colleghi aveva svolto le indagini. “Era lui senza ombra di dubbio”. Grazie alle immagini di videosorveglianza e di impianti privati, i poliziotti erano stati in grado di vedere il percorso effettuato dai due ragazzi, arrivati in bici prima in vicolo Stretto, poi in via Cesare Battisti e infine in via Jacini. Qualche giorno dopo i fatti, il 15 febbraio, una pattuglia della polizia in transito in via Postumia aveva notato tre ragazzi fermi a una fermata dell’autobus. Secondo la polizia, uno dei due, proprio Amerigo Raffaele Leopardi, “corrispondeva in toto” a uno dei due giovani ripresi una settimana prima dalle telecamere.

Sara Pizzorni

 

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