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Pizzetti: 'Governo della paura, non della prospettiva', così motiva il suo no

Un deciso attacco contro i personalismi di chi “preferisce fare il battitore libero, alla ricerca di una visibilità che indebolisce la visione di tutti e in particolare il Pd”. E’ stato il segretario provinciale del Pd Vittore Soldo ad aprire il dibattito sulla situazione locale e nazionale del partito, lunedì sera in assemblea provinciale. Soldo si riferisce a Renzi, di cui non condivide la scissione, ma anche a qualche esponente locale del partito che magari non si rende conto che “la logica dell’io indebolisce l’impatto e la forza del noi”. “C’è però una quota di responsabilità anche in noi che restiamo – ha aggiunto – siamo di fronte ad una riorganizzazione del partito che coinvolge i circoli e i circondari”, da fare diventare finalmente luoghi di dibattito “magari parlando più di cultura politica che di politica”.

Soldo non ha nascosto le difficoltà del partito in provincia, come qualche intervento più avanti farà Pizzetti riguardo al governo: “Parliamoci chiaro, alle provinciali saremmo andati a sbattere se avessimo candidato un esponente Pd o ad esso riconducibile. Non arrivavamo nemmeno alla metà dei voti ponderati necessari per vincere le elezioni. Questo ci ha portato a ragionare con i possibili alleati, convinti perdipiù che un presidente della Provincia debba innanzitutto rappresentare un territorio e non un partito”.

Luciano Pizzetti tra Santo Canale e Rodolfo Bona

L’intervento più atteso era quello del deputato Luciano Pizzetti, che per la prima volta ha spiegato alla platea dem cremonese, le ragioni del suo no al governo Conte Bis: “La discriminante non è stata ‘se’ si dovesse fare questo governo, ma ‘come’. La mia decisione è stata frutto di un percorso, iniziato dopo la sconfitta elettorale (del 2018, ndr), e sulla quale il Pd non ha mai sufficientemente ragionato. Ed è stata preceduta da una serie di atti consequenziali, tra cui, un mese prima le mie dimissioni da capogruppo di commissione”. Il Pd “ha tifato contro il suo avversario rinunciando a quello che avrebbe dovuto fare, ossia svolgere una funzione politica: era nostro dovere alzare il livello della competizione, dalla sconfitta doveva uscire l’embrione di una progettualità politica e si potevano inserire nel governo personalità di valore provenienti anche da altri ambiti della società civile. Non lo si è fatto”. Pizzetti usa parole dure verso coloro che nell’arco di qualche giornata sono passati dal ‘mai con i 5 stelle’ a un governo coi 5 stelle: e ciò è potuto succedere perchè “siamo diventati un partito rancoroso verso la società, come se ritenessimo un’ingiustizia il fatto che eravamo finiti all’opposizione”. Pizzetti cita altri temi che stanno ad indicare la frettolosità di un percorso non accompagnato da una seppur minima riflessione con il proprio elettorato:  “Abbiamo votato tre volte contro la riduzione dei parlamentari; adesso finiremo col votare a favore, dicendo che abbiamo strappato alcune garanzie”. Non era così che ci si sarebbe dovuti preparare ad andare al governo, “pensate che non c’è stata una sola riunione dei gruppi parlamentari quando si è trattato di decidere se allearsi coi 5 stelle”. Paradigmatico per il deputato anche il tema dell’immigrazione: “Il Pd è sempre stato il partito dell’accoglienza e dell’inclusione; ma ci siamo trovati nel mezzo di una globalizzazione che non è andata in quella direzione, tutt’altro. Non ce l’abbiamo fatta a risolvere il confitto che si è creato tra domanda di tutele crescenti e progressiva riduzione delle risorse e a fronte di una società che si è chiusa in se stessa, il partito non è riuscito a misurarsi con queste cose”. Col risultato che “quando Salvini va in televisione e urla una falsità, come quella che sono ripresi gli sbarchi, non c’è nessuno in grado di dirgli che non è vero”. Veramente lapidario il giudizio storico sul Pd, nato nel 2007 dalla messa in comuni dei valori della tradizione democratica, cristiana e liberale: “Il Pd è stato una bella intuizione, che suscitava belle speranze, che però hanno trovato la strada sbarrata”. E ancora sull’esecutivo in carica: “Senza che ci sia stata la necessaria discussione, questo è il governo della paura, non della prospettiva”.

Da ultimo, un invito a non sottovalutare Matteo Renzi: liquidarlo con battutine significherebbe non comprendere le motivazioni di questa scissione che investono buona parte della società g.b.

Galletti, Lisè, Burgazzi

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