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Assoluzione Paoloni. 'Minias' nell’acqua: ‘Lo spogliatoio era aperto anche ad altri'

Paoloni con l'avvocato Curatti

Il 26 marzo scorso in tribunale si chiudeva il capitolo giudiziario riguardante la parte della maxi inchiesta sul calcio scommesse rimasta a Cremona con l’assoluzione di Marco Paoloni e con le altre sentenze di assoluzione o il non doversi procedere per prescrizione nei confronti degli imputati della cosiddetta ‘terza associazione’. In questi giorni è stata depositata la motivazione della sentenza che spiega perchè Paoloni, 35 anni, ex portiere di Cremonese e Benevento, personaggio chiave dell’inchiesta che condusse a numerosi arresti anche eccellenti, non è stato riconosciuto colpevole di aver drogato sei persone, tra i suoi ex compagni di squadra e dello staff, mettendo il sonnifero ‘Minias’ nelle bottigliette d’acqua dei giocatori durante l’intervallo di Cremonese-Paganese del 14 novembre del 2010 per alterarne il risultato (la partita era finita 2 a 0 per i grigiorossi).

Paoloni è stato assolto con formula piena dall’accusa di adulterazione, il famoso articolo 440 del codice penale che punisce chi corrompe o adultera acque o sostanze destinate all’alimentazione, rendendole pericolose per la salute pubblica. Un reato che all’epoca aveva permesso agli inquirenti di chiedere le intercettazioni telefoniche. Ma “ai fini della configurazione del reato”, spiegano i giudici del collegio cremonese, anche alla luce di numerose pronunce della Corte di Cassazione, “è necessario che la situazione di pericolo prevista dalla norma attinga un numero indeterminato di persone, mentre nel caso di specie, in cui si è ipotizzato che il sedativo fosse stato inserito nelle bottigliette di acqua destinate allo spogliatoio della società Cremonese e quindi con utilizzo limitato ai suoi giocatori e al personale dello staff, appare di tutta evidenza che il numero di persone che poteva farne uso e che quindi potenzialmente poteva trovarsi in pericolo era chiaramente ristretto e limitato, come si evince anche dall’elenco delle persone presenti redatto dalla medesima società acquisito in dibattimento (risultano indicate complessivamente 44 persone presenti negli spogliatoi suddivise tra 22 giocatori e 18 appartenenti allo staff)”. “Ne discende pertanto”, si legge nelle 46 pagine della motivazione, “che il reato contestato non appare configurabile in considerazione di una mancanza di un numero indeterminato di utenti dell’acqua minerale portata negli spogliatoi”.

I giudici, inoltre, citando le dichiarazioni rese dal primo pentito dell’inchiesta, Carlo Gervasoni, ex giocatore della Cremonese che non era stato in grado di riferire se qualcuno dello staff fosse stato addetto al controllo delle bottiglie d’acqua dei giocatori che venivano lasciate incustodite e alle quali gli stessi continuavano a dissetarsi, non hanno potuto escludere con certezza “che anche altri componenti dello staff potessero aver accesso ai contenitori di bevande non più sigillate”. Non è stata raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio “che la somministrazione del sedativo sia avvenuta sicuramente veicolandolo nelle bottiglie d’acqua minerale e tenuto conto che anche altri avrebbero avuto la possibilità di accesso nell’area riservata per somministrare fraudolentemente il tranquillante nelle bottigliette di acqua”.

L’avvocato Curatti

“Una sentenza che mi ha dato molta soddisfazione”, ha commentato il difensore di Paoloni, l’avvocato Luca Curatti. Nella sentenza di assoluzione del 26 marzo scorso e nella successiva motivazione, i giudici hanno accolto in toto le argomentazioni contenute nell’arringa del legale della difesa, che, riguardo alla contestazione dell’articolo 440 del codice penale, ha sempre sostenuto che il reato non fosse configurabile: “In questo caso non c’è stato alcun pericolo per la salute pubblica, ed è grottesco poterlo paragonare a quanto contestato a Paoloni. Si parla di 24 bottiglie di acqua nelle quali sarebbe stato messo il Minias, provocando non meglio precisati malesseri, e comunque di un episodio avvenuto all’interno di uno spogliatoio chiuso”.

Nel processo, Marco Paoloni era imputato, ma figurava anche vittima di un tentativo di estorsione da parte dell’ex calciatore Antonio Bellavista, che dopo il fallimento di alcune scommesse avrebbe minacciato Paoloni, pretendendo la restituzione dei soldi giocati. Bellavista, che è stato assolto dall’accusa, avrebbe utilizzato espressioni minacciose nel corso di una telefonata del 22 marzo del 2011 nella quale avrebbe sollecitato il pagamento delle somme di cui Paoloni era debitore. Ma i giudici, seppur ritenendo “evidente il tenore di alcune frasi molto rudi e ricche di insulti nei confronti della parte lesa”, lo hanno ritenuto “in linea con l’atteggiamento di scommettitori delusi dalle false indicazioni e fortemente adirati per i mancati pagamenti di denaro che avevano dovuto anticipare per le puntate fatte dallo stesso Paoloni”. Per il collegio, “le modalità concitate di richiesta di ripianamento del debito non appaiono configurare nel contesto l’aggressività e la minaccia necessari per ritenere sussistere il reato di tentata estorsione”.

Sara Pizzorni

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