Omicidio, il movente: la vendetta contro la ex. Il gip sul rapinatore: 'Inverosimile'
Era morta da almeno 6 ore, la piccola Gloria, due anni, trovata dai soccorritori verso le 18 di sabato 22 giugno nella camera da letto dell’abitazione di via Massarotti al civico 4, residenza, dal primo giugno di quest’anno, del padre, Jacob Kouao Danho. Il corpo della piccola era sdraiato supino sul letto matrimoniale con una profonda ferita addominale. Il padre, invece, era sul pavimento della camera da letto, anche lui supino e ferito, ma cosciente. Al personale sanitario, il 37enne ivoriano, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dal fatto di aver ucciso la propria figlia, ha raccontato che la ferita all’addome se l’era procurata lui verso mezzogiorno.
Eppure al gip e al pm ha dichiarato per ben due volte di essere stato seguito, al suo rientro a casa con la bambina, da “un soggetto a lui sconosciuto che si sarebbe introdotto a casa sua e, armato di una pistola, lo avrebbe minacciato chiedendogli di dargli i soldi. Insieme avevano perlustrato le varie stanze della casa con lui che cercava di convincere il rapinatore del fatto che non c’era denaro nascosto, fino a che questi avrebbe usato il coltello preso dalla cucina e avrebbe colpito prima la bambina e poi lui”. Nell’interrogatorio, l’indagato ha anche precisato che “le porte di ingresso all’abitazione della camera da letto erano state chiuse a chiave dallo stesso aggressore e che l’uomo si era dato alla fuga uscendo dalla finestra della stanza”.
Ma il gip, come si legge nelle 13 pagine dell’ordinanza che dispone la custodia cautelare, non crede alla versione del 37enne, che dunque una volta dimesso dall’ospedale entrerà in carcere. Nel documento si parla di “assoluta inverosimiglianza” della ricostruzione dei fatti, di una versione “non plausibile” e “fantasiosa” e “palesemente inverosimile”. “Non si comprende nemmeno”, scrive il giudice, “per quale ragione il rapinatore, che avrebbe posto in essere una condotta a tal punto violenta al fine di ottenere del denaro – peraltro in danno di una bambina di soli due anni, avrebbe poi lasciato l’abitazione senza nemmeno appropriarsi della somma di 90 euro che gli era stata messa a disposizione dall’indagato, somma che è stata rinvenuta all’interno del suo portafogli”. Il giudice, anche in considerazione delle “numerose e palesi contraddizioni” riscontrate nelle dichiarazioni dell’ivoriano, ha ritenuto che “l’alterativa ricostruzione fattuale offerta sia assolutamente artefatta e che alla stessa non possa darsi alcun credito, in ragione della mancanza di coerenza interna, di logicità, di costanza, della totale assenza di riscontri esterni e del palese contrasto con gli ulteriori elementi in atti. La stessa descrizione delle modalità con cui il rapinatore gli avrebbe strappato Gloria dalle braccia e avrebbe poi colpito entrambi armato di coltello è peraltro assolutamente confusa ed intrisa di strategici ‘non ricordo'”.
Per il giudice, “proprio l’assenza di una alternativa e plausibile ricostruzione dei fatti, valutata in uno con il fatto che l’indagato si trovava da solo in casa con la figlia, con la porta di ingresso all’abitazione e la porta di accesso alla camera da letto chiuse dall’interno, sì da impedire l’ingresso a chiunque altro, e con le persiane della camera da letto semichiuse dall’interno, sì da escludere che chiunque possa essere uscito da quel varco dopo il delitto, consente di affermare con ragionevole e qualificato grado di sicurezza che lo stesso Danho sia l’autore del reato”. Sul movente, il giudice indica “il quadro di conflittualità tra l’indagato e l’ex compagna, la quale, solo nel febbraio del corrente anno, aveva deciso di denunciarlo per le lesioni patite a seguito delle quali aveva deciso di lasciare sia lui che l’abitazione familiare. Da quel momento l’uomo aveva insistentemente chiesto alla donna, anche per il tramite degli operatori della struttura, di fare ritorno a casa, incontrando però sempre un fermo rifiuto”. “Nella camera da letto dell’indagato”, spiega il gip, “è stata rinvenuta la pagina di un calendario riportante una foto di Gloria sul cui retro vi è una lettera scritta in lingua francese e dalla cui lettura emerge chiaramente il sentimento di rancore che egli prova nei confronti della donna”. Secondo l’ivoriano, la ex compagna non avrebbe mai voluto bene a Gloria, tanto che lui “si sentiva legittimato a disporre della bambina, fino ad arrivare a toglierle la vita come se fosse solo sua”. Il giudice parla di “un’indole spiccatamente vendicativa e violenta” dell’indagato “che si è mostrato fortemente determinato a realizzare il proprio desiderio di vendetta nei confronti della ex”.
LE DICHIARAZIONI DELLA MADRE – Agli inquirenti, Isabelle Audrey, la madre di Gloria, ha riferito che gli incontri tra padre e figlia erano monitorati e che, mentre il primo era avvenuto in presenza degli assistenti sociali, gli ulteriori erano avvenuti in modo libero, seppur previamente concordati e con una frequenza di una volta alla settimana. Sabato 22 giugno Jacob aveva chiesto di poter trascorrere con la figlia tutta la giornata in quanto sarebbe stato in ferie. La richiesta, come si legge nell’ordinanza, era stata presentata via mail al personale della struttura protetta dove madre e figlia erano ospitate dopo il violento litigio che il 37enne aveva avuto con la moglie lo scorso 22 febbraio. “L’educatrice, dopo essersi confrontata con gli assistenti sociali, aveva dato il suo benestare, anche tenuto conto del fatto che lui aveva sempre rispettato gli orari e le prescrizioni impostegli e che la bambina era sempre serena e contenta dopo aver trascorso il pomeriggio con il padre”. Agli inquirenti, Isabelle ha sottolineato il fatto che più volte, anche attraverso gli operatori della struttura, “l’indagato le aveva chiesto di far ritorno a casa e di pensare alla bambina. Lei, però, gli aveva esplicitamente detto di non avere alcuna intenzione di riprendere la loro relazione, pur desiderando che lo stesso mantenesse un buon rapporto con la figlia”.
LE TRACCE TROVATE NELL’ABITAZIONE – Nella casa del delitto gli uomini della Scientifica hanno trovato varie tracce di sangue, sia sotto il corpo di Gloria, con una chiazza che si estendeva al materasso, sia per terra e su un piumone trovato accartocciato al lato sinistro del letto. Tracce di sangue sono anche state rilevate sul pavimento nell’angolo accanto alla porta dove è stato trovato disteso il padre di Gloria. Nascosta sotto una trapunta matrimoniale sul pavimento al lato sinistro del letto è stata trovata l’arma del delitto, un coltello da cucina con manico blu, la cui lama era completamente ricoperta di sangue già essiccato. Tra gli oggetti sequestrati, oltre agli indumenti ed ad alcuni oggetti, anche lo scontrino di un lecca lecca che l’indagato aveva acquistato per la figlia prima di ucciderla.
Sara Pizzorni