Cronaca

Politeama, teatro dimenticato: 50 anni fa la chiusura, da allora nessuna ipotesi di recupero

Le riprese sono state realizzate nel 2011

A venti metri da corso Campi. A cento dai Giardini Pubblici. Incastonato tra via Cesare Battisti e via Arisi. E’ il vecchio teatro Politeama Verdi. Il grande dimenticato di questa e delle precedenti campagne elettorali. Forse per pudore, forse perché alcuni candidati non sanno neanche della sua esistenza. Eppure potrebbe essere una risorsa per il centro città, del costo di un appartamento di tre stanze. E’ chiuso esattamente da 50 anni, da quel 1969 in cui la commissione di vigilanza dei pubblici spettacoli ne decretò la chiusura. Per la verità del vecchio cinema, e ancor prima glorioso teatro, non è rimasto molto: la platea è un grande vuoto.
Le porte traballanti delle uscite di sicurezza permettono di scrutare comunque all’interno. Lo spazio della platea del teatro c’è ancora. Mancano gli arredi, mancano gli stucchi (che dovrebbero essere stati conservati da chi ci ha messo mano) ma quella che la Soprintendenza definisce “spazialità” c’è ancora tutta. Purtroppo sono spariti i palchi, il loggione, le gallerie. Il tutto per ricavarvi dei minialloggi recuperati anche nei locali accessori. Un’operazione sciagurata che ha privato la città di un gioiello, restituendo, ad oltre trent’anni dalla rinuncia del Comune all’attuazione del programma di recupero, sostituito in questo dalla Cooperativa Campi, una sala vuota. La Soprintendenza ha raccomandato la “salvaguardia della spazialità” e quella c’è ancora tutta, con il cupolone visibile anche da corso Campi.
Il Teatro Politeama Verdi è sorto sulle ceneri del Teatro Ricci. Questo era stato inaugurato nel 1860, ad Italia quasi unificata, ma distrutto da un incendio nel 1896. Sulla stessa area è sorto nel 1897 l’attuale Politeama Verdi su progetto dell’architetto Achille Sfondrini, un genio nella costruzione dei teatri. Sono suoi il Lirico di Milano, lo Storchi di Modena, il Verdi di Padova, l’Opera di Roma e l’Apollo di Lugano, tutti teatri tuttora funzionanti e che hanno avuto ben diversa fortuna rispetto a quello cremonese.
Elementi caratteristici dell’edificio erano la cupola in ferro gemella di quella del Lirico di Milano, le decorazioni con stucchi delle pareti interne e dei soppalchi, il sipario ora disperso e la perfetta acustica. Ma a far “brillare” il politeama erano le decorazioni floreali, gli stucchi, le colonne e le colonnette fuse in ghisa. L’interno del teatro era tutto dipinto in bianco ed oro, con decorazioni stile Luigi XV, opera dello scultore Vincenzo Guindani. Gli stucchi erano stati realizzati da Ravanello ed Urio di Milano; i laterizi e le mattonelle provenivano dalla ceramica Frazzi e dallo stabilimento Repellini. Il sipario del teatro era opera di Antonio Rizzi, autore anche del sipario del Ponchielli. L’allegoria dipinta rappresentava una donna ricoperta di veli evanescenti. Venne inaugurato ufficialmente il 6 gennaio 1898 con l’opera lirica Bohème e chiamato semplicemente Politeama. Nel 1901 venne dedicato a Giuseppe Verdi che, arrivando in città da Busseto, più volte aveva visitato il cantiere del teatro. I posti disponibili, all’epoca, erano 1500, suddivisi fra platea, palchetti, 2 gallerie e loggione. Vi si rappresentavano numerosi tipi di spettacoli: la lirica, la prosa, le operette, il circo, la boxe, le feste di carnevale. Negli anni a cavallo dell’ultima guerra è stato trasformato in cinema-teatro per riviste e, negli ultimi anni della sua vita a cinematografo con lo schermo panoramico bloccante il boccascena.
L’emozione e la reazione alla strage dovuta all’incendio del cinema Statuto a Torino, provocò un giro di vite in molti locali pubblici italiani ed anche ai cremonesi. La locale Commissione Prefettizia di Vigilanza sugli edifici destinati a pubblici spettacoli, per le norme di prevenzione degli incendi, tolse l’agibilità al Politeama Verdi, Era il 1969 e per il vecchio teatro iniziò la fine.

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