Cronaca

'Norme caratterizzate da preoccupante cinismo': penalisti in sciopero

L’Unione Camere Penali Italiane ha indetto tre giornate di astensione (8-9-10 maggio) dalle udienze degli avvocati penalisti “per stigmatizzare una serie di leggi approvate in rapida successione da un Parlamento che, in una materia delicata e complessa come il diritto penale, traduce slogan populisti e giustizialisti in leggi senza preoccuparsi della compatibilità e del coordinamento con il complessivo sistema normativo e, soprattutto, con la Costituzione”. “Ciò avviene”, si legge nella nota della Camera Penale della Lombardia Orientale, “nonostante pareri radicalmente negativi espressi non solo dagli avvocati penalisti, ma anche dell’Associazione Nazionale Magistrati, dal Consiglio Superiore della Magistratura e dagli Accademici”

Ci si riferisce, innanzitutto, “alla riforma che esclude l’accesso al rito abbreviato per chi è accusato di reati punibili con la pena dell’ergastolo. Si tratta di un’esclusione del tutto irragionevole ed ingiustificata: anche la norma previgente consentiva al giudice di irrogare, anche in esito al giudizio abbreviato, l’ergastolo. Unico effetto concreto della riforma sarà la spettacolarizzazione degli eventi processuali con conseguente intasamento delle Corti d’Assise gravate da un carico insostenibile di processi per loro natura complessi, per contro definibili più rapidamente e allo stato degli atti di indagine proprio con il giudizio abbreviato. A questo si aggiunga l’incoerenza dell’odierno legislatore quando, per risolvere il problema della irragionevole durata dei processi, auspica nuove misure per incrementare proprio quello stesso rito abbreviato.

Fuorviante, inoltre, appare la nuova disciplina della ‘difesa legittima sempre!’ che, depurata dell’effetto propagandistico, si rivela incompatibile con i fondamentali principi del diritto penale i quali solo eccezionalmente, caso per caso e previa valutazione del giudice sull’esistenza di un effettivo ‘stato di grave turbamento’, consentirebbero la non punibilità, come anche il presidente della Repubblica ha voluto sottolineare. Troppo spesso assistiamo ad interventi su situazioni definite e proposte come ‘emergenze’ senza esserlo concretamente: le statistiche citano di soli tre casi di legittima difesa domiciliare giudicati nel 2005, due nel 2006 e quattro nel 2007. Il rischio vero è quello di diffondere l’erronea convinzione che la vittima di un’invasione o aggressione domiciliare debba essere, per ciò soltanto, assistita da impunità qualunque sia la sua reazione: sia ben chiaro che così non potrà mai essere, nemmeno con questa riforma.

Esiste poi il problema veramente drammatico della violenza sulle donne, cui il legislatore sa rispondere solo con l’inasprimento delle pene, fino all’introduzione di sanzioni neobarbariche quali quelle chimico-corporali, senza rendersi conto di non doversi sempre porre alla costante ricerca di nemici sociali da combattere ed annientare. La soluzione imporrebbe interventi organizzati e strutturati di natura culturale ed educativa, il cui concepimento è certamente più impegnativo e faticoso, ma anche socialmente più utile, rispetto al mero inasprimento di sanzioni penali già esistenti o alla limitazione di diritti e garanzie difensive, si badi bene, di ognuno di noi che la Carta costituzionale continua a considerare innocente, e non ‘presunto colpevole’, fino alla sentenza definitiva.

Si cominciano, inoltre, a percepire gli effetti della ‘spazza corrotti’, prodotto di politica normativa tanto decantato, ma svilito dalla dimenticanza di doverose norme transitorie, che ha già iniziato a creare situazioni di concreta ingiustizia con un importante e sostanziale cambiamento delle regole rese ingiustificatamente applicabili anche a coloro i quali erano stati giudicati sulla base di normative differenti che, per esempio, consentivano, solo entro certi limiti, l’applicazione di misure alternative alla detenzione carceraria. Del resto, la decisione di non dare corso alla riforma dell’ordinamento penitenziario non fa che incrementare il sovraffollamento delle carceri, mortificando ogni giorno i più elementari diritti che anche le persone detenute hanno. Non solo, ma questa incontenibile frenesia per la carcerazione (purchè altrui) rischia di rendere irrealizzabili i percorsi di reinserimento e risocializzazione, unici obbiettivi meritevoli di essere perseguiti nella fase esecutiva della pena.

Quella stessa frenesia appare, invece, totalmente annacquata dalla sostanziale abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, scelta che travolgerà definitivamente ogni argine costituzionale a tutela della ragionevole durata dei processi e che tradisce un chiaro disinteresse a favorire e a migliorare il funzionamento degli uffici giudiziari.

Infine, il ‘decreto sicurezza’ ha decretato solo l’aumento di coloro i quali devono essere considerati ‘irregolari’ ai fini della cancellazione della protezione umanitaria, senza migliorare minimamente né l’operatività, né le condizioni, sempre più drammatiche, dei centri di permanenza per l’accertamento dell’identità e per il rimpatrio”.

Per queste ragioni gli avvocati penalisti italiani hanno proclamato tre nuove giornate di astensione dalle udienze, volendo così lanciare un “forte segnale di allarme per la sconsiderata ed ossessiva ricerca di norme sempre più caratterizzate da preoccupante cinismo, inutilmente punitive e in palese contrasto con i principi della Costituzione, senza mai rivelarsi realmente efficaci rispetto agli obbiettivi dichiarati”.

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