Violenza 'omofoba' in centro La vittima: 'Ho preso 20 minuti di pugni perchè sono gay'
“Ho preso per venti minuti pugni in testa perchè sono gay”. A parlare con enfasi e con trasporto e a tratti con la voce rotta dall’emozione è Domenico Centanni, 37enne istruttore di fitness, palermitano d’origine e da qualche tempo trasferitosi da Cremona a Verbania. La sera del primo marzo 2016, all’inizio di corso Mazzini, Domenico, omosessuale dichiarato, era stato preso a calci e pugni dall’imputato, Adnen Hamraoui, 35enne tunisino, ed era finito in ospedale con naso e mascella fratturati e contusioni alla testa e al torace. Prognosi di 25 giorni. Oggi il processo che vede l’aggressore accusato di lesioni è entrato nel vivo con le prime testimonianze. Soprattutto quella della vittima, che solo oggi, a causa di un errore di notifica, ha potuto costituirsi parte civile.
Domenico e Adnen si conoscevano di vista. Frequentavano la stessa palestra di vicolo Stella. “Quella sera”, ha spiegato la vittima, “avevo appena finito di tenere un corso. Quando sono uscito dalla sala, mi sono sentito dire: ‘Meglio che te ne vai, perchè altrimenti ti ammazzo qui davanti a tutti’. Di fianco c’era la sala attrezzi dove c’era anche Adnen. Appena sentite quelle parole mi sono girato. Era lui che le aveva pronunciate. Gli ho chiesto perchè, ma non ho ricevuto risposta e quindi ho raggiunto gli spogliatoi. Quando sono uscito c’era del trambusto. C’era un gruppo di persone, lui compreso. Io sono entrato in ascensore e lui è entrato con me insieme ad un’altra persona. Anche lì gli ho chiesto spiegazioni, e lui mi ha risposto: ‘Non ti preoccupare che adesso te lo spiego’. Usciti dall’ascensore, lui mi ha strattonato e io sono corso fuori verso corso Mazzini. Da lì ho preso tante, ma tante di quelle botte. Me lo sono trovato davanti. Lui mi ha dato una testata in fronte che mi ha stordito. Nel frattempo un ragazzo ha cercato di dividerci, Adnen mi teneva con una mano per il collo e con l’altra mi colpiva in testa e in faccia. ‘Brutto finocchio di m…’, adesso ti faccio vedere cosa fanno quelli del mio paese a quelli come te”. “Il tutto”, ha continuato a raccontare Domenico, “è durato una ventina di minuti. Poi da piazza Roma sono arrivate altre persone che hanno dato man forte al mio aggressore”. “‘Ti conviene scomparire da Cremona’”, mi ha detto, e poi è arrivata la polizia”.
In aula, Domenico, che lavorava in un supermercato cittadino, ha riferito che quando era rientrato al lavoro alcuni amici dell’imputato lo avevano cercato per chiedergli di ritirare le accuse. La vittima, che oltre a problemi fisici aveva cominciato a soffrire anche di attacchi di panico, ha anche sostenuto di essere stato cercato dallo stesso Adnen sul luogo di lavoro. “Per questo motivo”, ha spiegato, “ho chiesto il trasferimento a Verbania. Mi è costato, dopo undici anni a Cremona, ma è stato per salvaguardare la mia salute”. “Il mio orientamento sessuale”, ha detto Domenico, rispondendo ad una domanda del suo avvocato, “era noto agli amici, si sapeva nell’ambiente”.
Non era la prima volta che Adnen e Domenico si incrociavano. “Un mese prima”, ha riferito l’istruttore di fitness, “mentre stavo facendo lezione in palestra ad un gruppo di ragazze, lui era entrato. Gli avevo chiesto di allontanarsi e di chiudere la porta e lui, prima di lasciare la sala, mi aveva detto in tono minaccioso che me l’avrebbe fatta pagare”.
Se Domenico ha collocato quell’episodio un mese prima del pestaggio, Adnen, invece, sostiene sia successo la sera stessa dei fatti e che sia stato proprio quello il motivo che li ha poi portati ad affrontarsi, e che il movente dell’omofobia non c’entra nulla. L’imputato, residente da tempo a Cremona, sposato con tre figli e con un lavoro nel campo della sicurezza nei supermercati, lo dirà al giudice nel corso della prossima udienza. Nel frattempo ha già anticipato di non aver mai avuto problemi con i gay e di avere tanti amici omosessuali. “Quella sera, quando sono entrato a vedere la lezione”, ha ricordato Adnen, “Domenico mi ha detto in malo modo di uscire dalla sala. E’ stato lui a provocarmi. Mi ha detto di aspettarlo, se avevo il coraggio, e io gli ho detto che andava bene. Ho aspettato che facesse la doccia e poi siamo andati fuori. Quando lui mi ha preso per la giacca non ci ho più visto. Mi spiace solo che la peggio l’abbia avuta lui. Non ricordo nemmeno di aver pronunciato insulti omofobi”. Al processo, l’imputato è difeso dall’avvocato Luca Curatti.
Oggi in udienza ha testimoniato anche la titolare della palestra, che ha riferito di aver visto dalla reception i due discutere, e un’altra ragazza che quella sera era presente. Quest’ultima ha riferito di aver visto Adnen mettere le mani addosso a Domenico e di averlo sentito pronunciare quegli insulti omofobi. La testimone aveva anche accompagnato Domenico in ospedale. Lì c’era anche un parente di Adnen, uno zio. L’uomo, da quanto ricordato dalla ragazza, avrebbe detto che se il nipote aveva reagito così era perchè forse era stato toccato nei valori”.
Si torna in aula il prossimo 15 luglio.
Sara Pizzorni