Cultura

Sophia Hayden, il breve sogno di una donna architetto dell'800 partì dal Torrazzo

Ricerca e testo di Marco Bragazzi
Da decenni è considerata la migliore università del mondo, è situata a Boston e ha come acronimo MIT, ovvero Massachusetts Institute of Technology. Da questa Alma Mater sono usciti o vi hanno insegnato grandi scienziati, svariati premi Nobel ma anche, per gli appassionati di fumetti, Tony Stark ovvero Iron Man e il suo collega super eroe Reed Richards ovvero Mr. Fantastic dei Fantastici Quattro. Tra le decine di premi Nobel e gli eroi che proteggono la Terra dalle mire espansionistiche del Dottor Destino nel 1890 “si infila” una ragazza, di nome Sophia Hayden, la quale “cambiò le regole” di quella che è una delle più grandi istituzioni scientifiche esistenti. La giovane Sophia, nata in Cile nel 1868, fu la prima donna a laurearsi nella facoltà di architettura della prestigiosa accademia seguendo il corso, tutt’ora valido in quasi tutte le università statunitensi, di 4 anni per il completamento degli studi.

La Hayden, a modo suo, contribuì alla emancipazione femminile ottenendo una laurea laddove, per una ragazza, era già difficile entrare, in quanto ai tempi il mondo delle opere architettoniche pareva gestibile solo dagli uomini. La carriera della Hayden comincia anche grazie a Cremona, infatti in un concorso interno per studenti nel 1889 e poi pubblicato sulla prestigiosa rivista di architettura del MIT, la giovane studentessa propose un progetto che era un “mix” tra il Torrazzo e la Torre di Giotto di Firenze. Il suo progetto, chiamato semplicemente “A Campanile” sintetizza quello che era il concetto di torre campanaria, quindi separata dal corpo della chiesa, partendo da uno stile che voleva ricordare il Torrazzo e la torre fiorentina. Il risultato dei disegni e della idea di partenza, di certo gradevole, lascerà a bocca aperta la commissione universitaria, ovviamente un cremonese potrà esprimere parecchie perplessità sulla struttura proposta in quanto tutti i giorni può osservare da vicino il Torrazzo, ma alla fine del XIX secolo molte costruzioni negli Stati Uniti volevano, o avrebbero voluto, richiamare le ben più note opere europee e soprattutto italiane.

La Hayden si impose sui colleghi maschi aprendosi la strada verso la agognata, ma meritatissima, laurea che avrebbe cambiato la storia della facoltà di architettura dell’MIT. Sophia Hayden era innamorata della architettura tardo romanica e rinascimentale italiana, tanto da da progettare e creare, a Boston, il Museo delle Arti Rinascimentali, vero e proprio trampolino di lancio verso quello che doveva diventare il progetto di consacrazione del suo talento, ovvero il progetto del Padiglione Femminile per la Fiera Colombiana di Chicago del 1893, fortemente voluta per ricordare i 400 anni dalla scoperta dell’America. La innovativa Fiera avrà un impatto architettonico unico e rivoluzionario sulla città americana, basti pensare che fu il primo evento completamente illuminato da corrente alternata grazie ad un progetto del fisico Nikola Tesla. Ma il progetto per il Padiglione Femminile fu la sua rovina professionale, la Hayden non era in grado di gestire le unità incaricate alla costruzione e, dopo mesi di forte stress nella gestione dei rapporti tra il committente e i costruttori, l’architetto ebbe un collasso nervoso che la allontanò in maniera quasi definitiva dalle scene professionali tanto che, negli ambienti architettonici di allora, venne coniato il cinico motto “le donne non sono in grado di progettare e costruire edifici”. Lo shock professionale e umano fu fortissimo e costrinse uno dei grandi talenti della architettura statunitense di allora a ritirarsi a vita privata talento che, grazie anche a Cremona, cominciò la sua brillante ma purtroppo breve carriera.

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