Cronaca

Matrimoni combinati per far ottenere il permesso di soggiorno. 44 gli indagati

La procura di Cremona, nella persona del pm Milda Milli, ha chiuso le indagini relative ad un’inchiesta della guardia di finanza su matrimoni combinati per ottenere il permesso di soggiorno. Un’indagine che ha toccato diverse città, tra cui Cremona, Gadesco Pieve Delmona, Castelvetro Piacentino, Fidenza, Salsomaggiore Terme, Fiorenzuola d’Arda, Busseto e Alseno. 44 gli indagati. Tra loro, pakistani, albanesi, romeni e un italiano, difesi dagli avvocati Marco Simone, Gianluca Pasquali, Alessio Romanelli, Marcello Lattari, Stella Abbamonte, Ugo Carminati, Luca Curatti e Vito Alberto Spampinato. Le accuse vanno dal favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina al falso ideologico in atto pubblico mediante induzione in errore di pubblico ufficiale.

In sostanza gli indagati, dietro pagamento, utilizzavano l’atto di matrimonio per far ottenere a cittadini extracomunitari il permesso di soggiorno, facendoli sposare con donne italiane o cittadine europee, tra cui romene e albanesi. Per il finto matrimonio veniva chiesta una somma non inferiore ai 12.000/13.000 euro. Considerati dagli inquirenti gli organizzatori della gran parte dei matrimoni, i fratelli pakistani Muhammad Luqman e Anjum Shahzad, titolari del negozio di Kebab di via Manzoni, e un italiano, Antonino Terrasi, quest’ultimo considerato una sorta di intermediario tra il falso sposo bisognoso di ottenere il permesso di soggiorno e le donne che si rendevano disponibili, dietro compenso, a sposarli. Una ventina i matrimoni fasulli celebrati tra il 2014 e il 2017.

Tra gli sposi non ci sarebbero state neppure brevi convivenze. Molti non si conoscevano nemmeno. Alla fine del matrimonio, ognuno tornava a casa sua o dalle fidanzate, quelle vere. In un caso, una coppia di fidanzati italiani, lei 18 anni, studentessa liceale cremonese, e lui 22enne, non avevano esitato, di fronte alla promessa di una ricompensa economica, a favorire l’illecita permanenza sul territorio di un cittadino pakistano. Il matrimonio tra quest’ultimo e la 18enne era stato celebrato il 28 ottobre del 2017. Falsi gli sposi, falsi i testimoni e falsi gli interpreti. Ad insospettire gli ufficiali di stato civile, infatti, c’erano anche problemi inerenti la lingua: alcuni parlavano solo inglese, mentre le mogli non sapevano una parola.

Durante le indagini, la finanza si era anche avvalsa dell’uso di telecamere nelle sale comunali, mentre durante uno degli appostamenti dei finanzieri in borghese, l’unico italiano dei falsi sposi era stato visto in pizzeria con la sua storica fidanzata italiana e non con la moglie con cui si era appena sposato. Nel corposo fascicolo delle indagini è contenuto anche un nutrito numero di intercettazioni. In diverse telefonate, ad esempio, gli interlocutori ironizzano in merito al matrimonio che si è appena celebrato, lasciando chiaramente intendere, secondo gli inquirenti, che si è trattato di una ‘messa in scena’.

Ora, una volta ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini, tutti gli indagati potranno presentare memorie, produrre documenti e chiedere di essere sottoposti ad interrogatorio. Dopodiché per loro potrebbe profilarsi la richiesta di rinvio a giudizio, un atto che presuppone l’esistenza di elementi per sostenere un’accusa in giudizio nei confronti degli stessi indagati. Alcuni di loro, però, avrebbero già intenzione di patteggiare.

Sara Pizzorni

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