Cultura

Stradivari superstar nella Russia della guerra fredda

A destra, Stradivari e Amati nello sceneggiato russo

di Marco Bragazzi

Antonio Stradivari e Cremona oltre la cortina di ferro. Siamo in Russia nel 1972, la guerra fredda è ai massimi livelli, lo scontro verbale, psicologico e spionistico tra i paesi aderenti al Patto di Varsavia e la NATO è sul filo del rasoio verso una possibile ecatombe nucleare. Da entrambe le parti il boicottaggio dei differenti “stili di vita” è continuo, negli stati legati all’URSS la “decadenza dei costumi occidentali” viene continuamente proposta ai cittadini come modello da non imitare, personaggi storici o parti della storia moderna vengono completamente rivisti e a volte cancellati dalle fonti storiografiche. In questo contesto storico si inserisce, in maniera prepotente, Antonio Stradivari grazie al suo pezzo di storia che forse anche nella Russia di allora andava mantenuta inalterata.

Nella Russia che si preparava allo storico incontro di maggio tra Breznev e Nixon a Mosca arriva nelle librerie un’opera dei fratelli Arkady e Georgy Wayner, considerati tra i massimi scrittori e sceneggiatori russi del dopoguerra. L’opera in sé ha un profilo poliziesco, infatti racconta delle vicende legate al furto di uno dei violini del maestro cremonese e alle peripezie, prima psicologiche e poi professionali, del capitano della Polizia Criminale di Mosca George Dapkhvadze.

I fratelli Weymar
La locandina di ‘Visita al Minotauro’

Il libro in sé non rappresenta una novità, i violini cremonesi sono stati storicamente oggetto di furti o imitazioni, ma per i fratelli Wayner la storia da raccontare è un’altra, ovvero quella di Stradivari tanto che, nel corposo tomo, gli sceneggiatori fanno rivivere la vita del liutaio attraverso continui flashback che si intersecano nella Mosca del 1972 e nel lavoro del capitano Dapkhvadze.

Il richiamo a Cremona e al lavoro di Stradivari è continuo, da quando entrerà come apprendista nella bottega di Nicola Amati, alla scelta dei materiali e delle vernici per le sue creazioni e agli affetti che hanno caratterizzato l’epopea del maestro. Nel testo si racconta senza mezzi termini di come l’allievo riesca a superare il maestro così come, agli occhi dei fratelli Wayner, il maturo e famoso Stradivari, nonostante l’enorme fama e le grosse disponibilità economiche di cui disponeva, manterrà sempre la massima concentrazione la ricerca di migliori soluzioni nell’arte liutaia. L’incredibile dedizione ai violini di Stradivari ha però il suo profilo più profondo e nero, quello di una vita familiare struggente e segnata dai lutti e da enormi problemi personali. Il dramma di tanta fama passa attraverso il lato più impenetrabile della sua vita, dalla morte della moglie alla triste consapevolezza arrivata a fine carriera di non essere stato in grado di trasmettere ai figli il talento che lui aveva manifestato a casa Amati.

L’immagine finale che lasciano i fratelli Wayner del maestro è quella di uno Stradivari vecchio e stanco che si commuove ascoltando il suono di un violino creato dal giovane Giuseppe Guarneri del Gesù, liutaio maturo e dotato che lo stesso Stradivari aveva rifiutato come praticante anni prima. La simbiosi tra il capitano Dapkhvadze e il liutaio cremonese è evidente, così come Stradivari ha sacrificato tutto per la sua arte allo stesso modo l’ufficiale di Polizia ha sacrificato se stesso e i suoi affetti nella lotta alla crescente criminalità russa, le paure che attanaglieranno il maestro sono le stesse che “fanno visita” nei pensieri del poliziotto. Il libro prenderà il titolo di “Visita al Minotauro” dando origine anche a due sceneggiature per celluloide.

Nel 1974, pur con tutti i limiti tecnici ed economici della Russia di allora, vi sarà un primo approccio cinematografico al libro che prenderà il titolo di “Night visit” dove, senza l’ausilio di flashback e con pochissimi esterni, si ripercorrerà la vicenda del furto e la storia di Stradivari con ambientazione Leningrado. Ben diversa sarà la seconda sceneggiatura, a puntate, che prenderà il titolo originale di “Visita al Minotauro”. Girata nel 1987, quando la cortina stava svanendo, la serie ha tutti gli annessi e connessi di un lavoro volto a valorizzare al meglio il libro. Il protagonista è l’attore Sergey Shakurov, premiatissimo in madrepatria, il quale si sdoppierà tra Antonio Stradivari e il pubblico ministero Tikhnov, dando vita a quella trama sostanzialmente invariata ma che si arricchisce di riprese in esterno e di una sorta di ricostruzione della Cremona del 1700. Un lavoro encomiabile per l’epoca, volto a far rivivere la città e la vita del grande liutaio. Come per molte opere non sembrerebbe purtroppo esistere una versione italiana, ma i fratelli Wayner hanno saputo trasportare Cremona e Stradivari oltre la cortina di ferro.

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