Cronaca

Neonato gravissimo dopo infezione contratta in ospedale Risarcimento di 240 mila euro

L’avvocato Brambilla

Nella causa civile intentata dai genitori di un bimbo che appena nato è stato infettato da un pericoloso batterio per il quale ha rischiato seriamente la vita, il giudice Giorgio Scarsato ha condannato l’ospedale di Cremona ad un risarcimento intorno ai 240.000 euro, tra capitale riconosciuto al bimbo e risarcimento per i genitori. Cristian, che ha sei anni e mezzo, oggi sta bene. Appena nato, a salvargli la vita erano stati i medici dell’ospedale di Bergamo dopo averlo sottoposto d’urgenza ad una delicata operazione di asportazione del colon. Uno dei primi casi di questo genere con un neonato come paziente. Il batterio, lo hanno stabilito le perizie mediche, è stato senza dubbio contratto in ospedale a Cremona. Il batterio è quello del Clostridium difficile, secondo le ricerche mediche uno dei peggiori che può essere causa di sintomi particolarmente severi e pericolosi. L’infezione si manifesta spesso a seguito di aggressive terapie antibiotiche e la diffusione è molto comune in ambiente ospedaliero.

Cristian è nato il 16 novembre del 2012. Le sue condizioni di salute erano perfette. Poche ore dopo la nascita, però, ha contratto l’infezione che lo ha portato molto vicino alla morte. La sera stessa della sua nascita è stato trasferito nel reparto di Terapia Intensiva dove è rimasto per sei giorni in condizioni disperate. Poi, al suo sesto giorno di vita è stato disposto il trasferimento d’urgenza a Bergamo. Secondo i medici, aveva il 10% di possibilità di essere salvato. Il miracolo è avvenuto grazie ad un’operazione di asportazione del colon che gli ha salvato la vita.

La causa, intentata dai genitori del piccolo Cristian, è iniziata nel 2015. Secondo la famiglia, assistita dall’avvocato Paolo Brambilla, l’ospedale di Cremona avrebbe “tardivamente diagnosticato ed erroneamente trattato dal punto di vista medico l’infezione” e non avrebbe “intrapreso un’azione di prevenzione della diffusione del batterio, pur essendo questo causa di una delle infezioni nosocomiali più diffuse”. La causa è andata avanti per anni a colpi di perizie. Secondo il consulente del tribunale, il batterio ha avuto certamente origine ospedaliera, ma l’ospedale, sempre per l’esperto, ha fatto tutto il possibile per evitare l’infezione, mentre per il consulente di parte c’è stata un’incapacità, da parte dell’Azienda, di gestire il caso.

Nelle 20 pagine di motivazione della sentenza, il giudice Scarsato ha ritenuto che l’ospedale “non abbia assolto adeguatamente l’onere probatorio su di esso gravante di dimostrare di avere approntato ogni adeguata misura di prevenzione, fra quelle indicate dalla Comunità Scientifica, per prevenire la colonizzazione da Clostridium, tale per cui si possa concludere che la colonizzazione patologica di Clostridium in capo a Cristian possa ritenersi evento non prevenibile”. E poi ci sono i risvolti fisici e psicologici. Nella motivazione, il giudice ne ha tenuto ampiamente conto. “In primo luogo”, si legge, “va debitamente considerata, quale conseguenza non ordinaria dell’evento, il fatto che, fino a quando è stata posta la stomia al suo intestino, nei suoi primi sei mesi di vita, praticamente Cristian non sia mai uscito di casa, in quanto vi era il timore che il contatto con estranei o l’essere portato all’esterno fosse occasione di contrazione dei normali virus influenzali che avrebbero infettato la stomia e aggravato la sua condizione. In secondo luogo il fatto che la persona danneggiata fosse un neonato. In presenza di una resezione del colon di pari estensione, a parità di sintomi clinici, trattamento alimentare differenziato e necessità di trattamenti medici, vi è una maggiore sofferenza delle conseguenze cliniche in un minore, perchè ha minore resistenza al dolore, risulta più turbato ed ha minore capacità reattiva e gestoria a fronte dei sintomi clinici”. “Sintomi clinici”, scrive il giudice, “che hanno accompagnato Cristian per lungo tempo, fino almeno a novembre 2016, per quattro anni”. Un danno anche per i genitori che “hanno patito una significativa sofferenza interiore e subito e subiscano un significativo peggioramento delle proprie abitudini di vita”.

Sara Pizzorni

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