Cronaca

Traffico di migranti: per gli imputati, condanne ridotte in appello. 8 anni la pena più alta

L’avvocato Beber

Si è concluso con 21 condanne a Milano il processo in corte d’assise d’appello sulla maxi indagine della squadra mobile di Cremona che nel gennaio del 2017 aveva sgominato un’associazione per delinquere transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina operante sul territorio nazionale, con contatti diretti con soggetti esteri, trafficanti e scafisti, in particolare in nord Africa e in tutta Europa. Un gruppo dedito all’organizzazione, mediante l’ausilio di “passeur”, di viaggi di immigrati (clandestini o rifugiati), i quali, dopo aver attraversato il mar Mediterraneo ed essere giunti in Italia, previo pagamento di somme di denaro, venivano trasportati dal sud Italia a Milano e poi oltre il confine nazionale, specie lungo la frontiera di Ventimiglia, con destinazione finale il nord Europa.

Nove le persone che in primo grado avevano scelto il rito ordinario, mentre altre dodici erano state processate con l’abbreviato. Per tutti, i giudici hanno ridotto le pene inflitte in primo grado.

Uno dei cosiddetti ‘reclutatori’, Kamel Chaabani, 48 anni, tunisino, assistito dall’avvocato di Cremona Guido Priori, è stato condannato a quattro anni e dieci mesi invece dei sette anni e sei mesi del primo grado. Chaabani, accusato di associazione per delinquere, resta agli arresti domiciliari. Il connazionale Ben Abid Samir, 39 anni, difeso dall’avvocato di Cremona Consuelo Beber, per il quale era già caduta l’accusa di associazione, è stato condannato a quattro anni, cinque mesi e dieci giorni contro i cinque anni e sei mesi del primo grado. L’imputato, considerato uno degli ‘autisti’, resta in carcere. Per gli altri, la pena più alta è stata di otto anni, mentre quella più bassa di quattro anni e cinque mesi.

Le indagini, durate due anni, culminate in 34 arresti, avevano consentito di individuare un’ampia e ramificata associazione per delinquere finalizzata al trasporto, a fronte di pagamenti di somme di denaro, di cittadini extracomunitari provenienti dalla Siria, dall’Egitto, dall’Eritrea e dal Sudan, con base nella città di Milano e operante per lo più nelle città di Ventimiglia e Nizza.

L’organizzazione criminale, con una precisa divisione dei ruoli, era composta da cittadini egiziani e maghrebini, afghani, sudanesi, albanesi, molti dei quali in possesso di un regolare permesso di soggiorno, ed in misura minore da cittadini romeni e italiani. Al vertice c’erano dei cittadini egiziani che gestivano, sia mediante una fitta rete di contatti diretti con trafficanti che con la complicità di un altro appartenente al gruppo residente a Catania, il traffico di clandestini provenienti dalla Siria e diretti nel nord-Europa.

Grazie a questi contatti con gli scafisti, i membri dell’organizzazione riuscivano a sapere degli sbarchi che sarebbero avvenuti sulle coste siciliane o pugliesi, dopodiché indirizzavano i profughi verso la città di Milano; città che i profughi raggiungevano mediante pullman, treni o nell’ambito dei trasporti organizzati per la loro collocazione presso le strutture d’accoglienza. Una volta arrivati a Milano gli stranieri venivano agganciati presso la stazione Centrale e nelle vicinanze delle strutture d’accoglienza per organizzare i viaggi finalizzati all’attraversamento della frontiera italiana per raggiungere le mete europee.

In alcuni casi le persone giunte in Italia clandestinamente contattavano direttamente i membri dell’organizzazione per ricevere istruzioni su come muoversi e cosa fare. Una volta terminate le trattative, le persone venivano accompagnate verso la frontiera di Ventimiglia dove venivano raggruppate e nascoste in attesa della predisposizione dei mezzi di trasporto necessari all’attraversamento della frontiera. I viaggi avvenivano quasi sempre di notte tramite una vasta rete di “passeur”, con auto, furgoni, camion all’interno dei quali venivano stipati come merce da trasporto all’interno di casse di legno o di bagagliai di autovetture, o in quantità impressionanti, decine di persone, anche minorenni, stipate in piccoli furgoni. Al termine dell’indagine erano stati ricostruiti 62 viaggi a fronte di un numero assai più numeroso di trasporti, cosa che aveva permesso l’ingresso illegale in altri paesi europei di centinaia di individui.

Sara Pizzorni

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