Cultura

Il fuoriclasse Vengerov fa sognare il pubblico dello StradivariFestival

foto Sessa

Una performance perfetta in una serata che si voleva non finisse mai. Così Maxim Vengerov, considerato il più grande violinista vivente, ha incantato il pubblico dello Stradivarifestival, stregando l’Auditorium Arvedi. Tra le mani il suo magnifico Stradivari Kreutzer 1727, acquistato nel 1998 da Christie’s per 1,6 milioni di dollari, Vengerov ha rapito, emozionato, entusiasmato il pubblico in un crescendo che ha toccato l’apice con i tre bis finali.

D’altra parte il violino da cui ha tratto sonorità incredibili era appartenuto a Rodolphe Kreutzer (1766-1831) musicista e compositore, considerato all’epoca uno dei più grandi virtuosi del violino, tanto che Beethoven, dopo averlo ascoltato a Vienna, decise di dedicargli nel 1803 la sua sonata per violino e pianoforte n.9 in La maggiore nota come “Sonata A Kreutzer”. Un passaggio di mano naturale dunque per lo strumento, oggi suonato da Vengerov, tornato con grande entusiasmo ai concerti dopo quattro anni di lontananza per un infortunio e un intervento chirurgico alla spalla che sembravano potesse chiudergli la carriera.

“Oggi suono con meno forza e con più anima” ha detto il violinista in una recente intervista. E la sua anima è emersa fin dalle prime battute del concerto dapprima con Brahms (Sonata n.3 in re minore per violino op.108), poi con la sonata di George Enescu. Accanto a lui un grande pianista come Roustem Saitkoulov che ha duettato tra virtuosismi e delicati romanticismi in una complicità non certo di facciata. Poi la seconda travolgente parte con la Sonata n.2 di Ravel (memorabili i picchettii sullo strumento), le variazioni a “The Last Rose of Summer” con la musica popolare irlandese resa in ogni tonalità e infine, con “I palpiti” di Niccolò Paganini dal Tancredi di Rossini. Poi la serie dei bis generosamente concessa da Vengerov: il “Capriccio viennese” di Fritz Kreisler, la sontuosa “Danza ungherese n.2” di Brahms e la struggente Thais méditation di Massenet con cui, purtroppo per noi, ha chiuso un concerto che ci ha fatto sognare.

foto Sessa

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