Delusi dal diniego
del sindaco a registrare
la doppia genitorialità
Nelle scorse settimane sono arrivate al sindaco di Cremona Gianluca Galimberti due richieste, da parte di altrettante coppie di donne, di registrare la doppia genitorialità per i figli che nasceranno nei prossimi mesi grazie alla fecondazione eterologa. Il sindaco ha negato il riconoscimento e ha consegnato alle due coppie una lettera che ha poi pubblicato sul suo sito. L’abbiamo letta con attenzione, insieme agli articoli e alle dichiarazioni uscite sui quotidiani nei giorni scorsi. Siamo molto delusi dal diniego e dalla posizione del sindaco. Lo sforzo argomentativo con cui Galimberti giustifica la sua posizione ci consente quanto meno – in questa lettera aperta – di rispondere punto per punto alle motivazioni che adduce per spiegare la sua scelta:
“In assenza di una legislazione nazionale l’eventuale decisione di registrare non e? legalmente possibile”
Non è così: la legge 40/2004 impone di riconoscere in Italia i figli nati con tecniche di fecondazione assistita (anche fatta all’estero) come “figli della coppia che ha prestato il consenso” a tale pratica, manifestando la consapevole volontà di assumere la responsabilità genitoriale. Per la legge italiana, dunque, il genitore che abbia voluto mettere al mondo un bambino con tale pratica non può cambiare idea e lo status del bambino è dunque irrevocabile. Non si tratta quindi di un diritto a divenire genitore, ma di un dovere a cui corrisponde il diritto del neonato a vedere riconosciuto lo status di figlio, per sempre, indipendentemente dagli eventi e dall’eventuale separazione della coppia di genitori.
Dal momento che la legge Cirinnà (76/2016) riconosce le famiglie formate da persone dello stesso sesso al pari di quelle formate da sesso opposto, ciò che vale per queste ultime, vale anche per le altre. Dunque anche in assenza di una normativa esplicita, va da sé, giuridicamente parlando, che i figli nati da coppie omosessuali tramite Pma (procreazione medicalmente assistita) sono figli di entrambi i componenti della coppia, esattamente come succede per le coppie eterosessuali.
“… tali sentimenti si confrontano sempre con i limiti del nostro essere umano, dettati spesso dalle condizioni oggettive, anche fisiologiche. Questi limiti non sempre e per forza devono essere superati”
Qualsiasi persona al giorno d’oggi supera quotidianamente dei limiti biologici e fisiologici: ad esempio usando l’automobile, comunicando col telefono, ricorrendo a cure mediche e protesi o, appunto, usufruendo delle tecniche di fecondazione assistita per poter avere dei figli. E questo è accettato senza nessuna difficoltà. Se l’essere umano in generale giova ogni giorno dei progressi di scienza, medicina e tecnologia, pensiamo che sia sintomo di un pregiudizio ancora fortemente radicato negare questa possibilità solo alle persone omosessuali.
“… mi chiedo che cosa significhi usare del corpo di un uomo per fecondare una delle due donne della coppia. Anche se anonimo, un padre esiste e penso sia corretto considerarlo. Su questo tema, delicato e complesso, che vale anche per le coppie eterosessuali, sono aperto al confronto e lo auspico, ma nutro dubbi e perplessità.”
Crediamo che i metodi con cui le coppie danno la vita non siano di competenza del sindaco. Galimberti sta dimenticando che questi bambini esistono, indipendentemente dalle sue idee riguardo a come sono stati messi al mondo, e sta anteponendo al loro diritto di essere tutelati il proprio pensiero personale. Pensiero personale che, per quanto ammetta di estendere anche a coppie etero, applica solo nel caso delle coppie omosessuali, mettendo in atto di fatto un trattamento discriminatorio, dato che la genitorialità delle coppie eterosessuali che ricorrono alle pratiche di fecondazione assistita viene regolarmente registrata dal Comune di Cremona.
“…la differenza di genere nell’azione di crescita dei figli e? un valore che occorre promuovere? La mia esperienza, anche di educatore, mi ha portato alla personale convinzione che la presenza di un padre e di una madre e? un valore importante nell’azione educativa”
Il tema che solleva il sindaco è già stato ampiamente sviscerato anche in ambito accademico. Sono decine gli studi che negli ultimi quarant’anni hanno dimostrano che non vi è nei figli cresciuti in famiglie omogenitoriali nessuna incidenza particolare di disturbi sullo sviluppo psicosessuale o di altri aspetti della personalità. Al contrario, è noto che l’eventuale disagio sociale arriva dallo stigma che questi bambini e ragazzi subiscono a causa dei pregiudizi della società nei confronti delle loro famiglie. Ci sono inoltre moltissime famiglie che non soddisfano il requisito di fornire figure maschili o femminili nel nucleo famigliare stretto (coppie separate, oppure padri o madri single o che hanno perso il compagno), non per questo viene loro negato o revocato il riconoscimento della genitorialità.
“Certo sono consapevole che il figlio che lei porta in grembo e? e deve essere al centro dell’attenzione; non verranno sicuramente meno per lui i diritti che tutelano lui come ogni bambino della citta?, che e? poi figlio dell’intera comunita?.”
Purtroppo anche in questo caso dobbiamo contraddire il sindaco: non è così. Se quel bambino non vedrà riconosciuto il suo legame con entrambi i genitori ciò potrebbe avere gravi ripercussioni: il genitore non riconosciuto non avrebbe infatti nessun obbligo e potrebbe venire meno in qualsiasi momento ai suoi doveri nei confronti del figlio o della figlia. Nel caso invece venisse a mancare il genitore riconosciuto, l’altro, nonostante il legame affettivo con il figlio, sarebbe legalmente uno sconosciuto e non potrebbe continuare a prendersi cura del bambino.
A questo si aggiunge che questa situazione di disuguaglianza crea preoccupazione e malessere in queste famiglie, che il bambino o la bambina “respirerà” e introietterà sentendosi inevitabilmente, nel confronto con i pari e con la società in generale, un figlio di serie B. Non vorremmo che fosse il caso dei due bambini che verranno al mondo nella provincia di Cremona nelle prossime settimane. Anche loro, come gli altri, nascono dal desiderio e progetto di due persone. Non riconoscere giuridicamente e socialmente nel nucleo famigliare una di queste due persone lede un diritto e ferisce quello stesso nucleo. Non si può pensare che questo non abbia ripercussioni sulla serenità dei bambini di queste famiglie. Certo, avremmo preferito avere uno scambio di idee di persona, dato che il sindaco Galimberti aveva da alcune settimane fissato con Arcigay Cremona un incontro per discutere proprio di questi temi. Ci dispiace che il suo diniego sia maturato prima del confronto con noi, ma speriamo che questo non precluda un cambiamento di posizione da parte sua, una volta vagliate e discusse con lucidità tutte le argomentazioni.