Violenza sessuale di gruppo Il pm chiede 5 anni e 4 mesi La difesa: 'E' stata una ripicca'
Cinque anni e quattro mesi di reclusione ciascuno per i tre imputati: questa la richiesta di pena del pm Lisa Saccaro nei confronti di Stefano, cremonese di 36 anni, Mohamed, 50 anni, e Lahoussaine, 53 anni, entrambi marocchini senza fissa dimora, accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza cremasca di 21 anni. Gli imputati, tutti difesi dall’avvocato Fabio Galli, sono processati con il rito abbreviato. La presunta vittima è parte civile attraverso l’avvocato Mimma Aiello che ha chiesto come risarcimento danni una provvisionale di 50.000 euro. Il gup Elisa Mombelli pronuncerà la sentenza il prossimo 18 luglio.
L’episodio risale al 24 maggio dell’anno scorso all’interno di uno stabile abbandonato a Crema, l’ex Everest, nel quartiere Santa Maria, dove la giovane sarebbe stata costretta a bere fino ad ubriacarsi e poi violentata da Stefano, per anni suo amico del cuore, e dai due marocchini.
Nel pomeriggio del 24 maggio la ventenne aveva raggiunto in pullman la stazione di Crema dove si era incontrata con Stefano con il quale aveva deciso di andare a convivere. I due si erano poi diretti all’ex Everest e successivamente in un bar, dove avevano consumato un panino e una birra. Erano usciti senza pagare, e il barista aveva chiamato la polizia. I due erano stati fermati e controllati, dopodichè erano tornati all’ex Everest dove si sarebbe consumata la violenza: secondo il racconto della giovane, l’amico insieme ai due marocchini l’avrebbe prima fatta bere, spogliata e gettata su un giaciglio di fortuna e poi violentata. Erano le 16.30. “Il racconto della mia assistita è assolutamente coerente, chiaro e corroborato da riscontri”, ha commentato l’avvocato Aiello. “A riprova ci sono i referti della clinica Mangiagalli, il riconoscimento dei luoghi dove è avvenuta la violenza e il riconoscimento degli autori”.
Gli imputati, al contrario, hanno sempre respinto con forza le accuse. Tutti hanno sempre fornito la stessa versione, e cioè che non c’è stata alcuna violenza sessuale. “Quello della ragazza è un racconto lineare su tutto, ma non su quello che riguarda la violenza”, ha puntualizzato l’avvocato Fabio Galli, secondo cui la giovane si sarebbe inventata tutto “per ripicca”, perché “rifiutata dall’amico che si era arrabbiato, in quanto lei, nei giorni precedenti, gli aveva confermato di aver trovato una casa in affitto a poco prezzo. Il mio assistito quel giorno ha fatto diverse telefonate alle agenzie immobiliari. Non era vero. Si è arrabbiato e le ha detto di andarsene”.
Nelle sue conclusioni, inoltre, il legale della difesa ha puntato molto sugli orari “che non tornano”. E ha spiegato: “alle 16.10 alla centrale della polizia arriva la telefonata del barista. Sul posto viene mandata una pattuglia che è nei dintorni. Gli agenti arrivano al bar, il barista dice loro che i ragazzi sono appena andati via. Li fermano alle 16.13. Il controllo sarà durato un quarto d’ora? Sono le 16.29”. La giovane aveva raccontato che dopo la violenza si era rivestita, era uscita dal capannone e alle 16,40 aveva chiamato il centro psicosociale da cui era seguita raccontando l’accaduto. “Ciò vuol dire”, ha continuato l’avvocato Galli, “che in un quarto d’ora i miei assistiti l’avrebbero fatta bere e poi l’avrebbero violentata”. Dai tabulati, per di più, risulta che uno dei due marocchini aveva fatto tre chiamate al cremonese: la prima alle 16,27 senza risposta, la seconda alle 16,32 nella quale i due avevano parlato per 31 secondi. La terza alle 16,40”. “O i miei assistiti”, sono le conclusioni del legale, “sono talmente mostri di intelligenza che mentre violentavano la ragazza si telefonavano per crearsi un alibi, o altrimenti vuol dire che la ragazza dice il falso, perché alle 16.40 la violenza non c’era ancora stata”.
Sara Pizzorni