Cronaca

Ex Snum, non solo Conad Un sottosuolo carico di storia che riserva ancora sorprese

Il tracciato delle antiche mura sull'attuale morfologia di porta Mosa

Che l’area dell’ex Snum su cui sorgerà il nuovo Conad fosse carica di ricordi del passato, era cosa nota. Che quella piattaforma seicentesca su cui le ruspe stanno abbattendo gli ex depositi dell’immondizia, fosse la piattaforma di Biglieme, così battezzata forse dal nome del costruttore, è un fatto meno conosciuto. La ricostruzione è però possibile seguendo le tracce di una stampa del 1707 dell’ingegnere militare Giovanni Battista Sesti, corredata di legenda, pubblicata da Giovanni Fasani in un saggio sulle stampe del Settecento nell’ultima strenna Adafa. E’ esaminando quella incisione che lo storico Maurizio Mollica ha potuto approfondire la morfologia passata e presente di questa zona della città su cui sta per arrivare l’ennesima trasformazione urbanistica. Da piattaforma militare per i cannoni spagnoli a piattaforma commerciale per la media distribuzione, se arriverà finalmente il via libera degli uffici comunali, previa consultazione della commissione paesaggio, soltanto consultiva, ma che da mesi sta temporeggiando sulla decisione. Entro il mese di luglio la pratica dovrebbe essere conclusa, compresa la rimodulazione degli accessi viabilistici: gli uffici della Mobilità del Comune da tempo hanno richiesto integrazioni alla proprietà, che non sono ancora arrivate. Nel frattempo, le demolizioni all’interno del comparto stanno continuando. g.b.

COSA SCORRE NEL SOTTOSUOLO TRA VIA CADORE E VIA GIORDANOAgostino Cavalcabò, ad inizio del 1900 scrisse: ‘molta storia della città è rispecchiata nei nomi delle vie o, meglio, in quelli delle vecchie contrade … in una parola, l’ambiente dei nostri antenati’.  Tale pensiero ormai è stato scavalcato dall’assenza di memoria, e la memoria è stata ricoperta spesso col cemento, e Cremona è una città fatta con i mattoni da almeno 2000 anni.

Parlando di memoria cancellata dal cemento è il caso di menzionare l’ex deposito Snum di via Giordano, che sta per essere smantellato e adibito a zona commerciale.
Nulla resta visibile del suo passato: tutto è stato interrato, livellato, rimosso e spianato ad inizio del 1900, ma nonostante questo, sotto di esso, scorre tutt’oggi un antico colatore medioevale. Il progetto è stato voluto primordialmente da Albricus de Sale nel 1180, come biforcazione della Cremonella, allo scopo di circondare le mura della città di Cremona con un sistema idrico che seguisse le pendenze e sbarrasse la “strata delle mura alle fanterie inimiche”.
La Cremonella, deviata e biforcata alla Porta Po Vecchia, seguiva quindi la attuale via Giordano, rendendosi parallela alla sovrastante via Cadore, vero muro sud della città già con il Podestà Bernardo De Orlando Rosso che le fece rinforzare, sfruttando dislivello tra le attuali due vie.
Le mura, lunghe per intero 5,5 km, divennero quindi dal 1250 il limite tra Cremona ed il Po (sul lato a sud) e tra Cremona e i Corpi Santi (su lati ovest, nord ed est).
Alla Cremonella si aggiunge, proprio nella area dell’ex deposito Snum, il Marchionis (da via Melone a Via Cadore) e la Fossa Civica, in grado di recuperare le acque in discesa dal tridente composto da via 20 Settembre, via Bonomelli e via XI Febbraio, nonché dalla zona di via Aporti.
Nella Fossa Civica confluivano quindi vari colatori del tridente, tra i quali: la fossa dei preti, la fossa viandina e il forcello.
L’energia delle acque era così importante da mantenere attivo, sin dal 1211, un mulino presso Porta Mosa.
Tale mulino era del Comune e nel 1447 fu deviata parte della corrente del Marchionis per alimentarlo sino alla fine del 1700, quando fu chiuso e demolito.
Tutto il sistema convergeva in uscita dalla città presso Porta Mosa tramite il Cavo Morta.
La Mosa era appunto una zona paludosa, fangosa, spesso interessata dalle piene del Po e lo stesso Quartiere, detto “del Diavolo” (ora conosciuto come Quartiere Nuovo e composto da via Pedone, via Santa Maria in Betlem…), soffriva fino a fine 1800 delle acque di rigurgito durante le piene.
Le vie vennero livellate col materiale di riporto della demolizione di S.Domenico, spostate da una parte all’altra della città con carretti trainati da ronzini.
I canali vennero tutti tombinati in varie epoche e con varie modalità, sino a sparire definitivamente agli occhi, destinati spesso a divenire parte dei sottoservizi urbani.
Lo stesso paleoalveo del Po cambiò rotta col passare dei secoli e si scostò dalla vicina città.
A quel punto furono il Morbasco e il Cerca a portare via le acque reflue da est e da ovest e a riconvogliarle al grande fiume presso “il Mento”.

LA PIATTAFORMA SEPOLTA: DA BASE PER I CANNONI A DEPOSITO IMMONDIZIA A SUPERMERCATO

Dopo aver toccato il sistema idrico in zona, scendiamo ora nello specifico della area dell’ex deposito Snum. La zona muraria da Porta Po Vecchia a Porta Margherita (Romana) era chiamata nel 1400 Muri Cinture e seguiva le vie Cadore e Pedone.
Solo nel 1700 fu modificata chiamandosi Bastioni Porta Po e poi nel 1800 Bastioni di Porta Romana, sino al toponimo moderno in epoca fascista di via Cadore.
Lungo via Cadore le mura erano intervallate da baluardi o bastioni e, tra un baluardo e l’altro, correva un elemento di muro detto Cortina.
Se la cortina risultava troppo lunga ed esposta si costruiva un elemento intermedio che poteva essere di diverse tipologie.
La piattaforma ad esempio era una specie di terrazza allargata sul muro dalla quale si poteva dominare la scena, oltre che posizionare per esempio dell’artiglieria.
Ecco che, come emerge da una stampa militare del 1707 di tale Giovanni Battista Sesti, ing. Militare, riprodotta  da Giovanni Fasani nella strenna Adafa 2017, compare un nuovo toponimo per questo tratto di cinta muraria. Vi sono almeno tre lettere che vanno analizzate per dirimere il punto esatto dell’ex deposito Snum e per risalire appunto alla sua importante valenza passata.

Alla lettera M figura Porta Mosa e la sua mezzaluna: si parla della Porta antica detta della Mosa.

Alla lettera L figura il Baloardo Carazena, e qui bisogna aprire una breve parentesi:
Don Luigi de Benavides, Carillo, Toledo, Marchese di Fromista e Caracena, Conte di Pinto, era il Governatore dello Stato Milanese in epoca spagnola e rinforzò il complesso di Porta Mosa nel 1648 durante assedio dei Francesi.
La struttura che noi ora chiamiamo Porta Mosa, quella adibita a parco e concerti e manifestazioni, è il Baluardo di Caracena che il Sesti descrive appunto 50 anni dopo la sua costruzione e rinforzo.

Alla lettera N figura la Piattaforma di Biglieme ed è tale piattaforma ad occupare l’esatta posizione equivalente al nostro ex deposito Snum.
Si trattava di un elemento molto importante a tutela della punta di lancia rappresentata dal Baluardo Caracena. Un eventuale nemico, interessato a varcare la Porta Mosa, si sarebbe trovato in una area in basso, sovrastato dalle mura in alto, intrappolato in una sorta di corridoio della morte, bersagliato da tre lati.

Nessuna analisi ha chiarito origine del toponimo Biglieme.
Nessun testo letto e riletto ha, al momento, chiarito tale nome che non viene mai citato.
Ma è chiaro da varie mappe, tutte dopo il 1700, che tale elemento esisteva ed esiste oggi, ed ha una forma così  particolareggiata da essere sovrapponibile alla attuale costruzione.
E se allora esiste sovrapposizione esiste esatta collocazione della sottostante Cremonella.
Ed allora, se sotto tale fabbricato vi è un antico canale, sarebbe buona cosa citare gli statuti del 1388 riguardanti Stratarum, Arzinorum et Aquarum: …”che debbano esser tenuti mondi da sporcizia e qualsivoglia ingombro, dai proprietari latistanti e da chi ne ricava vantaggio”… (tintori, candeggiatori, confettori, macellari).

LA PROPOSTA: PERCHE’ NON LASCIARE A VISTA LA CREMONELLA?  – E dopo 500 anni dagli statuti sarebbe anche giusto citare nel 1910 l’ing. Lanfranchi che durante lo studio del nuovo piano regolatore con abbattimento delle mura ed espansione edilizia sulle mura stesse, scrisse: “si propone di lasciare facoltà ai singoli proprietari di portare le nuove costruzioni fino sulle mura, con obbligo peraltro di rimborsare la spesa per la copertura del Cavo”.

Ed allora, così come alla Coop di via del Sale, con il Morbasco, perchè non riesumare un tratto di Cremonella/Marchionis che i cremonesi non vedono più da almeno cento anni?

Maurizio Mollica

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