Cronaca

Per fortuna che Sergio c’è

Dopo le elezioni politiche del 4 marzo 2018, il processo di formazione del nuovo governo ha richiesto circa tre mesi e si è concluso con l’avvio di una formula politica del tutto inedita, che tutti sono curiosi di vedere se reggerà alla prova dei fatti.
In questa difficile, e per certi versi inedita fase politica, essenziale è stato il ruolo svolto dal Presidente della Repubblica. Ciò ha testimoniato, in concreto, che quella del governo eletto dal popolo è solo una favola cui solo qualche sciocco può ancora credere.

Come già ho avuto occasione di scrivere (da ultimo nell’articolo “Un fantasma si aggira per il web” pubblicato su questo stesso sito), l’Italia è una Repubblica parlamentare in cui non è prevista alcuna elezione diretta, né del Presidente del Consiglio (oggi da molti chiamato, impropriamente, Premier), né, tanto meno, del Governo. La materia, infatti, è regolata dal secondo comma dell’articolo 92 della Costituzione, secondo cui “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”.

La nomina del Presidente del Consiglio è, quindi, prerogativa del Presidente della Repubblica. L’unico criterio di scelta è quello previsto dalla dottrina costituzionalistica, oltre che dal buon senso: il Presidente della Repubblica deve scegliere una personalità che sia in grado di ottenere la fiducia del Parlamento, senza la quale nessun governo può operare, se non per l’ordinaria amministrazione. Il Presidente della Repubblica non è vincolato a scegliere un parlamentare ed anche in passato, da Ciampi a Renzi, vi sono stati casi di Presidenti del Consiglio scelti al di fuori del Parlamento. La nomina del professor Conte è, di conseguenza, perfettamente legittima, anche se inconsueta, dato che, prima della nomina, il professor Conte era un perfetto sconosciuto. Ma, come si è visto, era in grado di ottenere la fiducia, in quanto concordemente indicato da due forze politiche che, insieme, avevano la maggioranza parlamentare.

I problemi sono stati quando si è trattato di nominare i ministri che, come si è visto, sono nominati dal Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio.
L’opinione di gran lunga prevalente fra i costituzionalisti è che il Presidente della Repubblica, non debba limitarsi a ratificare le proposte presentate dal Presidente del Consiglio, ma abbia la facoltà di intervenire nel procedimento di nomina con suggerimenti e valutazioni di opportunità, che sono quelle che ha effettuato il Presidente Mattarella, come peraltro sottolineato da un grandissimo giurista, Sabino Cassese.
In proposito, non mancano precedenti, con la conseguenza che, sul punto, si è formata una sorta di prassi costituzionale.

Si tratta di un modus operandi, come quello delle consultazioni che, anche se non previsto da norme scritte, viene costantemente seguito.
A questo punto, si è scatenato il popolo dei costituzionalisti della domenica che, come si leggeva su Facebook e nelle lettere ai giornali, hanno iniziato a sproloquiare di colpo di stato e di impeachment (sbagliando quasi sempre a scrivere la parola), forse perchè l’uso di una parola inglese pare più fico dell’italiano “messa in stato di accusa”. Qualcuno è giunto a scrivere che Mattarella doveva essere “impicciato”.

L’articolo 90 della Costituzione, infatti, prevede che il Presidente della Repubblica possa essere messo in stato di accusa per alto tradimento o attentato alla Costituzione, ma non si vede, come nei fatti possa configurarsi un attentato alla Costituzione, allorquando il Presidente della Repubblica faccia uso delle proprie prerogative. Ma, lo si sa, quando si toccano certi argomenti, in talune persone si verifica una sorta di corto circuito fra il cervello e la bocca.
Una illustre senatrice, purtroppo eletta a Cremona, ha parlato, in una trasmissione televisiva, di Mattarella al servizio di potenze straniere.

A questa illustre senatrice evidentemente sfugge che, da prima che lei nascesse, esistevano prima la Comunità e poi l’Unione europea. L’Unione non è uno stato federale (forse lo diverrà in futuro), ma è molto di più di una tradizionale alleanza fra Stati. Di conseguenza, all’interno dell’Unione, esiste un dibattito politico, per cui è naturale che un esponente politico di uno Stato esprima giudizi sulla situazione politica di un altro Stato. Scandalizzarsi per questo sarebbe come scandalizzarsi se il Presidente della Regione Lombardia o il Sindaco di Napoli, esprimessero giudizi politici su situazioni di carattere nazionale. Poi le dichiarazioni, come sempre, possono essere più o meno opportune, ma questo è altro discorso, atteso che è stata contestata la legittimità stessa del fatto di esprimere giudizi sulla situazione politica del nostro paese.
In questo marasma, il Presidente Mattarella ha costituito un punto fermo, un elemento di certezza e stabilità. Che è, appunto, il ruolo del Presidente della Repubblica.

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