Cronaca

Amici Centro Italia, 80 quintali di materiale portati ad Amatrice e frazioni

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“Prima del terremoto c’erano due parrucchieri, adesso non ci sono più”. E’ Benni, che gestisce insieme al marito Saro l’unico agriturismo in Amatrice città a raccontare di quei giorni, della fatica e della tenacia dell’andare avanti. Di tante bellezze artistiche non restano che le pietre a raccontare. Cumuli di pietre, addossati alla terra. Quella di Benni non è una constatazione ingenua: é la normalità quella che si è spenta nell’agosto del 2016. 220 morti, tutti qui hanno una storia da raccontare. Quella di parenti, di amici, o di conoscenti. O quella del parrucchiere. Non chiediamo nulla, siamo solo in ascolto. Amici Centro Italia è scesa, per la settima volta, ad Amatrice e frazioni. 80 quintali di materiale, 7 furgoni ed un’auto, 17 volontari. Da Cremona (è presente il vicepresidente di Confommercio Federico Corrà), da Torre de’ Picenardi e Remedello (i ragazzi dei Rötam, amanti della motocicletta ma non solo), da Martignana Po (presente anche il sindaco Alessandro Gozzi) e da Casalmaggiore. “Non si vede più nessuno – racconta Benni – e qui la gente ha ancora bisogno. C’è gente che fa tanti sacrifici, con una grande dignità, e poi c’è anche gente che si è incattivita”.

Racconta di cumuli di materiale accantonati in qualche dove: non tutto quello che è arrivato serviva, molte le cose raccolte a casaccio, senza chiedere neppure quali fossero i bisogni. Non siamo meravigliati. Lo stato di necessità, il vivere e sempre al limite della sopravvivenza, può anche indurire l’animo. Due anni, ormai quasi tre, a veder pietre, a respirare ogni giorno il disagio e la fatica, a combattere per salvare il poco che resta schianterebbero un toro. E se a questo ci si aggiungere le raccolte fatte senza un criterio (e senza soprattutto contatti direttamente sul posto) la lotta contro la burocrazia ed uno Stato che, in tante frazioni della città, non è mai arrivato, si ha un quadro abbastanza chiaro della situazione.

Gli Amici Centro Italia si occupano, sin dalla loro nascita di ‘seconda’ emergenza. Perché per la prima c’è la Protezione Civile, la Croce Rossa, le Misericordie, c’è l’esercito. Il brutto viene dopo, quando si spengono i riflettori. Nel febbraio scorso si incontravano furgoni che andavano e venivano, colonne di mezzi dell’esercito e della Protezione Civile. Oggi le strade sono deserte. L’emergenza non passa, anche se non viene più considerata, non la si cancella. E’ qui, la si vede lungo la strada, la si raccoglie nei racconti delle persone, la si legge nei visi segnati degli allevatori, di chi aveva una vita poi cambiata per sempre. La si incontra nei paesi, o in quelli che erano paesi. Ti sbatte in faccia ogni qualvolta che, dopo una curva, incontri un agglomerato di case, o di quel che ne resta. Ci sono emergenze che durano anni. Questa è una.

SABATO, AD AMATRICE E DINTORNI – Cinque ore abbondanti di viaggio, da San Benedetto del Tronto si abbandona l’autostrada per imboccare la Salaria. Il primo impatto col terremoto è devastante. Arquata del Tronto non esiste più. Restano quasi solo le pietre, e le casette in basso, illuminate dalla luce artificiale. Non è rimasto nulla: il primo terremoto dell’agosto 2016 aveva fortemente danneggiato il paese, il secondo, dell’ottobre ha poi fatto il resto. Nulla resta di Pescara del Tronto. Anche Accumoli e un paese fantasma o quasi. La gente è alloggiata nelle SAE, ad Accumoli c’è un piccolo centro commerciale che sta prendendo vita. Piccole attività, che si coalizzano e cercano di farsi forza. SAE fa meno male di Soluzione Abitativa di Emergenza. Il termine intero può risultare beffardo. Perché tanti, e soprattutto anziani, nelle SAE rischiano di terminare la propria vita. Le SAE staranno dove sono state messe per anni. Inutile illudere e illudersi.

Alcune delle strade sono ancora inagibili. Arrivati ad Amatrice, in prossimità del centro bisogna passare tra quella che un tempo era una strada, la principale, di case e storia, di profumi e tradizioni: Corso Umberto Primo è solo un nome su una cartina. Due pareti in legno isolano la carreggiata dalle macerie. All’imbocco i militari ti chiedono chi sei, che fai da quelle parti. Non fanno passare tutti, nessuno, che non sia del paese, a piedi. La carovana imbocca la strada. Pochi istanti e sei dentro al terremoto. Nel più profondo dei luoghi dove ha colpito. 220 morti.

Saro, 90 anni, gestisce insieme alla moglie l’Agriturismo Amatrice. Il parrucchiere della Benni, la sorella anziana del marito Saro “Abitava vicino alla Chiesa – ci spiega Saro – non ha avuto scampo”. L’agriturismo è un bastione. Ex scuderia (ha ospitato sino a 20 cavalli da corsa, erano quelli che correvano alle Capannelle), ha retto alla devastante onda d’urto ed ha funzionato, nei giorni immediatamente successivi al terremoto, come rifugio. “L’ho costruito io – ci racconta con orgoglio Saro, mentre ci mostra alcune foto della costruzione – e non ha avuto neppure una crepa. Anche in città, le cose che ho fatto sono rimaste in piedi”. Ci mostra le foto con l’armatura delle fondamenta, non ne abbiamo mai viste simili. Son quelle che gli hanno salvato la vita. La moglie ci racconta che lo stesso Stefano Boeri, nominato dal Commissario Vasco Errani consulente per l’urbanistica nella ricostruzione ed ospitato nella sua permanenza ad Amatrice nell’agriturismo, ha voluto conoscere i segreti di tanta resistenza. Due tipi particolari Benni e Saro. Lui a 90 anni sembra un sessantenne alla soglia della pensione, e si occupa di molte mansioni nella struttura. Lei è una donna fortissima. “Non viene più quasi nessuno. Prima avevamo turisti, eravamo un centro importante”. Era una terra dall’immensa bellezza e ricca d’arte. Ora resta una terra e comunque dall’immensa bellezza. La natura non si è spenta, non l’ha piegata il terremoto. Insieme a noi c’è solo una coppia di documentaristi olandesi, stanno realizzando un servizio, sono da non molto tempo tornati da Aleppo. Con un italiano comprensibile ci spiegano quel che fanno. Seguono da anni tragedie: guerre, eventi naturali e poi realizzano documentari per la TV olandese. Siamo i soli – al di fuori di chi ci vive – in questo luogo a guardare le montagne. Sotto il tetto dell’agriturismo nidificano le rondini.

CLAUDIO E NUNZIA – A Cornillo Vecchio ci aspettano Nunzia e Claudio. Siamo in 17, per loro non è un problema. Li avevamo conosciuti nel primo viaggio, portando aiuti per le bestie. Lui è un allevatore. “Ma il capo è mia moglie” ci dice sorridendo. Ha qualche sorriso in più rispetto ad un anno fa. Per raggiungere casa sua si percorre una lunga sterrata, l’unica strada che resta. Produce latte. Un tempo aveva anche le pecore, ma son morte con il terremoto. Sta lottando tenacemente Claudio, dal 2016. Il volto scolpito di chi è da sempre a contatto con la fatica e l’estrema fierezza della gente di questa terra, quella che non si arrende nonostante tutto. Non è stato facile.
Oggi ha la tensostruttura che utilizza come stalla ed una più piccola in cui mette il foraggio. L’inverno è quasi passato “Siamo arrivati sino a meno 20 – ci racconta – e anche adesso la notte è ancora un po’ fredda”. Presto le bestie andranno al pascolo, una preoccupazione in meno per il cibo per loro. Gli animali sono tutta la sua vita. Aveva appena completato casa quando il terremoto ha colpito. “Ho avuto più paura quando ero fuori nei campi che quando ero in casa. Ero nella terra, e la vedevo muoversi. Ho avuto paura”. Ora la casa non l’ha più. Vive in una casetta in legno, dopo aver affrontato i primi tempi in roulotte. Nunzia ci fa l’amatriciana con le tagliatelle fatte da lei, i ravioli, la carne e le torte. Siamo in una porzione della casetta, in 19 in pochi metri quadri, ma la sensazione – per il profondo calore che si respira, calore umano – è quello di essere nel posto giusto. Non vorremmo essere in nessun altro luogo. Ogni volta si parte bisogna fare tappa da lei. Inutile provare a svicolare.
Mentre mangiamo Nunzia ci racconta che solo qualche giorno fa l’Enel gli ha chiesto una cifra a conguaglio. 400 euro, per l’energia di una casa che non ha più. Per il periodo in cui la casa era già inagibile e senza luce. Un paradosso, ma questa è l’Italia. Tra i volontari di Amici Centro Italia c’é Willy. Lui ha vissuto il terremoto dell’Emilia, è piuttosto esperto sul come ‘combattere’ la burocrazia. Sono cose che ha già vissuto sulla sua pelle. Si fa spiegare bene la situazione, spiega quali sono le pratiche da fare per non pagare. Dovrebbe essere una cosa automatica, e non lo è. “Quel che mi fa rabbia – spiega Willy – è che ci provano”. Qui la gente paga per tante cose che non ha più. E devi essere tu stesso a spiegare che non hai più quello che non hai più (Cornillo Vecchio è raso al suolo, e quel che resta in piedi è inabitabile) se no paghi, e basta. Sale la rabbia, ma è solo uno dei paradossi di questa terra, dove neppure le banche ti risparmiano, dove le cose ed i servizi li paghi come in qualunque altro luogo, pur non essendo questo un luogo qualunque. Claudio tira fuori il formaggio che fanno col suo latte. Si ride, si scherza e si sta insieme sino alle 23. Presto dovrà affrontare un’operazione. Ma è una bazzecola per un uomo della sua tempra. Per lui che il terremoto se lo è vissuto all’aperto, a scuoterlo sotto i piedi.

C’è tempo per alcuni per un salto in paese, illuminati dalle luci delle pile. La notte è ancora più spettrale. Silenzio, rovine. In quel silenzio e in quelle rovine una fontana, di quelle antiche che un tempo abbelliva la fine del corso. Non ha mai cessato di far sgorgare acqua. E’ l’unico segno di vita a cui ci aggrappiamo fuori dalla casetta in legno di Claudio. Il paese è come lo avevamo lasciato nel febbraio del 2017, come era dopo il terremoto. I mattoni, i calcinacci, le antiche pietre sono ancora tutte lì. Lasciamo quel poco che abbiamo, fioccato ed altro materiale a Claudio. Prendiamo una cena regale, un pugno allo stomaco ed unalezione di immensa vita da portarci addosso. “Vi aspetto domani per la colazione” ci dice Nunzia sorridente. Abbraccia tutti, buona parte ormai sono per lei come parenti acquisiti, i nuovi sono accolti con lo stesso affetto. Qualcuno piange sulla strada di casa. E’ un attimo soltanto. Un attimo carico di emozioni, di vita. A farci strada sulla sterrata per un breve tratto è un’istrice.
LA NOTTE DI AMATRICE – I Rötam, decidono di scendere in centro. A vedere cos’è il paese di notte. Sembra tutto chiuso. Macerie da una parte, SAE (le Casette) dall’altra. Nella nuova struttura che accoglie numerose attività commerciali c’è un bar aperto. Tanti ragazzi che sorridono, che bevono, che sognano, che amano. La maggior parte di loro ha poco più di 20 anni. Ognuno di loro – ne siamo certi – avrebbe qualche storia da raccontare. Non li disturberemo. La vita va avanti, ed è giusto così. Sembra una serata di un qualunque altro paese, di una qualunque altra birreria: la cosa ci accende un sorriso, ci sentiamo un po’ a casa. Ridiamo e scherziamo anche noi, davanti ad una birra e a un gin lemon da asporto. Loro sono il futuro di questa terra. La vita scorre. Una parte è scivolata via, sommersa nel cratere, la restante c’è, e va avanti.

LA DISTRIBUZIONE – Tanti, e come sempre, i punti raggiunti la domenica in compagnia del WWF. Tantissime storie, tantissime vite sfiorate. A Cornelle, sotto le macerie, sono rimaste una nonna e due nipoti. Resta un allevatore e pochi altri a presidiare il posto più lontano tra quelli raggiunti. Nella parte alta del paese saliamo con solo un furgone, impossibile fare diversamente. La strada è stretta e si inerpica per la montagna, impossibile per più mezzi fare manovra una volta giunti in alto. Ci attende una coppia di anziani. Sono rimasti loro in un paese che prima del terremoto contava 29 anime. “Siamo troppo lontani da tutti. Qui non viene mai nessuno”. Un gruppo di cani, le bestie più in alto. Ci abbaiano un poco, ma basta aprire qualcosa da mangiare per loro perché ci vengano incontro, facendosi accarezzare. Nello sguardo dei due anziani e nel loro muoversi c’è un’infinita malinconia.
“Vedi quella casa giù a valle? – ci racconta la signora – è quella dove è morta mia sorella, con i nipoti. Dall’alto la casa è ancor più impressionante. Raccolta su se stessa, un’altalena ormai arrugginita a fianco. Alla rete un mazzo di fiori. “Qui d’inverno eravamo una ventina, mentre d’estate più del doppio”. Ci indica il paese più in basso. Quella bianca era casa mia, una casa nuova, le altre le sono cadute addosso con la seconda scossa. Alla prima aveva resistito”. Restano i cani, una colonia di gatti e le bestie da latte. Loro non se ne andranno. “Questa è la nostra terra, e anche da soli resta la nostra terra”. Una piccola piazza spettrale, anche di giorno, presidiata dai cani che vegliano e ci guardano strano. Non viene molta gente qui, si vede, anche attraverso i loro occhi.
In un’altra delle frazioni di Amatrice scarichiamo altro materiale. Una donna anziana, dalla finestra di una delle casette in legno, guarda una delle volontarie. Ha un gatto. Decidiamo di lasciare qualcosa anche a lei. “Ha cominciato a chiamare il gatto a gran voce – racconta Cosetta Cerri – sembrava la donna più felice del mondo. Diceva al gatto che stavano portando un regalo a lui”. Una emozione fortissima, difficile anche da raccontare. Qualche sacco di crocchette, basta poco per accendere un sorriso. A Saletta (20 morti, altro paese quasi cancellato dal terremoto), oltre al materiale per le bestie, siamo riusciti a portare un leggio con una sedia per il parroco. La vita riparte anche da qui. Poi ancora allevatori, persone a cui lasciare qualcosa, altri che ci raggiungono in strada chiedendo se abbiamo qualcosa pure per loro. In uno dei punti di distribuzione ci raggiunge un uomo di mezza età: “Al nostro paese non salite mai” ci dice senza rabbia, e nonostante tutto senza disperazione. Verrà incluso nei prossimi viaggi. Amatrice ha 66 frazioni, molte delle quali ormai presidiate da poche persone, o nessuna. Difficile raggiungerle tutte.

Un giro anche a Retrosi per nutrire la colonia felina. Rispetto agli ultimi viaggi i gatti si tengono lontano: “Verranno a mangiare dopo – ci racconta Giampaolo Oddi, del WWF, uno degli accompagnatori – ormai col fatto che non viene nessuno si sono inselvatichiti”. Anche qui, le pietre sono rimaste nell’esatto posto in cui erano prima. Forse con qualche crollo in più.

GIAMPIETRO DI GIANBATTISTA – Casali di Sopra è una delle frazioni alte di Amatrice. 1100 metri sul livello del mare, l’inverno picchia duro. A Casali ci attende Giampietro di Giambattista. E’ rimasto lui, insieme ad un’altra famiglia a presidiare il luogo. Una griglia, la cicoria raccolta da queste parti, la frittata, le patate e il loro pane. Al termine del pasto la grappa e la Genziana. Mette allegria Giampietro, mette tanto ottimismo anche a noi. Dovremmo essere noi a portarne lì, e invece ogni volta ne portiamo a casa. E’ ormai un amico per tutti. Ha voluto ci fermassimo da lui. Scarichiamo quel che abbiamo anche qui, e portiamo a casa molto di più di quel che abbiamo dato. “Quando siete da queste parti casa nostra è sempre aperta”.

IL RITORNO A CASA – Nel tardo pomeriggio di domenica si riparte. Ma già si pensa al prossimo viaggio. E’ avanzato un po’ di materiale, soprattutto fioccato, da portare in Centro Italia. Intanto Confcommercio sta studiando tutta una serie di iniziative che rinsaldino ancor di più il rapporto tra Cremona e quella terra. Ad Accumoli, il Centro Commerciale è nato grazie anche alla Confcommercio di Cremona. L’emergenza continua, ma Cremona e la sua provincia continueranno a fare la loro parte. Cremona, Martignana, il Casalasco ed ora anche Remedello e Torre sono diventate un po’ provincia di Amatrice ed Amatrice provincia di Cremona. La gente é la stessa. I volontari di Amici Centro Italia portano qualcosa là, e molto si portano a casa. “Continueremo ad aiutare quella terra, per quel che possiamo e come possiamo”. L’avvicinamento all’ottavo viaggio – a giugno – è già iniziato. La speranza è quella di raggiungere sempre più persone, sempre più gente. Una speranza partita nel febbraio del 2017 e cresciuta di volta in volta con un po’ di esperienza in più. “Quella, e nonostante tutto, è una terra bellissima, con una natura splendida, tradizioni e persone speciali. Continueremo a restare a fianco del WWF, ad aiutare persone ed animali”.

Nazzareno Condina

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