Cronaca

Violenza sessuale su minori Giuseppe Garioni condannato a quattro anni di reclusione

Nella foto, Garioni tra i suoi legali davanti a palazzo di giustizia lo scorso 21 marzo
Il giudice Letizia Platè

Quattro anni di reclusione. Questa la sentenza emessa questa mattina dal gup Letizia Platè nei confronti di Giuseppe Garioni, 56 anni, dipendente dell’amministrazione provinciale, ex presidente della società di calcio Il Torrazzo ed ex consigliere comunale per Lista civica Cremona futura, accusato di violenza sessuale aggravata su minori. Per l’imputato, processato con il rito abbreviato, il pm Carlotta Bernardini aveva chiesto la condanna a nove anni. Dei sei casi contestati con presunte vittime ragazzi giovanissimi, molti dei quali con situazioni economicamente difficili alle spalle, il giudice ha condannato Garioni per tre episodi, tutti consumati, mentre l’ha assolto per gli altri tre tentativi di violenza. Il pm, invece, aveva chiesto l’assoluzione per un solo caso, non ritenendo fosse stata raggiunta la prova. Per l’unica parte civile, il ragazzo oggi 17enne assistito dall’avvocato Cesare Grazioli, il gup ha disposto una provvisionale di 10.000 euro. Il resto sarà da liquidarsi in un separato giudizio civile. Tra le pene accessorie, l’interdizione da pubblici uffici per cinque anni e l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado e da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni.

L’avvocato Grazioli

Garioni oggi non c’era a sentire la sentenza. C’era uno dei suoi legali, l’avvocato Michele Tolomini, che al termine dell’udienza ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Si è limitato a dire che attende di leggere la motivazione per poi valutare un eventuale ricorso in appello. “Si tratta di una vicenda molto triste”, ha detto invece l’avvocato di parte civile Grazioli. “La soddisfazione per me sta nel fatto che il tribunale abbia preso atto della denuncia fatta dal mio cliente e che la struttura dell’indagine abbia retto”.

Garioni era finito agli arresti il 14 dicembre del 2016 da parte degli uomini della squadra mobile. Secondo l’accusa, per anni l’imputato avrebbe approfittato della sua posizione per usare violenza sui giovanissimi giocatori con carezze e toccamenti nelle parti intime. Un’indagine partita dalla segnalazione di un detenuto nel carcere di Pavia compagno di cella di una presunta vittima di Garioni. Un ragazzo, quest’ultimo, che con l’imputato teneva rapporti epistolari e che dallo stesso riceveva anche del denaro. Dalle confidenze in carcere era emersa una presunta storia di abusi risalente nel tempo, segnalata però dal compagno di cella che aveva inviato una lettera alla competente questura di Milano, poi trasmessa agli inquirenti cremonesi.

Da parte sua, l’imputato, difeso, oltre che dall’avvocato Tolomini, anche dall’avvocato Luigi Frattini, si è sempre detto innocente. I segni di amicizia e di affetto manifestati ai ragazzi in buona fede sarebbero stati fraintesi.

Il 22 marzo dell’anno scorso tutte le presunte vittime erano state sentite in sede di incidente probatorio dal giudice Pierpaolo Beluzzi. Alcune avevano confermato le accuse, mentre altre le avevano sminuite, rivedendo le loro precedenti dichiarazioni. Su questo hanno puntato molto i legali della difesa, che durante la scorsa udienza avevano parlato di ‘pressioni’ da parte degli inquirenti durante i primi interrogatori in procura avvenuti davanti al magistrato.

Le presunte violenze si sarebbero consumate o sarebbero state tentate nella sede dell’associazione sportiva attigua al campo da calcio, presso l’abitazione di Garioni e nello spogliatoio del campo da calcio.

Tra i tre episodi per i quali il giudice ha emesso condanna c’è quello più grave che ha coinvolto il ragazzo di 17 anni, all’epoca dei fatti 15enne, parte civile con l’avvocato Grazioli. Nel 2015 e il 31 ottobre del 2016, a casa di Garioni, durante i compiti pomeridiani, sarebbe stato costretto a subire atti sessuali, ad abbracciare e baciare più volte l’imputato, che era stato ‘incastrato’ da intercettazioni telefoniche ed ambientali.

Sara Pizzorni

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