Cronaca

'Nel cremonese 'ndrine dal Crotonese': la relazione della commissione parlamentare

L’infiltrazione mafiosa nel nord Italia non risparmia Cremona, dove ormai da tempo hanno sede diverse ndrine calabresi. A dirlo è l’ultimo “Rapporto della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali”, reso pubblico le scorse settimane. Secondo i commissari, “Nelle provincie di Mantova e Cremona, è stata riconosciuta la presenza di alcune ‘ndrine, in particolare provenienti dalla provincia di Crotone (Cutro, Isola Capo Rizzuto, Mesoraca)”. Ben nota è, del resto, la presenza del clan dei Grande Aracri, che già dai tempi del delitto delle Colonie Padane, nel 1992 si è fatta sentire sul territorio.

Secondo il rapporto, “Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta possono essere considerate ad oggi le regioni più esposte all’aggressione delle organizzazioni mafiose. In questi territori la presenza delle diverse cosche risale agli anni Sessanta e Settanta e oggi possono essere considerate aree di vera e propria colonizzazione mafiosa da parte della ‘ndrangheta”.

Un particolare rilievo viene dato alla situazione della Lombardia, che risulta essere complessivamente la più preoccupante. Questo perché “in tutte le province la ‘ndrangheta riveste una posizione di vertice, anche se questa prevalenza non è mai sfociata in assoluta egemonia, di controllo territoriale secondo il modello tipico realizzato in Calabria, ma ha invece lasciato spazio all’operatività di altri sodalizi, italiani e stranieri, in forza di una sorta di “patto criminale” che permette lucrose attività illecite sia alla mafia siciliana che ai clan della camorra campana” si legge ancora nel documento.

Per quel che riguarda la ‘ndrangheta, le indagini, a partire da Infinito (2010), hanno individuato l’esistenza di una ventina di locali, coordinate da una struttura denominata “Lombardia”. “L’unitarietà della ‘ndrangheta lombarda, proiezione delle più feroci cosche della Calabria, è stata pienamente confermata dalla sentenza della Cassazione del 4 giugno 2014 che ha segnato un vero spartiacque nella conoscenza di questa pervasiva e articolata realtà criminale” scrivono i commissari. “Ogni locale presente sul territorio lombardo deriva da un’analoga struttura presente in Calabria, all’interno di ciascun locale sono distribuite cariche e doti, che individuano la funzione e l’importanza degli affiliati all’interno dell’organizzazione e per definire le strategie e assegnare le cariche si svolgono veri e propri summit mafiosi definiti mangiate”.

La Commissione ha potuto registrare, anche alla luce delle imponenti attività d’indagine degli ultimi anni, il profondo radicamento, la potenza finanziaria delle cosche calabresi e la loro capacità di essere anti-Stato senza sfidarlo apertamente, ma infiltrandosi nei suoi gangli vitali. Secondo gli esperti, “La forza della ‘ndrangheta risiede soprattutto nella sua struttura familiare, nei legami di sangue che assicurano la continuità delle cosche, nel loro radicamento territoriale e nella capacità di gemmazione delle ‘ndrine fuori dei confini della Calabria”.

Sempre secondo il documento, guardando ai settori di espansione, emerge che “al nord le mafie hanno trovato la disponibilità e la complicità di imprenditori e professionisti locali e un terreno di illegalità economica diffuso”. “L’analisi delle attività economiche mostra che gli interessi delle organizzazioni criminali si sviluppano ormai in ogni settore: dalle tradizionali attività legate al ciclo del cemento e alla ristorazione; dal commercio all’ingrosso e al dettaglio al turismo; dal gioco d’azzardo, ai rifiuti, dalla sanità allo sport” spiega la commissione. “Le imprese mafiose operano all’interno dei mercati legali attraverso l’utilizzo di strumenti illeciti da cui traggono un indubbio vantaggio: dal lavoro nero alle false fatturazioni, fino all’intimidazione della concorrenza. Tra i settori tradizionali un ruolo centrale è rivestito dalle costruzioni, nelle quali si include il movimento terra, in alcune aree vero e proprio monopolio della ‘ndrangheta, e dai lavori pubblici, in particolare Grandi Opere. Anche le attività commerciali legate al settore della ristorazione rientrano tra i settori di investimento tradizionali e sono da considerarsi come fondamentali non solo per il riciclaggio, ma anche utili e presidiare capillarmente il territorio: bar e ristoranti rappresentano strategici luoghi di incontro, protette sedi operative e depositi di armi”.

Laura Bosio

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