Cronaca

Accoltellò il compagno dopo una lite. 48enne condannata a 8 anni per tentato omicidio

L’avvocato Carminati

Per il tentato omicidio del compagno, Miriam, 48 anni, campana, nata in Argentina, è stata condannata dal collegio dei giudici (presidente Giuseppe Bersani, a latere i giudici Giulia Masci e Francesco Sora) ad una pena di  otto anni di reclusione e a due anni di libertà vigilata. Attualmente la donna è irreperibile, probabilmente ha fatto ritorno in Argentina. All’epoca dei fatti (l’episodio risale all’8 dicembre del 2013) la coppia abitava in un condominio di via Cazzaniga. Quella sera, quando Luciano, 51 anni, era rientrato a casa, si era trovato le valigie fuori dalla porta. Furente, aveva sfondato la porta di ingresso e tra i due era scoppiata una violenta lite al culmine della quale lei si era armata di un coltello da cucina e lo aveva accoltellato al petto. L’uomo era stato poi ricoverato nel reparto di Terapia Intensiva dell’ospedale dove i medici erano riusciti a salvargli la vita, fermando l’emorragia.

“Quando siamo arrivati sul posto, è stata lei ad aprirci la porta”, ha ricordato Giuseppe, del corpo volontari della pubblica assistenza, che in quella casa c’era già stato in passato per soccorrere la donna da un’intossicazione da farmaci. “Lui lamentava dolori al petto, ma era cosciente. Lei ci ha detto che il compagno era rientrato a casa già con quella ferita, ma lui ci ha detto che era stata lei”.

Quando la polizia aveva ispezionato la casa, aveva trovato un coltello posizionato su  una mensola dietro alcuni libri. “Sul coltello c’era presunto materiale ematico”, ha riferito uno degli agenti della Questura che erano intervenuti nell’abitazione. “Fuori c’erano delle valigie e la porta di ingresso era danneggiata”. “Quando siamo arrivati”, ha raccontato l’agente, lui era in cucina seduto su una poltrona e lei stava cercando di riparare la porta con del nastro adesivo. La donna aveva un atteggiamento disinteressato e sembrava alterata dall’assunzione di alcol”. Sottoposta all’esame dell’alcol test, dopo diverse ore dal fatto Miriam aveva ancora nel sangue una concentrazione alcolica di 0,49 grammi per litro”.

Alle 5,30 del mattino l’ispettore superiore della squadra mobile Luca Mori si era recato in ospedale per accertare quali fossero le condizioni del ferito e per sequestrare i vestiti insanguinati della vittima. “Si temeva che potesse morire”, ha riferito in aula il testimone, “ma per fortuna il medico mi ha tranquillizzato dicendomi che erano riusciti a fermare l’emorragia”.

Per l’imputato, il pm Milda Milli aveva chiesto dieci anni di reclusione, mentre il difensore, l’avvocato Ugo Carminati, ha puntato sulla legittima difesa: per il legale, che ha parlato di un contesto di coppia problematico, con continue liti e problemi abituali di alcol e droga, la donna non voleva che la vittima entrasse in casa, tanto che gli aveva messo i bagagli fuori dalla porta. “Ma lui è entrato con la forza, e lei era intimorita e a quel punto si è difesa, in modo scomposto ed eccessivo, trovando la prima cosa che le è capitata sotto mano. Non c’era comunque alcuna volontà di uccidere, è stato un momento di panico”. Sul coltello, l’avvocato Carminati, oltre ad affermare che non era stato affatto nascosto dall’imputata, ha fatto notare che nessuna analisi è mai stata fatta per sapere se fosse stato effettivamente sporco di sangue. “Quel coltello avrebbe anche potuto essere sporco di pomodoro”.

La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni e il legale della difesa ha già annunciato l’intenzione di fare appello.

Sara Pizzorni

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