Cronaca

Pretese il denaro dopo il rapporto gay. Condannato per tentata rapina e lesioni

L’avvocato Brambilla

Accusato di aver tentato di rapinare un uomo dopo un rapporto sessuale, Aziz, 38enne marocchino tutt’ora irreperibile, è stato condannato dal collegio presieduto dal giudice Maria Stella Leone con a latere i colleghi Francesco Beraglia e Giulia Masci ad un anno e otto mesi, pena sospesa, per tentata rapina e lesioni, e ad una multa di 500 euro. Per l’imputato, il pm Carlotta Bernardini aveva chiesto una pena di due anni e sei mesi. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 60 giorni.

Aggressore e vittima si erano conosciuti in una chat per gay, dopodichè, una volta consumato il rapporto sessuale, l’imputato aveva preteso i soldi della prestazione. Al rifiuto del partner, un professionista mantovano di 56 anni, tra i due era nata una colluttazione, al termine della quale la vittima era riuscita a fuggire e a chiamare la polizia. Era la notte del 14 dicembre del 2015. Aziz, noto alle forze dell’ordine, era stato fermato il giorno dopo dagli agenti. Era già stato accompagnato a Crotone per essere espulso, ma una volta arrivato al centro di identificazione, non aveva fatto rientro nel suo paese. “Se torno in Marocco e vengono a sapere che sono omosessuale rischio la vita”, aveva detto il 38enne, che in questo modo era riuscito ad ottenere un permesso per motivi umanitari e a tornare a Cremona.

In aula la vittima aveva spiegato di aver conosciuto il marocchino in una chat di incontri. “Abbiamo chattato la mattina e ci siamo incontrati la sera”, aveva raccontato. I due si erano visti in via Bissolati, dopodichè in auto avevano raggiunto un appartamento di via Brescia. “Mi ha detto che era casa sua”, aveva riferito il professionista, “e in effetti aveva le chiavi. Era un appartamento piccolo, molto dimesso e sporco. Dopo un fugace rapporto sessuale, quella persona, da gentile, educata e rispettosa quale era sembrata, ha cambiato faccia. Ha chiuso la porta e ha chiesto di essere pagata. Il nostro, però, era un incontro senza alcun fine economico. Se fosse stato diversamente avrei rifiutato”. Di fronte al no del professionista, il marocchino lo aveva minacciato. Erano volate parole grosse, urla, e poi era scoppiata la violenza fisica. “Io ho cercato di scappare”, aveva ricordato la vittima, “lui mi ha anche minacciato dicendo che avrebbe usato il coltello che c’era in cucina. Allora ho cercato di scansarlo per guadagnare l’uscita, ma lui mi ha messo le mani al collo e ha cominciato a stringere. Siamo caduti a terra, io sono stato più veloce a rialzarmi, ho aperto la porta e sono scappato”. L’uomo, che aveva riportato tre giorni di prognosi, era stato raggiunto dalla polizia all’inizio di via Mantova. Agli agenti aveva raccontato l’accaduto e mostrato sul cellulare una foto del suo aggressore. Anche in aula la vittima aveva riconosciuto la foto del marocchino. “Mi ha detto che era in Italia da 26 anni”, aveva ricordato il professionista, “sembrava una persona molto integrata, educata, normale. Non pensavo sarebbe arrivato a tanto”.

Quella stessa sera nell’appartamento di via Brescia, intestato ad un altro soggetto, gli inquirenti non avevano trovato nessuno. Il marocchino era stato rintracciato il giorno dopo in via Bissolati e sottoposto a fermo.

Secondo il legale della difesa, l’avvocato Paolo Brambilla, durante il processo “non è stata provata la responsabilità” dell’imputato. Il legale ha parlato di “contraddizioni” nel racconto della vittima, “riuscita a chiamare i soccorsi nonostante l’aggressione in corso” e di “dubbi” sulla ricostruzione della vicenda.  L’avvocato Brambilla non ha escluso, una volta letta la motivazione della sentenza, di ricorrere in appello.

Sara Pizzorni

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