Cronaca

Insulti su facebook: è reato di diffamazione. A Cremona 20enne patteggia la pena

Insultare qualcuno su facebook è un reato penale che si paga con una condanna per diffamazione, un reato che comprende anche tutti quei comportamenti offensivi che si compiono attraverso le reti informatiche e le moderne tecniche di comunicazione in generale. Sono numerosissime le sentenze della Cassazione che hanno applicato l’ipotesi di diffamazione anche a messaggi rilasciati sulla rete.

Una fra tutte è la pronuncia della Suprema Corte che ha stabilito che postare un commento offensivo sulla bacheca di facebook della persona offesa integra il reato di diffamazione a mezzo stampa proprio perché inserire un commento su una bacheca di un social network significa dare al messaggio una diffusione che potenzialmente ha la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone.

Uno di questi casi è stato affrontato questa mattina in tribunale a Cremona davanti al giudice Giuseppe Bersani. Giuseppe, l’imputato, un 20enne incensurato assistito dall’avvocato Alessandro Donati, ha patteggiato una pena di 400 euro ed è stato condannato a pagare 1.500 euro di spese legali. La vittima degli insulti, Antonella, 40 anni, cremonese, si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Simona Bracchi, ed ora valuterà se intentare contro l’imputato una causa civile. “L’ho denunciato per una questione di principio”, ha spiegato Antonella, che svolge servizio di vigilanza presso un’azienda. “Questa vicenda mi ha danneggiato parecchio”.

I fatti risalgono al 19 maggio del 2015. Tramite il profilo facebook, Giuseppe, con un nominativo inventato, aveva chiesto l’amicizia ad Antonella. La richiesta era rimasta in sospeso per un po’ di tempo, dopodichè era stata accettata. “Non conoscevo questa persona”, ha detto la donna, “ma avevo visto che avevamo qualche amico in comune e ho pensato potesse essere un amico di mio fratello”. Alle 22 di sera Antonella gli aveva dato l’amicizia e alle 9 del mattino si era trovata scritta sulla sua bacheca pubblica la parola ‘puttana’. “Ero costernata”, ha ricordato la donna, “gli ho chiesto spiegazioni e lui mi ha risposto con altri insulti ed improperi davvero pesanti. A quel punto gli ho scritto di smetterla perché altrimenti l’avrei denunciato, ma lui mi ha risposto che tanto non gli avrebbero fatto niente. E lì mi ha fatto arrabbiare ancora di più perché evidentemente credeva di restare impunito”.

Per capire da quale profilo provenissero gli insulti, Antonella aveva effettuato una ricerca nei dati di facebook inerenti il profilo del suo interlocutore virtuale, e si era trascritta il codice numerico identificativo assegnato dal sito. Il 21 maggio si era presentata alla polizia postale alla quale aveva consegnato il codice d’iscrizione e tutte le conversazioni avute con l’autore degli insulti. Le indagini avevano portato all’identificazione del 20enne che aveva scritto quelle frasi dal computer di casa sua.

Per il ragazzo, che pare abbia disturbi cognitivi, anche se minimi, si sarebbe trattato di uno scherzo. “La sua è una famiglia per bene”, ha detto il suo difensore, “suo padre è operaio e la mamma casalinga. Molto probabilmente in questa vicenda è stato coinvolto da alcuni suoi amici”.

Sara Pizzorni

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