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Calcio: interrogato Kenesei, 'capo' degli 'ungheresi' Patteggia un anno e 8 mesi

Dopo l’interrogatorio davanti al giudice Pierpaolo Beluzzi e al pm Francesco Ignazio Abbadessa, Zoltan Kenesei, 45 anni di Budapest, ex centrocampista e campione nazionale del calcio albanese, ha patteggiato una pena di un anno, otto mesi e 20 giorni di reclusione, pena sospesa. Era accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva in relazione alla maxi inchiesta sul calcioscommesse. Kenesei, che era già libero, si era presentato spontaneamente martedì scorso in tribunale accompagnato dalla moglie e dal suo legale, l’avvocato Fabio Sbravati. Ora potrà tornare in Ungheria.

L’ungherese, che nell’interrogatorio non ha fatto alcuna ammissione, era stato coinvolto, nel maggio del 2012, nell’ondata di arresti sul calcio scommesse nella quale erano finiti anche personaggi eccellenti come Stefano Mauri, capitano della Lazio, Omar Milanetto, centrocampista del Padova, ex Genoa, Cristian Bertani, attaccante della Sampdoria, ex Novara, Paolo Acerbis, portiere del Vicenza e Alessandro Pellicori, ex attaccante del Torino.

Per gli inquirenti, Kenesei era il capo del gruppo degli ungheresi che aveva progressivamente sostituito quello degli slavi. Il suo ruolo era quello di braccio operativo in Europa dell’organizzazione capeggiata a Singapore da Eng Tan Seet. Un ‘azionista’ del gruppo che si spartiva a livello mondiale le zone per le combine. Nel maggio del 2012, periodo degli arresti, Zoltan era già in carcere in Ungheria proprio per aver manipolato in quello Stato numerose partite. Sul suolo italiano, secondo l’accusa, avrebbe alloggiato in numerose occasioni dall’ottobre 2010 al maggio 2011, intrattenendo 178 contatti telefonici con lo slavo Hristijan Ilievski, al quale era strettamente collegato; tutti, secondo gli investigatori, finalizzati alla manipolazione delle partite del campionato italiano. Tra le altre cose è coinvolto nella combine Lecce-Lazio del 22 maggio 2011. Era stato il pentito Gabor Horvath, del gruppo degli ungheresi, a rivelare che Kenesei gli aveva confidato che due collaboratori di Tan Seet Eng, detto il ‘boss’, si erano recati in Italia a portare in auto 600.000 euro destinati alla corruzione.

Sara Pizzorni

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