Allevatori nel caos Verso una sola associazione regionale
Il tema del commissariamento delle sezioni locali dell’Apa (associazione allevatori) è approdato in regione nell’ultima seduta della VIII Commissione Agricoltura del Consiglio, con l’audizione del presidente di Aral Lombardia e dei tre commissari delle Apa, tra cui quella di Cremona. Il tema è, appunto, il commissariamento delle Associazioni provinciali allevatori.
Il consigliere regionale Pd Agostino Alloni spiega la situazione che si è venuta a creare: “Per molti anni ci sono state 9 Apa in Lombardia, praticamente quasi una per provincia. Dopo di che, recentemente, è stata decisa una prima razionalizzazione che ha portato le associazioni allevatoriali a 5, scelta ancora comprensibile. Si era ipotizzato anche di ridurle ulteriormente a 3: una per la montagna, una per la pedemontana e una per la pianura padana. Anche questa strada poteva trovarci d’accordo in quanto, comunque, pur razionalizzando, manteneva una omogeneità territoriale”.
Ma a trovare la contrarietà del consigliere Pd è quanto si va delineando: “Ora si intende arrivare a una sola Apa per tutta la Regione che, oltre tutto, in qualche modo andrà a sovrapporsi all’Aral, l’associazione regionale, che però ha compiti e servizi diversi. Anzi, nell’audizione il presidente di Aral ha annunciato che, dopo aver già inglobato 55 dipendenti dell’Aalo, l’Associazione allevatori Lombardia Ovest, passando da 41 a 96, sono pronti ad assorbire tutti i dipendenti delle vecchie Apa. E questa operazione viene definita alternativamente razionalizzazione o regionalizzazione. Ma un unico soggetto a livello lombardo a occuparsi di servizi diversi per un territorio difforme e complicato come quello che va da Sermide a Sondrio, mi sembra un errore macroscopico”.
Alloni contesta il metodo: “È stata l’Aia, l’Associazione italiana allevatori, da Roma, a decidere come dovevano essere razionalizzate le associazioni territoriali lombarde. Una sorta di imposizione dall’alto che se in regioni come la Calabria, portataci a esempio in audizione, può ancora funzionare, in Lombardia, dove deteniamo il 40% del prodotto agricolo nazionale, è una ‘riforma’ completamente inadatta e fuori luogo. Quindi, anziché commissariare era meglio aprire un confronto con tutti i soggetti interessati. E non solo quelli istituzionali: non si può arrivare a un processo di questo tipo senza aver ascoltato gli allevatori”.
Grande assente e in qualche modo colpevole della situazione che si è venuta a creare, secondo il consigliere Pd, “la Regione, ma in primis l’assessorato all’Agricoltura. E anche Maroni, che si è fatto paladino di questa maggiore richiesta di autonomia, alla fine non ha detto una parola e ha permesso all’Aia, la struttura centrale romana, di decidere per la Lombardia”.