Cronaca

Minacce di morte all'oratorio Il racconto del parroco, marocchino condannato

Nella foto, don Ghisolfi dopo la sua testimonianza in aula

L’accusa era quella di tentata estorsione al parroco di Borgo Loreto, ma il collegio, composto dal presidente Giuseppe Bersani e dai giudici Francesco Sora e Giulia Masci, ha riqualificato il reato in minacce, e ha condannato l’imputato ad una pena di dieci mesi di reclusione. Il pm Francesco Ignazio Abbadessa, invece, aveva chiesto tre anni, sei mesi e 4.000 euro di multa. Rachid Semia, marocchino, difeso dall’avvocato Giovanni Bertoletti, era accusato di aver tentato di estorcere del denaro a don Giuseppe Ghisolfi, titolare della parrocchia Beata Vergine Lauretana del quartiere Borgo Loreto.

I fatti risalgono al pomeriggio del 25 gennaio dell’anno scorso, quando la polizia aveva arrestato un connazionale e amico dell’imputato, Aziz Sarfal, che aveva minacciato il parroco e malmenato tre poliziotti. L’uomo, ben noto alle forze dell’ordine per i suoi precedenti per reati contro persone e patrimonio, era stato processato per direttissima con le accuse di resistenza, lesioni e minacce a pubblico ufficiale, e patteggiato un anno e quattro mesi di reclusione. Successivamente si era aggiunta la condanna per tentata estorsione.

I due marocchini, come spiegato da don Ghisolfi questa mattina in aula, erano dei frequentatori dell’oratorio. “Erano venuti più volte a chiedere aiuto”, ha ricordato il parroco, che in effetti aveva dato loro una mano, offrendo generi alimentari e piccole somme di denaro per comprarsi le medicine. “In genere venivano insieme. Rachid ha una menomazione ad un braccio e gli davo soldi per i farmaci antidolorifici”. Poi le richieste di denaro erano diventate sempre più pressanti, fino ad arrivare al pomeriggio del 25 gennaio, quando per l’ennesima volta Aziz Sarfal si era presentato in oratorio per chiedere soldi.

“Questa volta”, ha raccontato don Ghisolfi, “voleva denaro perché doveva recarsi a Bergamo per un processo”. Al rifiuto del parroco, lo straniero lo aveva pesantemente minacciato. Alla scena aveva assistito un ispettore della squadra mobile fuori servizio che si trovava in oratorio per motivi personali. Quando il poliziotto era intervenuto, il marocchino se l’era presa anche con lui.

La violenta discussione si era poi spostata all’esterno dell’oratorio, quando Rachid Semia, nascosto dietro una pianta, era uscito per dar man forte all’amico: aveva dato in escandescenze gettandosi a terra e minacciando a sua volta sia il parroco che il poliziotto. “Mi hanno minacciato tutti e due”, ha ricordato il don. ‘Ti sparo’, ‘Vado a casa a prendere la pistola’, ‘Prete di m…’, ‘Tu sei il padrone del quartiere e ci devi dare i soldi’. “Rachid”, ha aggiunto don Ghisolfi, “si era buttato a terra dicendo di essere handicappato e che ci avrebbe denunciato: ‘Vi sparo in bocca’, ci ha detto. Rachid era succube di Aziz”. A quel punto il poliziotto aveva chiamato i rinforzi, voltando le spalle al cancello. In quel momento Sarfal lo aveva preso per i capelli, sbattendogli la testa contro la cancellata. Anche i due agenti di pattuglia successivamente intervenuti erano stati aggrediti con calci e pugni.

Sara Pizzorni

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