Cronaca

Istituito dal Vescovo il Tribunale per il processo di beatificazione di don Mazzolari

Al fine di garantire la puntuale e attenta istruzione della Causa di beatificazione di don Primo Mazzolari, il vescovo Antonio Napolioni ha nominato giudice delegato e istruttore don Paolo Carraro, promotore di giustizia mons. Mario Marchesi e notaio attuario don Giuseppe Pezzani. I tre membri del Tribunale, accettati gli incarichi, presteranno giuramento la sera di lunedì 18 settembre nella Cattedrale di Cremona nell’ambito della celebrazione diocesana di inizio anno pastorale e nella quale sarà ufficialmente avviato il processo diocesano di beatificazione di don Mazzolari.

Sul sito della Diocesi, viene riportata un’intervista al giudice delegato.

Don Carraro, iniziamo guardando al cosiddetto “Servo di Dio”: che cos’ha di speciale? «Un Servo di Dio è colui che ha vissuto una vita esemplare partecipando alla santità che Dio dona a ciascun battezzato. È uno che ha preso sul serio il Vangelo e  l’invito di Cristo a «imparare da Lui ad essere mite ed umile di cuore» e ci è riuscito. Possiamo dire che il Servo di Dio è un esempio che Dio offre per essere alla e nella sua sequela».
Che cos’è la “fama di santità”? «La fama di santità è quell’esemplarità che, pur a distanza di tempo, è presente nel popolo di Dio, per cui il popolo percepisce e avverte che quella persona è speciale, emana nella sua vita e nelle sue parole qualcosa che fa sentire in lui la presenza di Dio. È come se si percepisse Dio in quella persona e, dopo averla incontrata o conosciuta, soprattutto se è già morta, ci si sentisse spinti a diventare più buoni e generosi. Inoltre, quella persona ispira: si sente che si possono affidare a lui le proprie preoccupazioni e i problemi come pure i desideri e che lei si farà compagno di preghiera per queste cose presso Dio».
Come nasce questo concetto? «Questa è la cosa più bella e misteriosa: nasce spontaneamente; nasce «dal basso», come moto e iniziativa del popolo di Dio. Di fronte ad esso la Chiesa gerarchica, quando ne riconosce il valore soprannaturale, si «inchina», perché quando la fama si diffonde, si percepisce che non sono solo gli uomini a diffonderla, ma è lo stesso Spirito di Dio».
Che cos’è il Tribunale diocesano di canonizzazione? «È quella commissione costituita dal Vescovo dove è vissuto e morto il candidato. È formata da almeno due sacerdoti, intorno ai quali ruotano tante altre persone coinvolte nell’incarico che il Vescovo ha affidato ai due sacerdoti. Essi devono raccogliere da una parte tutto il materiale che riguarda il candidato: documenti o scritti di lui o su di lui e dall’altra parte interrogare un numero sufficiente di persone che possano attestare con certezza che quella persona è veramente circondata da fama di santità e che ha vissuto veramente in maniera conforme al Vangelo, anzi ha vissuto in un modo talmente bello e intenso il Vangelo da superare la media delle persone. Il Tribunale, quindi, si fa aiutare da esperti di teologia, censori teologi e da storici specializzati periti storici, in modo tale da ricostruire nel modo più completo possibile la vita, il pensiero, lo stile, la spiritualità del candidato alla beatificazione. È un compito di cui i due sacerdoti devono rispondere davanti a Dio e alla Chiesa».
Chi porta avanti le indagini? «Si tratta di una commissione formata da almeno due sacerdoti: il primo responsabile è detto giudice delegato e istruttore, perché agisce a nome dello stesso Vescovo e ne condiziona, conseguentemente, le scelte: il Vescovo esprimerà il suo giudizio sulla base di quello che gli riferisce il suo delegato. Perché non sia il solo a portare il peso di questa gravosa responsabilità gli è posto accanto l’altro sacerdote, detto promotore di giustizia, che, come si evince dal titolo, ha il compito si garantire che si cerchi sempre e solo la verità: un po’ assomiglia anche a quello che nella fase romana si chiama promotore della fede, una sorta di avvocato generale, tradizionalmente noto come avvocato del diavolo. Ha il compito di non tralasciare nulla, facendo luce su ogni aspetto della vita del candidato, compreso ciò che potrebbe essere sfavorevole alla causa. Il Promotore così controlla, sollecita, consiglia il Giudice delegato. Insieme essi sanno di dover servire la verità ed essa sola. A garanzia della serietà dell’inchiesta e che si è obbedito a tutte le norme dettate dalla Santa Sede per quanto riguarda le beatificazioni, tutti gli atti che si compiono devono essere convalidati dalla firma di un notaio ecclesiastico, nominato specificamente dal Vescovo per ogni Inchiesta. Egli può non essere sacerdote, e può essere anche una donna».
Negli atti riguardanti le beatificazioni si parla di causa, tribunale, indagini, testimoni, prove… potremmo dire che si tratta di un vero e proprio processo? «In effetti la procedura è molto simile a quella di un processo, con la differenza che qui non si cercano le prove della colpevolezza o dell’innocenza di una persona, ma le prove del fatto che egli o ella ha vissuto santamente. È un processo che porta allo stupore: percepisci Dio che agisce nel cuore e nella vita di una persona».
Perché la beatificazione avviene in diocesi e poi la eventuale canonizzazione in Vaticano? «È stato Papa Benedetto XVI a decidere che ciò avvenga. Egli ha sempre sostenuto e detto, anche quando era prefetto della Congregazione della fede, che occorre valorizzare di più l’importanza dei Vescovi e delle Chiese locali. Inoltre egli era convinto che facendo le beatificazioni e le canonizzazioni a Roma si perdesse di vista la differenza tra i due momenti, a scapito della canonizzazione, che sembrava un poco una ripetizione della beatificazione. Il Papa vuole ricordare che il Beato è un esempio sorto da e per una Chiesa locale, mentre il Santo è offerto da Dio come esempio per tutta la Chiesa diffusa su tutta la terra».
E questo che cosa significa per il servo di Dio don Mazzolari? «Questo allora significa che don Primo è uno dei frutti della Chiesa cremonese, si è santificato qui e ci è offerto come esempio nella diocesi dove lo abbiamo conosciuto ed amato. Se la sua fama si diffonderà per tutto il mondo o se i miracoli che egli ci otterrà lo renderanno ancora più meritevole di esempio e di sollecitazione, potrà essere giustamente offerto alla preghiera di tutti i cristiani: sarà allora santo. La differenza, in fondo, è qui. Si comincia dal luogo dove un Servo di Dio è nato e conosciuto perché arrivi ad essere dono per tutti. Ce lo auguriamo».

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