Sicurezza, la polemica di Carletti: 'No ai blocchi di cemento contro il terrorismo'
Continuano le polemiche sui blocchi di cemento utilizzati ai fini della sicurezza anti-terrorismo, per delimitare le aree in cui si svolgono eventi. Un dibattito che dopo l’attentato di Barcellona è diventato particolarmente acceso: sono davvero una misura utile a scoraggiare l’azione degli attentatori o servono solo a generare un clima di insicurezza? Sicuramente a Cremona l’amministrazione ci ha creduto, tanto che già dallo scorso Capodanno tali blocchi sono diventati presenze fisse in città.
Ma non tutti sono concordi su questa soluzione: è il caso di Paolo Carletti, presidente della commissione sicurezza del Psi e consigliere comunale. “Dopo l’attentato di Barcellona abbiamo letto che le città italiane, anche Cremona, confermano l’utilizzo di blocchi di cemento in occasione di grandi assemblamenti al fine di evitare investimenti di massa” evidenzia. “Francamente non mi trovo affatto d’accordo ritenendo quella dei blocchi di cemento una difesa futile in grado solo di generare paura nelle comunità”.
Secondo il consigliere, “E’ fin troppo ovvio che non vi sarà sufficiente cemento per difendere le nostre abitudini, perché resterà sempre una qualche zona scoperta che potrà essere colpita ed è altrettanto ovvio che chi volesse predisporre un attacco terrorista saprebbe perfettamente quali occasioni di incontro sono difese dai blocchi di cemento e quali no. In vero quei blocchi di cemento dormienti a lato strada, sono la raffigurazione quotidiana di una società che si sente indifesa ed impaurita e non fanno altro che nutrire, con la loro presenza, tali insopportabili sentimenti. Di fatto quei blocchi che vorrebbero difendere le nostre comunità, rappresentano invece perfettamente la paura delle comunità stesse, che si sentono tanto indifese da affidare la loro cura ad inutili parallelepipedi di cemento”.
Le strategie di difesa, secondo Carletti, devono essere ben altre: “La sola difesa delle nostre comunità dal terrorismo islamico dev’essere rappresentata da uno strettissimo rapporto tra le nostre forze di Polizia e le comunità islamiche locali. Solo attraverso tale collaborazione potrà essere posta in essere una difesa credibile della nostra società, ai rappresentanti delle comunità islamiche non si può chiedere di condannare gli attentati, gli si deve chiedere di denunciare alla Pubblica Autorità qualsiasi degenerazione radicale ed estremista. Anche questo significa integrarsi nella nostra società. I soli che possono avere il polso di una comunità chiusa come quella islamica sono i membri della comunità stessa ed a loro va richiesta la massima collaborazione da parte delle Autorità Civili e di Polizia, solo così potremo parlare di integrazione e di sicurezza”.