Uova olandesi contaminate: Coldiretti Cr: 'Togliere segreto su import prodotti derivati'
Dopo lo scandalo delle uova olandesi contaminate con l’insetticida Fipronil e commercializzate in Europa, via il segreto sull’import e sull’origine dei prodotti trasformati a base di uova che arrivano dall’estero. “Non possiamo più aspettare – afferma Ettore Prandini, Vice Presidente nazionale di Coldiretti e Presidente di Coldiretti Lombardia – delle 215 uova consumate in media pro capite ogni anno in Italia, ben 140 sono costituite da pasta, dolci e altre preparazioni alimentari derivate per le quali non c’è ancora una chiara indicazione di origine. Inoltre non si può trascurare il ruolo delle triangolazioni di prodotti di paesi extra UE che vengono importati nell’Unione, diventano europei e poi vengono spediti da noi, tanto nessuno può sapere da dove arrivano le uova utilizzate. Dopo l’ultimo scandalo in Olanda e Belgio, l’Italia non può certo chiudere gli occhi e fare finta di nulla. Il consumatore deve poter scegliere anche in base alla sicurezza che un prodotto davvero italiano gli garantisce”.
Sulle uova in guscio l’indicazione di origine è presente, “ma è necessario – spiega Prandini – migliorarne la visibilità, non sono più sufficienti quattro codici e una data sul guscio, bisogna scrivere chiaramente, anche sulle confezioni e sui cartoni, da dove arrivano e rendere riconoscibile ogni possibile informazione ai consumatori. Gli allarmi alimentari sono la prova che i controlli servono, ma purtroppo non sono uguali in tutta l’Europa: il sistema italiano è fra i più attenti alla salute dei consumatori”.
“Noi italiani siamo i massimi produttori di qualità, a tutela della salute dei cittadini e a difesa del futuro dei nostri allevamenti” sottolinea l’agricoltore Marco Plodari, che a Soncino e Orzinuovi ha allevamenti con tre linee di produzione: uova da galline allevate a terra, allevate in gabbia e uova da galline allevate all’aperto. Le uova dell’azienda Plodari, presenti sui mercati di Campagna Amica, sono state scelte dalla prima Accademia del Cioccolato (il Chocolate Academy Center di Barry Callebaut) nata sui navigli a Milano, diretta dal lombardo Davide Comaschi, campione mondiale nell’arte cioccolatiera. “La cura che poniamo nella produzione delle uova destinate all’Accademia è la stessa che, da sempre, mettiamo nella produzione delle uova che proponiamo sui mercati, rivolgendoci ai cittadini – prosegue Plodari –. La nostra azienda ha compiuto la scelta di rivolgersi direttamente ai cittadini-consumatori e a ristoranti e pasticcerie di qualità. Le nostre uova garantiscono qualità e freschezza: hanno al massimo un giorno di vita”. “Ai consumatori vorrei dire: pretendete uova italiane. Verificate che siano autenticamente italiane” conclude Plodari.
Vittorio Roberti, che a Bedizzole (Brescia) guida un’azienda da 200 milioni di uova all’anno, aggiunge: “La qualità e la sicurezza del prodotto Made in Italy costano di più ma, quando devono comprare, le grandi catene di supermercati fanno le aste al massimo ribasso. E poi sui prodotti industriali, dalla pasta ai dolci, dai semilavorati ai derivati, non è possibile sapere quali uova siano state usate”. E dire – precisa la Coldiretti – che grazie a una produzione nazionale di 12,9 miliardi di pezzi con 49 milioni di galline, l’Italia è praticamente autosufficiente. “Quindi non c’è neppure la scusa che non produciamo abbastanza per soddisfare la richiesta del Paese” conclude Prandini. Complessivamente il fatturato delle vendite di uova in Italia è pari a 1,5 miliardi di euro con circa il 45% del prodotto utilizzato nell’industria alimentare per pasta, dolci e altri prodotti. La Lombardia rappresenta un terzo della produzione nazionale, con 4 miliardi di uova da più di 13 milioni di galline in 763 aziende fra le Alpi e il Po.