Lettere

Italia, Repubblica
fondata sulla Speranza

da Andrea Giacalone

Come se si trattasse di un nuovo taglio di capelli, tra gli intellettuali imperversa la moda di discutere del distacco fra le istituzioni e la cittadinanza. Il distacco, inteso come rimozione di un corpo da un altro, suggerirebbe l’esistenza di due entità distinte, il popolo e la politica. Ci si domanda come, in democrazia, ciò possa esistere: la democrazia dovrebbe consentire al cittadino ed al rappresentante di essere un tutt’uno! Stranamente, le più o meno dotte dissertazioni non giungono mai al tema cruciale della rappresentanza popolare e a ciò che la Costituzione prevede a questo proposito. E’ noto che, a qualunque livello istituzionale, i candidati, scelti o no col meccanismo delle primarie, sono espressione della volontà e degli interessi di un partito o di un movimento politico.

Una volta eletti, costoro, rappresenteranno il cittadino o il partito? Sentiranno l’esigenza di rendere conto al cittadino che li ha votati o al partito che permetterà loro di essere rieletti? Ciò era ben noto ai padri costituenti. L’Onorevole Mortati, relatore della seconda sottocommissione dell’Assemblea Costituente, il 3 Settembre 1946 definiva i Deputati come dei “rappresentanti dei partiti” senza che ciò sollevasse obiezioni in alcuno dei suoi colleghi. Ancora Mortati affermava che “la tendenza delle democrazie moderne è nel senso che il popolo non è più inteso, come nel secolo scorso, come organo di decisione politica”.

Al popolo, doveva sostituirsi il partito. All’epoca, questo appariva assodato. Il tempo ha mostrato le storture di questa concezione. All’illusione che i partiti fossero genuino riflesso della volontà popolare, si è sostituita la consapevolezza che sono realtà umane, fatalmente animate da logiche di sopravvivenza e perpetuazione del controllo del potere. Sulla Speranza che questa realtà si redima, si reggono le sorti della nostra pseudo-democrazia. La storia ci racconta che subordinare la democrazia ad una Speranza, significa negarla, e con essa, negare la libertà. L’Italia, Repubblica fondata su una Speranza, non ha alcun bisogno di salvatori, ma di nuove regole sulla rappresentanza. L’esercizio del diritto al voto, purtroppo, non basta.

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